Si sviluppa nel tempo di un ciclo lunare, Billy, l’esordio alla regia della giovane Emilia Mazzacurati, in sala dall’1 giugno con Parthenos. Di quarto in quarto, verso una luna piena che nel poster si tinge di rosa, siamo invitati in un teatrino di bizzarre figure rovesciate. Il gruppo protagonista è già manifesto di ricerca, grandi non ancora adulti, figli custodi dei genitori, un travaso generazionale che non assume mai le forme di uno scontro. È, anzi, un appuntamento raro e sospeso tra anime perdute o non ancora avviate nei rispettivi tragitti.
Billy (Matteo Oscar Giuggioli), diciannovenne segnato dall’abbandono del padre e responsabile dell’eccentrica madre interpretata con guizzo da Carla Signoris, osserva il ritorno in paese di Zippo (Alessandro Gassmann), ex rockstar a cui il ragazzo dedicò un programma radio registrato nella propria cameretta. Attorno, il pompiere con il terrore per il fuoco (Giuseppe Battiston) e un gruppetto di ragazzi e ragazze un po’ bimbi sperduti del Billy-Peter Pan e un po’ Stranger Things (con tanto di biciclette a manico alto).
La periferia veneta che popola lo schermo fa eco a immaginari statunitensi, ma è la mente della regista a cucire i luoghi di frontiera dei paesini del vicentino a memorie, esperienze, visioni cinematografiche e televisive, dai Western in poi. D’altronde, siamo a “Imelia”, fantomatico paese veneto a cui è sufficiente scambiare l’ordine delle vocali per sbloccare la mappa di quest’esordio. “Volevo creare una cittadina fittizia di cui conoscere bene la geografia ma che non esistesse nella realtà”, racconta Mazzacurati, ammettendo che “sì, purtroppo siamo nella mia mente”.
Un coming of age al contrario, lo chiama il suo protagonista Matteo Oscar Giuggioli. Se il racconto di formazione classico è la perdita dell’innocenza e l’abbraccio alla vita adulta, Billy è una ricerca, il tentativo “di trovare un po’ di fiducia nella vita”. Ne hanno bisogno tutti in questo film: fiducia, sicurezza, ma anche cambiamenti e rivoluzioni. Un film in cui “sembra già accaduto tutto” riflette Battiston, il pompiere Massimo che ha deciso di vivere sul fiume per potersi gettare in acqua in caso di incendio. I personaggi si interrogano a vicenda e senza direzioni generazionali classiche, raccogliendo i cocci di un vaso rotto fuori campo, di cui Mazzacurati inquadra il delicato tentativo di ritrovare combinazioni e incastri per risanare i suoi protagonisti come nel Kintsugi giapponese. “Mi sembrano personaggi alla ricerca di qualcosa, affacciati a vedere che cosa gli passa davanti“, prosegue Battiston, “un mondo pieno di ricchezze che riporta a grandi e piccole paure, dallo stare al mondo al crescere”.
Con la luna a dettare i tempi di una periferia sospesa, Isola di Arturo e Isola che non c’è, di quarto in quarto si riavvia tutto. Diverse età e generazioni, senza etichette da titoli di giornale, si prendono per mano. Billy, o meglio: Emilia Mazzacurati, 28 anni e tante idee, rifiuta il conflitto, la ricerca delle colpe e dei traumi inflitti, e immagina una fiaba docile ma non vana in cui tutti si reggono insieme. “Questa storia è un ciclo e sarà difficile”, ci racconta Mazzacurati, “sarà un disastro e farà piangere, ma ora i personaggi sanno che ce la possono fare e andrà sempre meglio”.
I due cineasti hanno arricchito la giornata conclusiva del Ca' Foscari Short Film Festival
Intervista al Direttore del Bari International Film&Tv Festival in programma dal 22 al 29 marzo
L’intervista al regista del film, dal romanzo di Rosella Postorino, al cinema dal 27 marzo e titolo di apertura del Bif&st 2025: “non è una storia ambientata in un momento qualsiasi, quindi anche attraverso la regia ho cercato di far sentire la violenza nell’aria”
Il film, tratto dal romanzo di Rosella Postorino, è in sala dal 27 marzo con Vision Distribution