Occhi puntati sul cinema italiano ieri a Venezia. Protagonista della giornata è stato L’amore probabilmente, il film digitale di Giuseppe Bertolucci. Le reazioni della critica sono tutt’altro che unanimi. Entusiasta è il giudizio di Fabio Ferzetti del Messaggero che ha trovato un Bertolucci “in stato di grazia (..) con una vitalità e una capacità di emozioni sorprendenti”.
In molti hanno sottolineato le assonanze tra il regista italiano e la nouvelle vague: Mariuccia Ciotta scrive su il manifesto che “nel suo film c’è Godard e il Truffaut di Effetto notte” e, anche se “la storia di Sofia e dei suoi amori non è epocale, quando lo spettatore esce dal cinema è contento di aver incontrato questa ventenne così ambigua”. Anche per Maurizio Porro del Corriere della Sera il film rimanda a Godard e a Fellini di 8 e mezzo e nonostante sia “intellettuale, forse anche intellettualistico, la riscoperta della bella confusione e il piacere cine-dialettico offerto è ormai materia così rara che si perdona volentieri qualche inutile vezzo hard e l’ultima parte quasi di troppo e troppo didascalica”. Sul lavoro del regista con i suoi attori si sofferma Stefano Della Casa suL’Unità secondo cui il regista compie in L’amore probabilmente “forse l’operazione più radicale di questo suo percorso: non esitando a mettersi in scena, nel raccontare anche la componente di sadismo che sottende ogni lavoro di regia sia un concetto che a lui è ben chiaro”. Cauto invece il giudizio di Paolo D’agostini su Repubblica che, pur riconoscendo “il gusto raffinato in ogni apparente sporcatura o casualità” pone un interrogativo centrale: il film di Bertolucci “Riesce davvero a emozionare?”. Anche l’inviato de Il Mattino sottolinea i punti deboli di questo esempio di cinema che in molti hanno definito “estremo”: “Il guaio è che non riesce mai a svincolarsi dai fantasmi dell’autore, un mix incontinente di vocazioni liriche che(…) reifica l’intellettualismo dei dialoghi e delle situazioni”. Infine, è piuttosto caustico il giudizio dell’ Avvenire secondo cui il film “dà alla fine l’impressione di una esercitazione elitaria”.
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