Il problema di un mercato chiuso e delle mille difficoltà che insorgono per mettere insieme i fondi è molto sentito anche da Bernadette Carranza. Impegnata sul fronte dei documentari – di cui l’ultimo in due puntate sullo schiavismo nel mondo, coprodotto insieme a Raitre – più recentemente ha speso soldi ed energie per produrre opere collettive a base di corti e si accinge a girare un lungometraggio per la regia di Francesco Falaschi, uno dei dieci autori dei corti sopracitati. “Una storia corale”, ci racconta, “per una commedia molto divertente, una specie di gioco degli equivoci. Il regista è molto bravo. Parte da una buona idea e da un cast convincente. Si tratta, a mio avviso, del debutto di un giovane di talento. Ma bisogna seguirlo bene, da un punto di vista produttivo e distributivo. Senza mandarlo allo sbaraglio, come è successo a un altro bravo debuttante come Antonello De Leo e al suo film d’esordio La vespa e la regina“.
Il prodotto va quindi seguito dalle prime fasi d’ideazione fino all’uscita in sala, con un accordo forte da stringere sia con i distributori che con gli esercenti. Per quanto riguarda il “vuoto” di Cannes, Carranza sostiene il punta di vista espresso da Gabriele Salvatores su La Repubblica. Crede cioè che il cinema italiano non sia ben rappresentato all’estero, neanche ai grandi festival. “Mentre gli altri paesi hanno strutture forti che difendono il prodotto interno. È il caso, per esempio, dei francesi che pur non producendo capolavori sostengono che i loro siano i più bel film del mondo”.
Il problema del mercato, a suo avviso, non riguarda solo la vendita all’estero, ma alcune strettoie tutte italiane. Causa di un sistema molto clientelare. “Se tratti con “amici” forse funziona, altrimenti non si arriva neanche al primo appuntamento. In Italia bisogna credere molto in un progetto per ottenere dei finanziamenti o per accedere alle distribuzioni. E non è detto che l’energia non si esaurisca prima che il tutto abbia inizio”. Tenendo questo ben presente Carranza ha appena acquisito i diritti italiani di un romanzo francese, intitolato Lila dice. “Un piccolo romanzo che è stato tradotto in molte lingue e firmato con uno pseudonimo che potrebbe nascondere un’identità multipla come nel caso di Luther Blisset. Non lo girerò in Italia e per ora l’ipotesi di regia è affidata a un’inglese molto brava, così come la sceneggiatura a un americano, non giovanissimo e piuttosto famoso”. Per il momento, però, niente nomi. Anche solo per scaramanzia. Ma è ben chiaro che si lavora su una buona storia destinata al grande pubblico. Due caratteristiche che non combaciano quasi mai nel nostro panorama nazionale.
“Vorrei quantomeno evitare le asprezze di una scrittura che non coinvolga le grandi platee” spiega meglio Carranza. “Un film del genere, prodotto tutto in Italia, parte già sfigato. L’unico titolo italiano che oggi trova mercato, secondo me, è Canone inverso. Un film non certo perfetto, ma ben confezionato, attorno al quale è stata costruita un’operazione interessante e credibile”.
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