BERLINO – George Clooney, what else? E il Festival di Berlino va in tilt. Una folla di giornalisti in coda con almeno un’ora di anticipo per partecipare alla conferenza stampa di The Monuments Men, la quinta regia del divo americano presentata qui fuori concorso (in Italia uscirà il 13 febbraio distribuito dalla Fox). Moltissimi, naturalmente, sono rimasti fuori. E non sono mancati i malumori. Ma qui le regole sono ferree e non ci sono cronisti privilegiati (come accade invece a Cannes dove alcuni accreditati hanno la priorità di entrata). In più anche l’anteprima stampa, con il Berlinale Palast tutto esaurito, è stata funestata dal malore di uno spettatore: si è dovuta interrompere la proiezione per una ventina di minuti per soccorrerlo. Pare abbia avuto un infarto, ma per fortuna ora sta bene.
Tutto questo, però, non toglie l’inossidabile sorriso a George, che sullo schermo appare con un baffetto alla Clarke Gable nei panni di Frank Stokes, uno studioso di arte esperto di restauro che da Harvard lancia l’idea di salvare le opere di inestimabile valore che i nazisti stanno portando via dall’Europa occupata, dall’Italia come dalla Francia e dal Belgio. Il Führer in persona ha concepito il progetto di un enorme museo a lui intitolato dove raccogliere una decina di secoli di storia dell’arte, da Leonardo a Vermeer, da Rembrandt a Cezanne e molti oggetti sottratti agli ebrei durante la deportazione. Ma il professor Stokes, convincendo il governo americano, crea una brigata di specialisti pronti a tutto per recuperare e portare in salvo questi capolavori. Matt Damon è il curatore del Met di New York convinto di parlare perfettamente il francese (ma nessuno lo capisce), Bill Murray l’architetto, John Goodman lo scultore, Jean Dujardin il mercante d’arte francese, Bob Balaban lo storico dell’arte, Hugh Bonneville l’esperto d’arte alcolista, Dimitri Leonidas l’ebreo tedesco che farà da traduttore. In più Cate Blanchett, che lavorando al Jeu de Paume di Parigi ha seguito da vicino i traffici dei nazisti, guidati da Goering in persona, tanto che molti la credono una collaborazionista: è lei la chiave per arrivare al tesoro nascosto, ma diffida degli americani e bisognerà convincerla ad aiutare la brigata.
“Ci siamo ispirati a una storia vera che pochi conoscono – spiega Clooney – questi uomini avevano oltrepassato l’età per combattere, ma accettarono di rischiare la vita convinti che la cultura fosse un bene prezioso da salvaguardare. Se avessero fallito, sarebbero andate perdute sei milioni di opere d’arte perché Hitler aveva dato ordine di distruggere tutto in caso di sconfitta”. E contemporaneamente anche i russi cercavano di individuare il malloppo considerandolo come una sorta di risarcimento per i danni di guerra. Ispirato al libro omonimo di Robert M. Edel e Bret Witter, The Monuments Men, scritto da Clooney con il fedele Grant Heslov (Le idi di marzo, Good night and good luck), ha uno stile molto classico, all’antica hollywoodiana, che ricorda titoli come I cannoni di Navarone o La grande fuga. Con un surplus di retorica sfodera però una tendenza più alla commedia che al dramma. Mentre l’attore-regista rivendica il lato morale dell’impresa: “Il fatto che ancora oggi mancano all’appello tante opere d’arte ci ha fatto sentire l’urgenza e la responsabilità di fare il film”. È recente il ritrovamento in un appartamento di Monaco di Baviera di una collezione di 1.500 opere per un valore di un milione e mezzo di dollari: quadri di Matisse, Picasso, Otto Dix confiscati durante la seconda guerra mondiale e che si credevano perduti.
Tutto troppo patriottico? “Non vuole essere un film patriottico – replica George, in completo grigio – ma il racconto di un gruppo di uomini che ha restituito all’umanità la sua storia”. Concetto che il suo personaggio ripete spesso in scena. “Mi volevo staccare dal mio film precedente, Le idi di marzo, che è molto cinico. Non sono un cinico e stavolta volevo fare un film alla vecchia maniera, una storia diretta e positiva”.
Show in conferenza stampa, con canzoncine e molti complimenti dalle giornaliste, ma anche qualche accenno serio ai temi politici a lui cari, dall’Iraq all’Ucraina.
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