BARI – Marco Bellocchio riceve il premio “Furio Scarpelli” – Miglior Sceneggiatura con il gruppo di sceneggiatori di Esterno, Notte (leggi il nostro articolo): Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino.
“Per me era la prima esperienza di serie e ‘la prima volta’ era già qualcosa di vitale, riappassionante. Non mi aspettavo questa reazione piuttosto appassionata da parte dei tanti pubblici, perché in fondo è una storia arcinota. Credo sia anche merito di come è stata scritta, per questo mi sembra un premio meritato!”, così Bellocchio, con leggiadra ironia ma non meno giusta consapevolezza, commenta il riconoscimento.
Poi racconta che “è una storia – quella di Aldo Moro – di cui si conosce la fine… così uno dei primi movimenti è stato quello di ricominciare ogni volta perché si tratta in fondo di vari film – 6 episodi, la serie – con protagonisti diversi; non è stato un obbligo rigido, lo abbiamo anche tradito, ma è stato un modo di ripartire, di lavorare sul tempo. S’è cercato poi di difendere la verità della storia combinando il privato più intimo con i fatti, i morti, le stragi, la ragion di Stato che poi ha dominato. Ci siamo ispirati anche a modelli di tragedia e in più – rispetto per esempio a Buongiorno, notte – abbiamo diminuito il peso ideologico. C’è stata un’attenzione pubblica di cui non ricordo attacchi ideologici, a parte voci isolate: in questo caso, ha più coinvolto il romanzo”.
E con questo spirito Marco Bellocchio accenna anche alla serie su Enzo Tortora, annunciata come un suo prossimo impegno: “Io penso si farà. Poi, anche su Tortora non è tanto la denuncia a interessarmi, anche perché tra l’altro s’è scoperto fosse totalmente innocente, ma lavorare sul personaggio per… nel tramonto della mia vita sono sempre più affascinato dalla complessità dei personaggi, per andare in profondo, non per dire ‘buono’ o ‘cattivo’”.
Stefano Bises, al Bif&st con Bellocchio e Serino, racconta che per Esterno, Notte si sia trattato di un lavoro di “diversi anni” e che “Marco voleva tornare sul sequestro Moro e abbiamo cercato un modo di tornarci differentemente; ci sembrava non fosse il caso di andare a cercare una verità ma ciò che di immortale, universale, c’era in quel racconto, e c’era qualcosa di profondamente shakespeariano, che permetteva un affresco della vicenda, in modo da rendere accessibile la storia anche a cui non ci fosse stato o non avesse conosciuto”.
Per Serino, “il tempo di lavoro è stato lungo e pensato, con l’idea dell’universalità, con la presenza della ragion di Stato.La complessità era capire a cosa si potesse rinunciare senza togliere luminosità al racconto”.
Marco Bellocchio, inoltre, nella mattinata, ha preso parte – al Teatro Petruzzelli, con anche Maya Sansa, – al Tributo del Bif&st 2023 al cinema iraniano: seppure virtualmente, la consegna del Federico Fellini Platinum Award a Jafar Panahi. Sul palco per esprimere la solidarietà con i cineasti iraniani, Bellocchio ha osservato come “noi registi italiani e più in generale europei siamo dei privilegiati. Subiamo anche noi condizionamenti nel nostro lavoro ma non certo ai livelli cui sono costretti i cineasti iraniani di cui ammiro il coraggio di proseguire a lavorare in condizioni così difficili. Io penso che quello che possiamo fare noi è prendere ad esempio il loro coraggio e fare per bene il nostro lavoro”.
Tra i film italiani premiati il regista Ivan Gergolet e gli interpreti Paola Sini e Orlando Angius, per quelli internazionali la regista Enen Yo e gli interpreti Ane Dahl Torp e Thröstur Leó Gunnarson
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