BELGIO + ITALIA


clicca per vedere il video Il cinema belga francofono è a Roma, con una rassegna di cinque giorni, per delineare la struttura di una collaborazione produttiva con l’Italia stabilita ufficialmente già l’anno scorso. Oggi, 23 ottobre, è previsto un incontro tra i due ministeri della Cultura alla presenza dei rappresentanti dei professionisti del settore. Domani invece ci sarà un incontro tra i produttori belgi e italiani e con i nostri distributori, al di fuori dei tempi stressanti dei Festival internazionali e del MIFED.
Intanto forse pochi sanno che il cinema italiano ha co-prodotto alcuni film con il Belgio, tra cui No Man’s Land (insieme alla Francia e alla Bosnia). Per il futuro, invece, c’è un progetto con la TEA NOVA, che ha prodotto Totò che visse due volte, il discusso e pluricensurato secondo film della coppia Ciprì e Maresco. La pellicola è un adattamento di un’opera letteraria belga, L’ombra del padre.
Non è un’iperbole affermare che ogni film di nazionalità belga (sia vallone che fiamminga) può essere considerato un prototipo. Varrebbe fare solo qualche nome: Jaco Van Dormael (Toto le héros, 1991), il terzetto di giovani e indipendentissimi studenti di cinema Belvaux-Poelverode-Bonzel (Il cameraman e l’assassino, 1992), Frédèric Fonteyne (Una relazione privata, 1999) o Marc-Henri Wajnberg (Oscar Niemeyer, architetto impegnato del secolo).
Pleure pas Germaine
Alla conferenza stampa di presentazione del festival, che si terrà Roma al Cinema Pasquino dal 24 al 28 ottobre prossimi, Andréa Ferreol e il regista Alain de Halleux (Pleure pas Germaine, 2000, film inedito in Italia che vedremo durante le cinque giornate di proiezioni) hanno usato termini precisi per qualificare una cinematografia che spesso è confusa con quella francese, ma che invece ha un’identità così precisa da divesificarla da quella belga vallone, benché della stessa nazionalità. La Ferreol (attrice francese molto attiva anche in Italia – ha lavorato con Ferreri, Rosi, Scola, Comencini, Cavani e Carlo Verdone – definisce il film che presenterà al Pasquino sabato 27, L’amour en suspens (2000), un’opera strana, piena d’amore e umanità, ma costantemente accompagnata da ambiguità e cattiveria. Halleux precisa ulteriormente che il cinema francofono è il più coraggioso tra quelli in lingua francese, e allo stesso tempo rifiuta di essere belga. Capace di mescolare più generi (documentario e realismo magico, surrealismo e duro realismo), consente ai suoi autori di esprimersi anarchicamente.
Per finire, per chi l’ha amato e si chiede che fine abbia fatto, vi segnaliamo che Jaco Van Dormael è tornato a fare il clown e sta girando con il suo spettacolo nei teatri belgi. In attesa di riuscire a trovare i soldi per il suo prossimo progetto, che sembra stia scrivendo ormai da un pezzo.

autore
23 Ottobre 2001

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