“Behemoth”, la Cina dantesca in corsa per il Leone

Il film di Liang Zhao è stato accolto con entusiasmo dalla critica


VENEZIA – I paesaggi della Mongolia come gironi infernali, o meglio come rappresentazioni plastiche dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso di Dante. Il documentarista cinese Liang Zhao ha portato in concorso alla Mostra Beixi moshuo (Behemoth) ed è stato accolto con entusiasmo dalla critica, piazzandosi subito in pole position per un Leone.

Per due anni Zhao ha raccolto immagini – meravigliose e terribili – in alta definizione digitale (4K) nei luoghi più incredibili della Mongolia e li ha trasfigurati nel racconto tragico della trasformazione della Cina sotto gli effetti della “crescita di un’enorme energia maligna”. Ovvero l’industrializzazione feroce e velocissima che ha devastato stupende distese verdi e le ha trasformate in grigie miniere sulla cui superficie si muovono uomini neri di polvere e innumerevoli camion che viaggiano verso il “progresso”. Vanno verso l’osannato sviluppo, che però in Cina si è tradotto anche in decine di città fantasma composte da grattacieli sfavillanti ma mai utilizzati, impressionanti città nel deserto dove restano solo gli uomini della sicurezza, mentre gli uomini dalla faccia nera hanno dovuto fare tappa in ospedale per le conseguenze del lavoro minerario sui loro polmoni.

“Sembra di essere posseduti da una forza mostruosa e invincibile, invece siamo noi a creare questa bestia invisibile. È la nostra volontà; siamo al tempo stesso vittime e carnefici” ha detto il regista, che ha fatto del film la sua personale Divina Commedia, in cui le diverse cantiche sono associate a diversi colori: il rosso delle ferriere per l’Inferno, il grigio della polvere sollevata dai camion per il Purgatorio e il blu del cielo della città fantasma per il (presunto) Paradiso. “Attraverso lo sguardo contemplativo del film, analizzo le condizioni di vita dei lavoratori e l’insensato sviluppo urbano. È la mia meditazione critica sulla civiltà moderna, in cui si accumula ricchezza mentre l’uomo perisce”. Il titolo, però, anziché alla Divina Commedia fa riferimento alla creatura biblica Behemoth, “il più grande mostro sulla terra”.

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