VENEZIA – E’ un on the road metafisico o forse un viaggio in una mente umana, In between dying, penultimo film del concorso di Venezia 77, opera del cineasta azero Hilal Baydarov, 33enne autore duro e puro con ascendenze estremamente raffinate tra cui Paradžanov, Ozu, Sokurov e il primo Bergman. Orkhan Iskandarli è Davud, una sorta di alter ego del regista (e suo attore feticcio), giovane irrequieto che lascia l’anziana e inferma madre a casa da sola per cercare… il senso della vita e l’amore puro. Nel corso di una giornata si muove attraverso luoghi simbolici, paesaggi meravigliosi, una natura incontaminata e violenta, e fa incontri con tante donne componendo un mosaico in cui ogni tassello è segnato da una morte e da una liberazione: dalla moglie picchiata da marito alcolizzato alla sposa in fuga inseguita dal fratello alla giovane cieca che deve seppellire sua madre, alla sposa di guerra che attende il ritorno del suo uomo dal fronte. Tutte queste figure femminili sono folgorate dalla sua presenza in cui trovano la chiave per uscire dalla propria condizione di vittime (con alternative impervie).
“Al centro del mio lavoro – spiega Baydarov – c’è l’idea della persona che cerca di comprendere le ragioni per cui vive ed è presente, qui e ora, in questo mondo. Penso a qualcuno che non sa amare e tuttavia crede nell’amore, una persona che cerca di trovare la sua vera famiglia, certa che quest’ultima porterà un significato autentico nella sua vita. In questa storia, Davud è la persona che ci ricorda le possibilità dell’amore. Volevo visualizzare il suo percorso e ne è scaturito questo film. Con la mente costantemente rivolta all’insegnamento di Bresson, ‘prima sentire emotivamente, poi capire’, mi sono sempre concentrato sui momenti di ispirazione”.
E’ arrivato al cinema dopo un percorso da matematico e informatico, come rivela in conferenza stampa: “Da quando ero bambino mi sono posto domande sul senso della vita, avrei voluto un’infanzia più semplice ma così non è stato. La matematica mi consentiva di trovare un altro mondo, così come la poesia, l’arte, il cinema, tutte cose che ci collegano alla fonte della vita”. Per il suo attore Iskandarli lavorare con lui è “un inferno sottoposto al rigoroso controllo del regista, ma un inferno che sembra un paradiso. Baydarov cerca un flusso, un ritmo. E’ essenziale per gli attori sentire questo flusso, la logica non ha più senso in questo mondo dove l’intelletto è stato sconfitto. Questo è un film fatto con amore da cui non ci aspettiamo nient’altro, né premi né onori”.
“Mi è di grande aiuto lavorare con un gruppo di persone che comprendono il mio processo e lo hanno fatto completamente proprio – aggiunge il cineasta – Inoltre sono timido e faccio fatica a comunicare con chi non conosco. Infatti coloro con i quali lavoro proficuamente sono per lo più la mia famiglia e alcuni amici a me molto vicini. In un ambiente come l’Azerbaijan, possono esserci molte restrizioni e limitazioni, ma confesso che le amo”.
Ora sta curando un nuovo progetto, Portraits, ritratti realizzati trascorrendo un giorno a casa di una persona cercando piano piano di arrivare alla verità. “Ho iniziato con mia madre e i miei amici, la mia principale ispirazione è Rembrandt”.
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