TORINO – Estate del 1969, in una calda notte di luglio l’uomo posa per la prima volta il piede sulla luna. “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”, annunciavano emozionati i cronisti televisivi dell’epoca a un’enorme platea di spettatori, stretti tutti insieme a trattenere il fiato, nell’attesa che il gesto eroico fosse compiuto, nell’illusione che quel passo avrebbe cambiato per sempre le sorti dell’umanità. I cittadini del mondo, tornati bambini, avevano cominciato a sognare. A guardare le immagini in diretta insieme a suo padre c’era anche un bambino, che da quel momento non ha mai abbandonato il sogno di riuscire ad andare sulla luna. È Dario Cavalieri (Giuseppe Battiston), protagonista dell’unico film italiano in concorso al TFF, Il grande passo, secondo lungometraggio di Antonio Padovan (Finché c’è prosecco c’è speranza) in cui c’è anche Stefano Fresi nel ruolo del fratello di Dario, o meglio ‘Luna Storta’ come lo chiamano in paese ironizzando su quel sogno impossibile a cui ha dedicato tutta una vita.
I due fratelli sono figli di madri diverse, si sono visti solo una volta da bambini e si incontrano da adulti, fisicamente simili ma caratterialmente diversissimi. Mario (Fresi) gestisce con la madre una sonnolenta ferramenta di quartiere a Roma, quando era bambino il padre è andato via e non è più tornato. Da piccolo era un campione di atletica leggera, ma poi ha lasciato perdere, anche per colpa del padre, ha preso peso e adesso ciondola nella ferramenta, senza grosse curiosità, se non su cosa cucinerà sua madre per cena. Dario ( Battiston) vive in mezzo alla campagna veneta. A differenza del fratello ha un bel ricordo del padre, da cui ha preso la passione per le invenzioni e le imprese impossibili. Ostinato, geniale e monomaniaco, visto dai compaesani come un matto, Dario ha dedicato la sua vita a un’ambiziosa, per non dire impossibile, impresa. Le loro strade si incrociano quando un giorno l’avvocato di Dario, accusato di aver provocato un incendio e finito in carcere, chiama Mario e gli dice gli chiede di venire in Veneto a occuparsi del fratello. Il padre, rintracciato al telefono, ha detto che lui non può assolutamente venire, e Mario è rimasto l’unico parente di quel fratello che quasi non conosce. Mario esita, dubita, poi un po’ controvoglia parte verso nord. Nel momento in cui si avvicinano nasce in loro un’inaspettata complicità che li porta a decidere di tentare, contro tutti, l’impossibile impresa. Perché i sogni, come disse a Dario quella notte suo padre prima di scomparire senza dar più notizie di sé, sono la differenza tra gli esseri umani e gli animali.
Incredibile la somiglianza fisica tra i due interpreti che così commentano loro prima esperienza sul set insieme: “Stefano ha il dono di essere sempre propositivo e positivo. Sul set ha disgustosamente un sorriso per tutti, anche per chi no se lo merita”, scherza Battiston parlando del collega, che invece sottolinea: “Con Battiston ci siamo trovati molto bene insieme, lavorare con lui era per me un punto di arrivo perché ho un grande stima nei suoi confronti da molto tempo. Man mano ci siamo scoperti, personalmente e sul set, abbiamo molte cose in comune, spero che lavoreremo ancora insieme”.
Il grande passo è commedia con forti riferimenti a Carlo Mazzacurati, ambienta nei suoi luoghi, che ripropone quei sentimenti delicati e autentici e quella vena malinconica tipica della sua poetica. “Raccontando questa storia ho voluto rendere omaggio a due mondi del cinema che amo e che vivono dentro di me: da un lato quello americano, un po’ infantile e sentimentalista, con cui sono cresciuto da bambino. Dall’altro il cinema della mia terra, quello silenzioso e sincero, creato da artigiani come Carlo Mazzacurati, fatto di spazi dilatati e affetto per la normalità”, sottolinea il regista Antonio Padovan che rivela di aver iniziato a pensare alla storia mentre stava finendo il suo primo film, tratto da un giallo di Fulvio Ervas, spinto soprattutto dalla voglia di scrivere una storia tutta sua. “Da anni Marco Pettenello, il mio co-sceneggiatore, voleva vedere Giuseppe Battiston e Stefano Fresi come fratelli in un film, e a me piaceva l’idea di raccontare la storia di qualcuno che ha un sogno impossibile, di qualcuno che nella vita fallisce, mi affeziono più ai personaggi che falliscono che a quelli che ce la fanno. A differenza dei film americani volevo, però, che il mio film fosse molto reale, esplorando anche i lati negativi di un sogno che divora. Il personaggio di Dario vive un po’ ai margini di un paese, viene deriso, si è isolato e logorato per il suo sogno, mangia solo compulsivamente uova sode, come le sei che ho chiesto di mangiare a Battiston in un unico piano sequenza”.
Nel film – prodotto da Ipotesi Cinema e Stemal Entertainment con Rai Cinema – si ritrova un cinema sognante, dell’ingenuità come valore, dell’inno alla meraviglia, delle inquadrature strette sui primi piani dei personaggi, che fissano qualcosa di fantastico come fossero bambini traboccanti di meraviglia. Ma anche tutta la campagna veneta, malinconica, affondata dalla nebbia, quei suoi abitanti a volte rudi con tutta la loro semplice e quotidiana normalità.
Selezionato all’interno di una rosa di 8 candidati, tutti di altissimo livello, è stato nominato all’unanimità dai vertici del Museo Nazionale del Cinema, il Presidente Enzo Ghigo e i membri del Comitato di Gestione Annapaola Venezia, Gaetano Renda, Giorgia Valle e Paolo Del Brocco. Rimarrà in carica per due edizioni del Festival, con possibilità di rinnovo
Il Torino Festival Festival si è appena chiuso e anche quest’anno Intesa Sanpaolo è stata Main Sponsor di uno degli appuntamenti più attesi del cinema italiano, che per questa 37sima edizione – intitolata “Si può fare!” – Dal dottor Caligari agli zombie” ha voluto rendere omaggio all’horror classico dal 1920 al 1970
Emanuela Martini non sarà più direttrice del Torino Film Festival. L'ha reso noto il presidente del Museo del Cinema Enzo Ghigo a margine degli Stati generali della Fondazione Crt. "Continuerà a collaborare con noi perché è una professionalità che non vogliamo perdere", ha detto Ghigo. "Il nome del nuovo direttore lo conoscerete prima di Natale", ha aggiunto
Le cifre restano in linea con quelle della precedente edizione "a conferma della rilevanza e del livello che il Torino Film Festival mantiene nel panorama dei festival cinematografici italiani"