Un festival in sicurezza e tutt’altro che autarchico, ma con una selezione italiana indimenticabile e con ben otto donne in concorso su 18 titoli. E’ quanto emerge dalla conferenza stampa della 77esima edizione della Mostra, trasmessa per la prima volta in streaming sui canali social – con qualche problema tecnico sul sito della Biennale. Il presidente Roberto Cicutto e il direttore Alberto Barbera hanno illustrato le linee del primo grande festival internazionale che torna “fisico” dopo l’emergenza coronavirus, e si svolgerà dal 2 al 12 settembre.
“Tutti coloro che parteciperanno alla Mostra – ha esordito Cicutto – lo faranno nella sicurezza totale. Ci saranno varchi con la misurazione della temperatura per accedere alla ‘zona rossa’, non avremo le biglietterie e non sono previsti posti affiancati per i congiunti, perché ci sarà sempre una sedia vuota tra gli spettatori. Questo consente un accesso più rapido con biglietti tutti numerati”. Più proiezioni in contemporanea e le due arene – una al Lido, di fianco al pattinodromo e una ai Giardini della Biennale, già in funzione con il programma dei film classici presentati dai protagonisti – garantiranno una maggiore disponibilità di posti per il pubblico. “Non siamo orgogliosi di essere i primi – ha aggiunto Cicutto – avremmo voluto che non si fosse stato il coronavirus, ma siamo soddisfatti per la qualità dei film e per l’organizzazione che abbiamo saputo mettere in campo. Rifiutiamo il ricorso all’online per le varie sezioni della Biennale, anche per questo abbiamo organizzato e prodotto una mostra nel padiglione centrale dei Giardini curata dai sei direttori tutti insieme. La Biennale non è fatta solo dalle singole mostre, che ne sono il core business, ma è la casa veneziana delle arti contemporanee e nessuna di esse sarà esclusa. Il cinema fa parte di questo insieme”.
Un’edizione eccezionale e con meno glamour del solito, perché molte star mancheranno, ma che ha avuto come sempre il supporto del ministero dei Beni Culturali e del Turismo, della Regione Veneto, del Comune di Venezia e di vari sponsor privati, tra cui Campari, Armani Beauty, Jaeger-LeCoultre e Mastercard, mentre il manifesto ancora una volta racchiude un’immagine di Lorenzo Mattotti, un fotogramma della sigla del 2019 con due trapezisti, “immagine emblematica per questa edizione”, come ha detto Barbera. “Il cuore della Mostra è salvo – ha aggiunto il direttore, anche se in scala ridotta. Abbiamo rinviato Sconfini, salvato Venezia Classici grazie alla partnership con Bologna e Il Cinema Ritrovato, ridotto, ma di poco, il numero dei film. Avremo anche due titoli di Biennale College che i team sono riusciti a concludere nonostante lockdown, mentre altri altri due sono stati rinviati. In totale ci saranno 62 film più 15 cortometraggi. Il numero degli italiani è analogo all’anno scorso, ma è una selezione di grande qualità, il nostro cinema attraversa un periodo felice, con narrazioni che si lasciano alle spalle modelli collaudati ma usurati. Insomma, non è festival autarchico, ma rappresenta tutto il mondo, senza esclusioni, con 50 paesi, compresi i film delle major”. E sull’eventualità di un ritorno di fiamma del virus: “Non ci voglio neanche pensare, mancano cinque settimane e può succedere di tutto, in peggio e in meglio. Noi naturalmente speriamo in meglio, anche perché i focolai di cui si ha notizia sono circoscritti”.
Un capitolo del suo discorso è dedicato alle donne: “Il 22,4% dei film che abbiamo ricevuto sono diretti da donne, alla Mostra le registe rappresentano il 28,1%. In concorso ci sono 8 titoli su 18 di registe, tutti scelti per la qualità e non per le quote, è un dato che speriamo si stabilizzi nella produzione internazionale”.
Grande attenzione alla non fiction nel Fuori Concorso con titoli di Abel Ferrara, Alex Gibney, il film di Nathan Grossman su Greta Thunberg, quello di Luca Guadagnino su Salvatore Ferragamo, definito shoemaker of dreams, Final Account di Luke Holland, autore inglese di origine ebraica, scomparso il 20 giugno scorso, che si occupa dell’Olocausto, quello di Perdersoli sulla Dolce vita, Molecole di Andrea Segre. Un’intervista a Caetano Veloso dal Brasile in cui il cantante racconta la vicenda del suo arresto immotivato avvenuto nel ’68 sotto la dittatura militare, il ritratto di Paolo Conte firmato da Giorgio Verdelli (con interventi di Luca Zingaretti, Roberto Benigni, Caterina Caselli), che culminerà in un evento live l’11 settembre. Un colloquio tra Orson Welles e Dennis Hopper, il nuovo capitolo dell’inchiesta di Frederick Wiseman sulle istituzioni cittadine con City Hall.
Per la finzione: Lasciami andare di Stefano Mordini è il film di chiusura girato a Venezia durante l’acqua alta, con Valeria Golino, Stefano Accorsi e Maya Sansa. Altri titoli sono: Mandibules di Quentin Dupieux, Love after love di Ann Hui – Leone alla carriera – tratto da un romanzo ambientato a Hong Kong negli anni ’20, Assandira di Salvatore Mereu con Gavino Ledda, dal romanzo di Guido Angioni, un film che “avrebbe meritato il concorso se ci fosse stato spazio per un quinto film italiano”. E ancora The Duke di Roger Michell, storia vera dell’autista di taxi che rubò un ritratto di Goya, con Jim Broadbent e Helen Mirren. Infine anche un cortometraggio di Alice Rohrawacher, Omelia contadina.
Venice Production Bridge si svolgerà regolarmente al terzo piano dell’Hotel Excelsior, mentre Final Cut in Venice e le proiezioni di mercato avranno luogo sulla piattaforma Festival Scope. Venice VR expanded non sarà al Lazzaretto ma online. Del concorso parliamo in un articolo a parte.
Barbera ha confermato la presenza di Cate Blanchett: “La sento regolarmente, è a Londra, ed è entusiasta di sostenere la Mostra anche come segnale di ripartenza del cinema”. Altri personaggi che potrebbero allietare il red carpet: Helen Mirren, Willem Dafoe, la giovane attivista Greta Thunberg. In dirittura d’arrivo potrebbe esserci qualche altro titolo di richiamo da annunciare nei prossimi giorni e una qualche forma di collaborazione con Thierry Frémaux perché la “chiusura” dimostrata nei mesi passati è stata un equivoco.
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