Barbera: “Non leggo le recensioni durante il festival”

.700 accreditati, di cui 3.000 giornalisti (un terzo dei quali stranieri), 1.200 accreditati industry, un aumento dei biglietti venduti del 13% rispetto al 2015 e del 30% rispetto a due anni fa


VENEZIA – 7.700 accreditati, di cui 3.000 giornalisti (un terzo dei quali stranieri), 1.200 accreditati industry, un aumento dei biglietti venduti del 13% rispetto al 2015 e del 30% rispetto a due anni fa. Il bilancio di metà festival è positivo, almeno in termini numerici. E riguardo alle critiche, anche molto dure, sulla selezione ufficiale Alberto Barbera non si scompone. “Se non fossi contento della selezione sarei schizofrenico. Ciascuno fa il suo mestiere. Voi fate i critici e dovete criticare la selezione e il valore dei singoli film”, dice ai giornalisti invitati al lunch di metà Mostra. Più nel dettaglio, a proposito della presenza del cinema italiano, apparsa ad alcuni come piuttosto debole: “Piuma è un film che ha diviso, come era prevedibile. Cosa può fare Venezia per il cinema italiano? Rilevare con i propri strumenti la sua estrema varietà, in termini di prodotti, ricerche, sperimentazione, indirizzi. In un contesto difficile, in assenza di grandi maestri perché non erano ancora pronti i film dei registi più importanti, abbiamo cercato di testimoniare una vitalità indiscutibile. Ci sono le commedie ma anche un cinema che non si accontenta, che abbatte le barriere tra finzione e documentario. Sono film disomogenei, segno che il nostro cinema non si è completamente arreso, assuefatto ai suoi precetti, e che si muove anche attraverso forme che possono sembrare difficili. Anche Spira mirabilis, documentario concettuale che si misura con la ricerca filosofica ha avuto la Sala Grande esaurita e solo trenta persone sono uscite prima della fine. Poi c’è una commedia leggera, Piuma, che come tale deve essere giudicata, ma abbiamo anche un’opera prima in Orizzonti come Il più grande sogno, e un documentario, Liberami, che ha già suscitato grande interesse. C’è una ricchezza all’interno della marginalità”.
E sugli attacchi ricevuti da alcuni giornali, in particolare il francese Libération? “Non leggo durante il festival. Le recensioni le leggo dopo, a mente fredda. Per istinto di sopravvivenza”.

La soddisfazione per i tanti divi presenti quest’anno è palese anche se non sbandierata: ”Ci sono tante star perché ci sono i film che le portano: mai abbiamo scelto un’opera per gli attori che la interpretano. Poi certo la stagione del cinema americano è stata particolarmente ricca e noi ce ne siamo avvantaggiati”. 

Il presidente della Biennale Paolo Baratta sottolinea la buona riuscita di Biennale College che si sta affermando come fucina internazionale di nuovi talenti, l’apprezzamento unanime per la Sala Giardino, la curiosità attorno all’esperimento della realtà virtuale, la buona riuscita del Venice Production Bridge con 40 progetti di coproduzione avviati. Tra le criticità la riqualificazione del Lido, anche dal punto di vista dell’offerta alberghiera. Corretta e doverosa la scelta di rinunciare al gala di apertura in segno di lutto per le vittime del terremoto. Sono stati raccolti 130mila euro tra donazioni e incassi della Biennale Architettura, e saranno donati di concerto con il MiBACT. 

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06 Settembre 2016

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Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"


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