VENEZIA – “Una delle più grandi sorprese dell’essere umano è svegliarsi e scoprire che è diventato vecchio, non tanto grazie alla propria consapevolezza, quanto nell’attenzione degli altri. Ma la cosa bella è pensare a cosa si farà tra altri 50 anni, al futuro”. Così risponde Eugenio Barba, fondatore del leggendario Odin Teatret, se gli si chiede di guardarsi indietro e tornare al 1964, quando iniziò quell’esperienza in Norvegia. L’anno scorso l’Odin ha festeggiato il suo cinquantesimo anniversnario e ora è stato celebrato ai Venice Days con il documentario Il paese dove gli alberi volano – Eugenio Barba e i giorni dell’Odin, firmato da Davide Barletti e Jacopo Quadri e prodotto da Fluid e Ubulibri.
I due registi hanno sbirciato nel dietro le quinte dei festeggiamenti della compagnia teatrale di ricerca osservando e seguendo l’uomo che l’ha creata e cogliendo lo spirito profondo di un’esperienza creativa che ha cambiato le coordinate dello spettacolo del Novecento. Il film, che sarà distribuito da Wanted, entra in quella “fortezza fatta di vento, le cui mura sono le relazioni umane” e spia, ad esempio, l’incontro tra un gruppo di ballerini della periferia di Nairobi e la comunità creativa di Holstebro, mentre si svolgono le frenetiche prove per mettere in scena gli spettacoli in un clima fertile di scambio.
“Questo film non è su di me – ha detto Barba a Cinecittà News – ma su quel popolo segreto che ha sempre avuto l’obiettivo consapevole di abbattere le barriere artistiche, culturali e geografiche, perché i modi inerti di pensare riducono la capacità degli esseri umani di mettersi in relazione. La cultura è un’arma fondamentale per scatenare un moto emotivo. La nostra piccola realtà ha dimostrato di saper cambiare le cose: il sindaco di Holstebro ha ammesso che nella città non esistono problemi ‘etnici’, perché questa esperienza ha contribuito in maniera determinante a far accettare le diversità”. Oggi i 25 membri dell’Odin Teatret vengono da più di dieci Paesi e tre continenti; la compagnia ha creato 76 spettacoli rappresentati in 63 Paesi e in vari contesti sociali, spesso utilizzando la formula del baratto, ovvero lo scambio di esperienze artistico-culturali locali.E sta per portarne in scena numerosi altri, sempre nuovi.
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Il delegato generale della Settimana della Critica, a fine mandato, analizza lo stato di salute del nostro cinema in un'intervista al sito Quinlan. "Il cinema italiano è malato, malato di qualcosa che non lascia sviluppare quei talenti – che a questo punto non so nemmeno più se ci siano – che vogliono rischiare con dei film più coraggiosi. Penso che chi ha le idee si diriga verso altre forme, verso le web series ad esempio, e il cinema d’autore soffra un po’ dei soliti dilemmi". A breve il Sindacato nazionale critici cinematografici indicherà il nuovo delegato generale