VENEZIA – La seconda (e ultima) donna in concorso a Venezia 76, l’australiana Shannon Murphy, regista teatrale e di serie tv al suo esordio nel lungometraggio, lascia il segno con Babyteeth, una storia dolce e tragica, che fa sorridere e commuove parlando di temi tosti, come la malattia terminale di una teen ager, ma anche di famiglie disfunzionali e dipendenza da farmaci e droghe di ogni tipo. Ma lo fa con umanità e immensa empatia verso tutti i personaggi, nessuno escluso.
“Abbiamo voluto far risaltare la dualità tra dolore e umorismo. Nonostante la storia sia cupa, è un film pieno di umorismo. In ciascuna inquadratura drammatica volevamo un elemento ironico e in ogni momento ironico un’annotazione drammatica”, così la regista molto applaudita in conferenza stampa. Il dente da latte a cui fa cenno il titolo è rimasto a Milla Finlay (l’attrice Eliza Scanlen) nonostante sia ormai 15enne. Ma la ragazza di buona famiglia, che studia al college e suona il violino, sta affrontando una malattia gravissima. Mentre i genitori, una ex pianista depressa (Essie Davis) e uno psichiatra instabile (Ben Mendelsohn), pur amorevoli, si barcamenano tra routine e disperazione, lei conosce per caso il giovane pusher senza fissa dimora Moses (Toby Wallace) e se ne innamora. Un rapporto che i genitori di Milla non vedono ovviamente di buon’occhio ma che accettano per assecondare la figlia in chemioterapia. Salvo scoprire che, sorprendentemente, ne saranno spinti ad accettare il caos e la creatività presente in ogni momenti dell’esistenza. E non solo loro, ma anche la vicina di casa incinta e l’insegnante di musica triste e sensibile. Ripensare il proprio rapporto con la vita sarà il regalo d’addio di Milla.
“Tutti questi personaggi – dice la regista – sono imperfetti. Il loro mondo si sta sgretolando e tutti si rifugiano nelle droghe e nei farmaci come un’automedicazione. La più solida è proprio Milla”. Con uno stile originale ma mai gratuito, Shannon Murphy regista rielabora un testo teatrale di Rita Kalnejais: “Non ci potevano essere mezze misure – dice – nel mio approccio per rappresentare in modo autentico la protagonista, che a quindici anni si trova sul punto di sentirsi più viva che mai, ma allo stesso tempo deve fare bruscamente i conti con la sua mortalità. Io non ho paura delle tinte forti, mi piace essere audace”, sottolinea. Regista e attori riconoscono che gran parte del merito si deve alla sceneggiatura scritta dalla stessa Rita e praticamente perfetta. “Abbiamo aggiunto – spiega la regista – solo alcuni momenti più privati. Ma il resto c’era già tutto”. Per esempio, sottolinea la giovane protagonista, “il fatto che il testo fosse molto lontano dal melenso e dal sentimentale, per me è stato molto importante. Così come lo è stato trovare la calma che contraddistingue Milla, che è forse la più matura e la mediatrice tra i tre protagonisti”. Ben Mendelsohn, il padre che assiste con stupore e tenerezza alla scoperta dell’amore da parte di Milla, sostiene che Babyteeth è un film “molto australiano: una delle cose belle dell’Australia è che vieni accettato qualsiasi problema tu possa avere. E c’è molto senso vitale in questo, come nel film”.
Del resto una delle produttrici è Jan Chapman, complice produttiva di Jane Campion per Lezioni di piano, un film mitico anche perché rappresenta l’unica Palma d’oro vinta da una donna. E se chiedete a Shannon Murphy come si senta in concorso a Venezia con una selezione quasi tutta al maschile, risponde tranquilla: “Credo che la cosa dura per noi registe sia quella di dover sempre rispondere a questa domanda sulle donne. Questo toglie qualcosa al nostro lavoro artistico e oscura in qualche modo l’importanza del film. Comunque – conclude – non è stato difficile diventare regista in Australia perché abbiamo degli incentivi che favoriscono la parità di genere in tutti i ruoli di leadership. Il programma gender matters ha avuto tanto successo che è stato rinnovato per i prossimi quattro anni”.
E' da segnalare una protesta del Codacons con annessa polemica circa la premiazione di Luca Marinelli con la Coppa Volpi a Venezia 76. L'attore aveva rilasciato una dichiarazione a favore di "quelli che stanno in mare e che salvano persone che fuggono da situazioni inimmaginabili". "In modo del tutto imprevedibile - si legge nel comunicato del Codacons - il premio come miglior attore non è andato alla splendida interpretazione di Joaquin Phoenix"
Venezia 76 si è distinta anche per una ricca attività sul web sui social network. Sulla pagina Facebook ufficiale sono stati pubblicati 175 post che hanno ottenuto complessivamente 4.528.849 visualizzazioni (2018: 1.407.902). Le interazioni totali sono state 208.929 (2018: 64.536). I fan totali della pagina, al 6 settembre 2019, sono 360.950, +4.738 dal 24 agosto 2019
Nel rituale incontro di fine Mostra Alberto Barbera fa un bilancio positivo per il cinema italiano: “In concorso c’erano tre film coraggiosi che osavano – ha detto il direttore - radicali nelle loro scelte, non scontati, non avrei scommesso sul fatto che la giuria fosse in grado di valutarne le qualità"
Luca Marinelli e Franco Maresco, rispettivamente Coppa Volpi e Premio Speciale della Giuria, ma anche Luca Barbareschi per la coproduzione del film di Roman Polanski J'accuse. Ecco gli italiani sul podio e le loro dichiarazioni