Ispirato alla pièce teatrale di Florian Zeller “A testa in giù”, Sogno di una notte di mezza età segna il ritorno alla regia del popolare attore francese Daniel Auteuil, che ha già firmato tre opere – tutte tratte da Marcel Pagnol. Stavolta opta per una commedia borghese che sembra ritagliata su di lui, sulla sua notevole capacità recitativa, sul continuo strizzare l’occhio allo spettatore e sulla fisicità del quasi settantenne ancora fascinoso. Come compagno di squadra si sceglie un altro mostro sacro d’oltralpe, il debordante Gérard Depardieu, e mette in scena un tema universale, quanto banale, come la crisi di mezza età maschile. Lo fa in una chiave onirica e scherzosa, se si vuole auto-ironica, che più che prendersela con le donne (usate solo in chiave di sparring partner) si concentra sulla descrizione un po’ prevedibile di una certa psicologia maschile, tra narcisismo e voyeurismo.
Film da camera, ma che “prende aria” grazie alle molte digressioni in esterni, Sogno di una notte di mezza età (il titolo originale, indubbiamente sarcastico, era Amoureaux de ma femme ovvero innamorato di mia moglie) chiude nella durata aurea di 94′ il percorso circolare di un uomo sposato, felicemente ma stancamente, che si invaghisce della giovane fidanzata del suo migliore amico. Potrebbe mettere a repentaglio la sua serenità, come capita a molti 50/60enni pronti a mandare all’aria anche il matrimonio all’apparenza più solido e rodato alla ricerca di un’emozione che renda di nuovo frizzante l’esistenza e faccia ringiovanire o almeno che crei della giovinezza perduta l’illusione. Potrebbe…
Daniel (Auteuil) è un editore molto legato alla moglie Isabelle (Sandrine Kiberlain), donna volitiva, severa e intelligente. Il suo miglior amico (Depardieu) ha appena lasciato il talamo coniugale con grande scandalo generale per farsi una nuova vita con Emma, un’aspirante attrice di origine spagnola che ha la metà dei suoi anni (Adriana Ugarte). Daniel invita la neo-coppia a cena, vincendo l’ostilità dichiarata della moglie, e per tutta la serata non fa che fantasticare sulla ragazza, sensuale e ammiccante (o almeno così la vede lui), tra l’altro fasciata in un abito rosso che lascia intuire molto bene le sue forme generose.
Maliziosa e ben congegnata nei ritmi e nel montaggio, la commedia si diverte (e diverte) dando forma ai pensieri più segreti di ognuno dei quattro partecipanti alla cena. Pensieri quasi sempre sconvenienti, specie in un contesto alto borghese e formale, ma umanissimi. Così la moglie mentre sorride educatamente pensa che Emma sia una sciacquetta e Daniel invidia l’amico che ha avuto il coraggio di darsi anima e corpo alla fanciulla, la quale sembra interessata soprattutto alla bella casa parigina e alla villa al mare che l’uomo ha affittato per lei spendendo un patrimonio. “C’è qui un tipo un po’ immaturo – spiega Auteuil – un editore che è come un libro incompiuto. Un po’ come Jean-Paul Belmondo nel film Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo, s’inventa in continuazione una doppia vita che aggiusta e migliora quella vera. Questo via vai tra illusione e realtà ha un solo scopo: elogiare i sogni che ravvivano il grigiore delle nostre esistenze”.
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