Ormai è ufficiale: Kenneth Branagh è il Poirot di questo decennio, completamente entrato in simbiosi con il personaggio per cui cura interpretazione, regia e produzione ormai dal 2017, anno in cui ottenne ottimi successi al botteghino con Assassinio sull’Orient Express, seguito poi da Assassinio sul Nilo che ebbe non pochi problemi produttivi a causa del Covid.
Assassinio a Venezia – tra l’altro è simpatica la “coincidenza” dell’uscita il 14 settembre, appena una settimana dopo la chiusura dell’80ma Mostra – ha due peculiarità, rispetto agli altri film della stessa serie. Primo, verte al soprannaturale, almeno in prima battuta: il titolo originale è in effetti ‘Haunting in Venice’, laddove ‘Haunting’ è un termine inglese difficilmente traducibile che sta per ‘infestazione’ o ‘possessione’, ma con il sottinteso che si tratti di spiriti. Secondo, per scelta deliberata non è fedele al testo originale, più noto in Italia con un altro titolo (“La strage degli innocenti”, in inglese “Halloween Party”), che non si ambientava affatto nella città lagunare, oltre a presentare anche molte altre differenze.
Artefice di questo consapevole “delitto” lo sceneggiatore Michael Green, mentre tra i produttori c’è anche Ridley Scott e nel cast, oltre a Branagh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio e Michelle Yeoh.
È la notte della Vigilia di Ognissanti in una Venezia inquietante del secondo dopoguerra. Questo è il periodo in cui il famoso investigatore Hercule Poirot, ormai in pensione e in autoesilio volontario, ha voltato le spalle alla sua vita precedente. Le sue esperienze nel campo dei crimini, delle investigazioni e il suo confronto con la parte più oscura dell’umanità, messa in evidenza dal secondo conflitto mondiale, lo hanno spinto a rinunciare. Cerca di evitare in ogni modo di ripensare ai crimini, ma la realtà è che i crimini lo cercano. Riceve infatti la visita di un’anziana amica, la famosa scrittrice di gialli numero uno al mondo, Ariadne Oliver (interpretata da Tina Fey), che gli promette che non si tratta di un caso di omicidio. Desidera che si unisca a lei in una seduta spiritica e lo convince a partecipare per dimostrare che non ha alcun fondamento. Nonostante le sue riserve, Poirot si ritrova coinvolto e accetta a malincuore in un decadente e spettrale palazzo di proprietà della famosa cantante lirica Rowena Drake. Quando uno degli ospiti viene assassinato, tutti i presenti diventano sospettati, gettando il detective belga in un mondo sinistro fatto di ombre e segreti.
“È stato sull’Orient Express che abbiamo discusso per la prima volta di Assassinio sul Nilo – afferma lo sceneggiatore Green – ed è stato sulla S.S. Karnak che abbiamo iniziato a parlare di quello che avrebbe potuto essere il terzo film. Ricordo che durante l’allestimento delle luci mi sono sporto dal parapetto del Karnak verso lo schermo blu che sarebbe diventato il Nilo, e ho pensato a quale sarebbe stata la mossa giusta per il prossimo film. Per qualche motivo mi è venuto in mente il tema dei fantasmi, ed è lì che mi sono ricordato de ‘La strage degli innocenti’”.
“Christie ha la classica capacità senza tempo di presentare le persone in situazioni – spesso pericolose o criminali – in cui riconosciamo l’umanità dei personaggi – commenta invece Branagh – Gli archetipi e le letture molto sottili del comportamento umano sono tali da innescare una reazione in noi… le sue percezioni sembrano universali e familiari”.
Come dicevamo, sebbene Assassinio a Venezia sia un adattamento molto libero di ‘ Poirot e la strage degli innocenti ’, Green è stato influenzato anche da altri racconti di Christie che sfiorano il soprannaturale, in particolare la raccolta ‘L’ultima seduta spiritica’ – spiega – e il racconto c he dà il titolo alla raccolta è davvero terrificante. Quindi, per quanto Assassinio a Venezia sia una trasposizione di ‘ Poirot e la strage degli innocenti ’, nel suo DNA ci sono anche le riflessioni di Christie sul soprannaturale”.
La storia che il pubblico vedrà sullo schermo è diversa dal libro originale: “Christie ha scritto ‘La strage degli innocenti’ verso la fine della sua carriera – spiega il regista – Si trattava in sostanza di un giallo ambientato in una tipica dimora di campagna inglese. E visto quello che abbiamo fatto con i precedenti adattamenti di Agatha Christie e le loro location esotiche, Michael Green ha scelto di operare un grande cambiamento nella narrazione, prendendo l’ossatura del giallo di Agatha Christie e spostandola a Venezia. Il risultato è più simile a un’opera da camera, con un minor numero di sospettati, e Michael si è preso la libertà di creare un paio di sottotrame aggiuntive”.
“Con Assassinio sul Nilo, sapevamo che la trasposizione sul grande schermo sarebbe stata fedele al libro – conferma Green – ora sentivamo di esserci guadagnati il diritto di apportare alcune modifiche, solo per raccontare una storia leggermente diversa da quella del libro. Sono presenti molti richiami al romanzo, di cui rimane il DNA. Ma speravamo di ottenere il via libera per rendere la storia un po’ più cruda. Ad esempio abbiamo anche ridotto i tempi, da una settimana a una sola notte spettrale. I cambiamenti non sono pochi, ma crediamo che siano molto in linea dal punto di vista tematico”.
Fortunatamente James Prichard, uno dei produttori esecutivi del film nonché pronipote di Agatha Christie, ha approvato le modifiche alla trama, che ha comunque mantenuto il giusto tono e lo stesso spirito: “Inizialmente sono rimasto sorpreso – dice Prichard – Michael me ne ha parlato molto tempo fa , e all’epoca non riuscivo a capire cosa stesse cercando di fare e perché avesse scelto questo titolo invece di un altro più ovvio. Ma con il passare del tempo ha messo ben in chiaro cosa stava facendo e cosa aveva in mente, e sia la scelta sia l’esecuzione si sono rivelati vincenti”.
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