Asia Argento è al Festival di Roma, in un evento speciale al MAXXI, organizzato in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia che ha curato una Mostra Fotografica legata all’uscita del libro ‘La Strega Rossa’ di Stefano Iachetti (Edizioni Sabinae), che ripercorre la carriera dell’eclettica artista romana. Asia si presenta in camicia a scacchi e capelli corti, rilassata e simpatica, lontana dal cliché di ‘femme fatale’ più volte impersonato in passato, sebbene sempre con notevoli dosi di ironia: “E’ una cosa che non mi appartiene più – dice mentre pasticcia con il liquido di una sigaretta elettronica – anzi, non mi è mai appartenuta. L’obbligo di impersonare uno stereotipo di femminilità esasperato è uno dei motivi per cui ho smesso di recitare. Io a volte mi sono imbruttita perché lo richiedevano i ruoli, ma mi veniva spesso chiesto di essere un certo tipo di femmina, giocavo sulla sensualità. Siccome ho iniziato molto presto, sono un po’ caduta nella trappola. Ma poi ho capito quanto fosse faticoso, un lavoro vero e proprio. Tacchi, capelli, vestiti, un’imbracatura pazzesca. E una pagliacciata. Oggi sono più tranquilla, a volte mi scambiano per un uomo e non so se sentirmi lusingata o offesa. Certo è che, a forza di costruirti un immagine da dare in pasto agli altri, perdi di vista la tua essenza, il tuo bambino interiore”.
Ma allora, il titolo ‘La Strega rossa’, non è un po’ fuori luogo? “Non l’ho scelto io, ma l’autore – risponde – Dovrei entrare molto nel personale per spiegare il perché del titolo. E’ una cosa che ha a che fare con la mia infanzia e la superstizione estrema dei miei genitori. In breve, però, la strega rossa usa la magia dell’amore, è una manipolatrice, è pericolosa, e io non mi ci riconosco. Anche perché ormai non credo più nella buona o nella cattiva sorte. Credo nelle azioni. Ho fatto parecchia pulizia, ma non con l’analisi. Solo col lavoro. E’ quello che consiglio anche ai giovani attori che lavorano con me. Pensate al lavoro, non alle critiche o ai complimenti. Quelli sono pericolosi: se inizi a sentirti il migliore o il peggiore del mondo, resti comunque solo. Non so se sono troppo indietro o troppo avanti ma a me in realtà lo scandalo fa schifo. Tutte le volte che mi è capitato di farlo non ne ero consapevole. Erano tutte cose oneste e giuste, in quel preciso momento della mia vita”. Allora, forse le si adatta di più il titolo di Incompresa, il suo ultimo film, accolto con grande clamore al Festival di Cannes: “Era chiaramente una citazione del film di Comencini, che ancora mi fa piangere come una pazza, anche davanti a mia figlia, che mi viene dietro. Mi traumatizzò da piccola – ma d’altro canto ero abituata a vedere di peggio. L’Esorcista, che mi fa ancora paura, e Profondo Rosso, che mio padre mi fece vedere a 5 anni – ma io penso che quella storia ce l’hanno dentro tutti i bambini mal amati, o ‘diversamente amati’. Siamo tutti Andrea, e poi quando si cresce ci si costruiscono barriere che è difficile buttare giù. Io penso che se uno cerca di ricordarsi il ‘bambino sacro’ che è dentro di lui magari riesce a essere un genitore migliore di quelli che ha avuto. Non significa essere perfetti, ma ascoltare i bambini, che sono le persone più importanti della casa, e hanno le cose più interessanti da dire. Vedo invece tanti adulti che quando arrivano i piccoli gli mollano un gioco elettronico per farli stare buoni, e non ci parlano”.
L’artista ha avuto modo anche di schierarsi a favore della pellicola – “ho girato Incompresa con i colori dei ricordi, come fosse una Polaroid. Con il digitale, che è ancora piatto, non sarebbe stato possibile” – e di annunciare che sta scrivendo un nuovo film “che non farò in Italia. E’ troppo complicato. Io qui non ho amici, non posso lavorare pensando di dover prendere cappuccino e cornetto con i politici. Pensate che nemmeno sapevo che Renzi era diventato premier. Lo avevo conosciuto a una cena e per me era il sindaco di Firenze. Mi ha mandato un messaggio di complimenti mentre ero a Cannes e fu il produttore di Lynch a dirmi “guarda che non è più sindaco”. E allora ho colto l’occasione per ricordargli che aspettavo i soldi del Ministero. Che non sono mai arrivati. Mica mi ha risposto…”
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Bilancio positivo per Wired Next Cinema, la sezione parallela al Festival di Roma dedicata ai nuovi linguaggi dell'audiovisivo. Spunti interessanti dall'illustratrice Olimpia Zagnoli sui formati brevi e le nuove forme di creatività. Tra gli appuntamenti più seguiti, soprattutto dal pubblico di giovani, gli incontri con le star del web Maccio Capatonda, The Pills e The Jackal, tutti alle prese con l'esordio sul grande schermo
Parecchi italiani tra i premiati alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Tra loro Andrea Di Stefano, esordiente con Escobar, prodotto all’estero, che ha rivendicato il suo orgoglio di regista italiano formatosi con Blasetti e Sorrentino, e il loquace Roan Johnson che si è definito “un sognatore a occhi aperti. Vedevo che Fino a qui tutto bene procedeva alla grande e mi dicevo ‘magari può andare a un festival e vincere’. Ma poi anche ‘sta’ bonino… un ci pensare. Temevo la mazzata. E invece siamo qui”