Asia Argento: io come Frida, ribelle ai cliché

Voce narrante del docufilm Frida. Viva La Vida di Giovanni Troilo, l'attrice e regista sottolinea il suo profondo legame con l'astista


TORINO – In anteprima al 37mo Torino Film Festival (Festa Mobile) e nelle sale italiane con un’uscita evento il 25, 26 e 27 novembre, il docu-film che racconta una donna rivoluzionaria, diventata icona pop e simbolo del femminismo contemporaneo, Frida Kahlo, l’artista che più di ogni altra è riuscita a costruire una potente e intensa autobiografia per immagini. Frida. Viva la vida di Giovanni Troilo, è un percorso in sei capitoli che vuole capire ed esplorare due delle tante anime di Frida, come illustra il regista, da una parte la donna dolente, dall’altro l’artista, libera, nonostante le costrizioni di un corpo martoriato: “Frida è un personaggio poliedrico, dalle tante anime, ma nel film ho voluto concentrarmi sulla Frida del dolore e la Frida artista, e sul legame che c’è tra questi due aspetti: lei inizia a dipingere quando è costretta all’immobilita, in un atto di rinascita e di bellezza”.

A condurre lo spettatore alla scoperta di Frida, Asia Argento, voce e volto narrante, presente al TorinoFF con un video messaggio trasmesso durante la conferenza stampa. “Conosco Frida da quando ero bambina, c’erano dei suoi libri in giro per casa, e nella mia adolescenza è diventata una voce molto importante dentro di me. È un’artista che mi ha sempre accompagnata, che è per me una continua scoperta, in lei vedo sempre qualcosa di diverso, in base alle mie varie fasi di vita come donna”.
“I tratti della sua opera che mi hanno più colpita – continua Asia, guest director dell’edizione 2017 del Festival – sono la sua enorme sofferenza e la rinascita attraverso l’emancipazione proprio da questa sofferenza e da figure maschili forti da cui sente il bisogno di essere liberata ma anche, in maniera quasi infantile, amata. Sia io che Frida abbiamo pagato caramente le esigenze di libertà e ribellione dal sistema patriarcale, e condividiamo una certa ironia nel rompere il cliché di quello che deve essere una donna nella società”.

Frida. Viva la vida è un viaggio nel cuore del Messico, tra cactus, scimmie, cervi e pappagalli, alternato a interviste, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e opere della stessa Kahlo, tra cui gli autoritratti più celebri, da quello con Diego Rivera del 1931, alle Due Frida del 1939, La colonna spezzata del 1944 e il Cervo ferito del 1946. Tele da cui si sprigiona un’incredibile energia e vitalità, sebbene raccontino una vita segnata dalla sofferenza: l’invalidità a seguito di un incidente stradale, l’atroce dolore fisico, l’amore tradito, il dramma degli aborti.

“Abbiamo cercato di comporre e il film costruendo più piani narrativi – racconta il regista – unendo materiali molto diversi in una sorta di esperanto artistico. Nel film si ritrovano testimonianze e gli interventi di esperti e artisti, clip che si ripetono più volte come in un mantra, un grande uso dei materiali d’archivio le cui immagini sono state accostate come per costruire una scena”. Nel documentario è anche possibile vedere per la prima volta fotografie, vestiti e altri oggetti personali di Frida conservati negli archivi del Museo Frida Kahlo normalmente non accessibili al pubblico. “Il primo giorno che siamo arrivati a Città del Messico –  racconta il regista – Hilda Trujillo, che dal 2002 dirige il Museo Frida Kahlo che sorge nella Casa Azul che fu dimora della pittrice, ha adottato sia noi che il progetto, ci ha accolto a braccia aperte permettendoci di trascorrere molto tempo in un luogo così speciale, anche fuori dagli orari di apertura. Ci ha mostrato cose delicatissime, che ho potuto filmare e che ho guardato con ammirata emozione, come l’urna contenenti le ceneri di Frida o una sua lettera nascosta in un cassetto in cui parlava di pace”.

Frida. Viva la vida è prodotto da Ballandi Arts e Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte, e ha la colonna sonora originale di Remo Anzovino, con cui il regista aveva già collaborato nel suo precedente film su Monet.  “Per me è stato come fare un viaggio – racconta il compositore e pianista – sotto la guida sapiente di Giovanni che ha una cultura musicale fuori dal comune. Volevamo produrre una musica fortemente attuale nei suoni ma al tempo stesso universale  nelle tematiche. Nella canzone principale del film, Yo te cielo, ho anche innestato una parte di una lettera di Frida, cantata da Yasemin Sannino, nota al pubblico cinematografico per aver lavorato con Ferzan Ozpetek su Le fate ignoranti”.

 

Carmen Diotaiuti
23 Novembre 2019

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