Asia Argento fotografa al Museo del Cinema

Alla Mole Antonelliana dal 23 aprile al 27 maggio l'esposizione Asia Argento antologia analogica. “Le Polaroid per me sono la materia dei ricordi, anzi la memoria stessa" racconta l'attrice e regista


Alla Mole Antonelliana dal 23 aprile al 27 maggio “Asia Argento antologia analogica” così s’intitola l’esposizione che ha come protagonista Asia Argento fotografa, curata da Stefano Iachetti e organizzata dal Museo Nazionale del Cinema di Torino come evento collaterale del 34° Lovers Film Festival. Asia Argento è conosciuta come attrice e regista, meno conosciuta nelle vesti  di fotografa, anche se ha pubblicato le sue immagini in importanti riviste nazionali e internazionali.

Fotografa come la nonna paterna, Elda Luxardo, Asia Argento, con le sue immagini, stampe da negativi 35mm e Polaroid, offre al pubblico una parte del suo mondo, attraverso autoritratti, volti, suggestioni, colori ed elaborazioni grafiche.In mostra, sulla cancellata esterna della Mole Antonelliana, 23 immagini di grande formato da lei realizzate, tra il 2001 e il 2004, utilizzando la pellicola 35mm, alle quali si aggiungono 4 scatti realizzati da Stefano Iachetti che ritraggono Asia sul set di Incompresa, da lei diretto nel 2013.

Nell’Aula del Tempio, cuore del Museo Nazionale del Cinema, sotto i grandi schermi trova posto una serie di circa 170 Polaroid, sulle quali l’artista è intervenuta con colori e materiali, creando una fusione estremamente interessante e ricca di omaggi a musicisti, attori e artisti in genere.A completamento della mostra, un catalogo bilingue edito da Scalpendi Editore, a cura di Stefano Iachetti, che comprende le 27 fotografie dei pannelli esterni e una selezione delle Polaroid in mostra, oltre a includere testi di Sergio Toffetti, Stefano Iachetti e un’intervista a Asia Argento raccolta dal curatore.

“Le Polaroid per me sono la materia dei ricordi, anzi la memoria stessa – racconta Asia Argento – Quando ho iniziato a lavorare nel cinema negli anni 80 si usavano le Polaroid per fare i raccordi, perché non esistevano le foto digitali. E come erano misteriose! Era impossibile prevedere quello che sarebbe uscito fuori dopo lo scatto. Non potevi controllare il risultato, non potevi dominarlo: la macchina decideva per te. Ricordo che, quando ero bambina, ogni volta che iniziavo un film, mio padre veniva a trovarmi sul set e mi scattava una Polaroid per immortalare quell’istante. Ho accumulato e conservato tantissime Polaroid ed ho notato che col tempo scolorano, come la memoria cambia i colori, col passar del tempo, quando la manipoliamo per renderla accettabile a noi stessi. Il bianco diventa rosa, il nero diventa verde, tutti i colori sbiadiscono e mutano di tono”.

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