“Amo il cinema italiano: in quello di Fellini vedo le radici del cinema di Paolo Sorrentino, mi piace il realismo di Matteo Garrone e Mario Martone e i film di Nanni Moretti perché ‘rispettano’ il genere umano”. Così il regista iraniano Asghar Farhādi, in Italia per la consegna del Premio Fiesole ai Maestri del cinema al Teatro Romano di Fiesole. Il prestigioso riconoscimento viene conferito dal Comune di Fiesole in collaborazione con il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani Gruppo Toscano e la Fondazione Sistema Toscana, con la direzione artistica di Massimo Tria.
“Il cinema italiano – ha continuato il regista iraniano – è un punto di riferimento e tutti sono curiosi di sapere cosa succede, come si muove la vostra cinematografia. Due anni fa ho messo in ordine alcuni film italiani e ho rivisto anche quelli di Visconti, fonte di costante ispirazione per me, infatti amo riguardarli tante volte. De Sica, ad esempio, ha fatto un film che si chiama Il tetto meno conosciuto che mi piace molto. Ho omaggiato De Sica nel mio ultimo film Un eroe in alcune scene, dove c’è un uomo con una bicicletta che passa”.
Rispondendo poi alle domande da parte dei critici cinematografici sull’uso del primo piano nel cinema spiega che ““l’uso del primo piano è molto importante e frequente tra artisti e registi iraniani. Perché la lingua farsi non è una lingua diretta ma una lingua molto misteriosa, per questo alcune cose vengono dette indirettamente, ed esiste a volte un rapporto particolare fra parole e realtà concreta che esse rappresentano. Per esempio, il vino sarebbe vietato nella nostra religione, ma nelle poesie in farsi ci sono paradossalmente molti termini per ‘calice’ o altri legati appunto al vino, e quindi dobbiamo vivere con questi paradossi linguistici. Penso che una delle più grandi preoccupazioni delle persone sia il tempo perché è quel treno che ci lega alla morte. E noi siamo su questo treno e abbiamo la volontà di non arrivare mai. Per questo motivo il tempo ha una certa importanza per me”.
“La famiglia è una fonte infinita di ispirazione – ha spiegato Farhādi – spesso racconto nei miei film dinamiche famigliari perché possiamo capire anche cosa sta succedendo nella società contemporanea. Ci sono tutti i personaggi della società nelle famiglie: adolescenti, vecchi, bambini, uomini e donne. Nella mia cultura la vita dentro casa è diversa dalla vita fuori dalla casa, addirittura diventa un paradosso. In casa le persone hanno meno maschere, sono più vicine alle loro realtà. In qualche modo quando vediamo le persone dentro casa possiamo capire come si comporterebbero realmente fuori casa. Questo mi ha aiutato un po’ a evitare la censura”.
Il regista ha poi confidato che sta lavorando a un nuovo film con suo fratello e ha aggiunto “ho saputo che alcuni colleghi sono in carcere e spero che la situazione si risolva perché l’arte deve essere libera”.
Il Premio Fiesole si è avvalso della collaborazione del festival Middle East Now e del Premio Sergio Amidei, insieme al quale ha organizzato la venuta in Italia di Farhādi (che sarà poi anche a Gorizia il 19 luglio per ricevere un Premio Speciale) e di Sentieri Selvaggi, media partner per questa edizione.
Il regista australiano, è noto per il suo debutto nel lungometraggio con il musical 'The Greatest Showman'
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