“Se qualcuno ti chiede se sei un dio, tu gli devi dire sì!”. I Ghostbusters l’hanno imparato sulla propria pelle, in una memorabile e divertente sequenza che ha fatto storia.
Percy Jackson, protagonista del nuovo film di Chris Columbus, in uscita in Italia il 12 marzo, non avrebbe avuto imbarazzo nel dare la giusta risposta.
A prima vista, pare un ragazzo come tanti, un qualunque “Peter Parker” che ai classici problemi dell’adolescenza aggiunge una forte dislessia, preoccupanti cali d’attenzione e una situazione disastrata in famiglia, con una mamma amorevole che però, per ragioni a lui oscure, si accompagna con un patrigno laido e odioso. Si sente uno “sfigato”, nonostante abbia il bell’aspetto e gli occhioni blu come il mare dell’attore Logan Lerman.
Finché un giorno, a sconvolgere tutto sommato in meglio la sua vita arriva, invece del morso di un ragno radioattivo, una serie di notizie a dir poco sconcertanti: il suo amico claudicante (Brandon T. Jackson) è in realtà un satiro, il simpatico professore di storia paralitico (Pierce Brosnan) nasconde sotto le rotelle una sella da centauro e, cosa più importante, lui stesso è un “mezzosangue”, figlio nientemeno che del dio olimpico Poseidone, signore degli oceani.
Ecco dunque spiegata l’origine del colore dell’iride e il motivo per cui un’arpia lo vuole uccidere: il re degli dei Zeus (interpretato da Sean Bean, già Boromir ne Il Signore degli Anelli e Ulisse in Troy) è adirato, poiché è convinto che Percy gli abbia rubato il fulmine.
Il ragazzo, ignaro della sua stessa natura, è ovviamente innocente, ma per dimostrarlo dovrà affrontare un’avventura tanto faticosa quanto avvincente, che lo porterà prima al “campo mezzosangue”, scuola di addestramento per semidei come lui, poi nella tana di Medusa (una seducente e al contempo ripugnante Uma Thurman con la testa piena di serpenti), passando per il profondo degli Inferi e la cima dell’Olimpo, momentaneamente trasferitasi sull’Empire State Building.
Uno degli aspetti più divertenti del film è proprio la ricollocazione dei punti nevralgici della mitologia greca nel mondo moderno: l’Ade, ad esempio, è situata ad Hollywood.
“Se il tuo film non ha successo – scherza in conferenza stampa il regista – quel posto può diventare davvero un Inferno. I miei figli non ce li crescerei mai, infatti vivo a San Francisco. L’idea alla base del libro, che mi è subito piaciuta, è che gli dei si spostino nel tempo e nello spazio. In tempi antichi erano in Grecia, poi sono passati in Italia, ora sono negli USA e ci resteranno finché non ci autodistruggeremo!”
Ma il film, tratto dal libro omonimo di Rick Riordan, primo capitolo di una saga che in America mette in ansia perfino Harry Potter, è una continua rivisitazione, molto intelligente c’è da dire, di situazioni proprie della mitologia classica.
“Sono cresciuto con film come Gli Argonauti, la mitologia greca mi ha sempre attratto. Volevo fare qualcosa di diverso, che potesse anche veicolare quel grande patrimonio verso i ragazzi di oggi, grazie all’uso della moderna tecnologia. La mitologia si è sempre mossa su due livelli: un lato più “dark” e complesso, paradigmatico per gli adulti, e uno che invece viene facilmente colto dai più piccoli. Anch’io ho voluto usare questo schema. Quando Medusa dice a Percy ‘una volta uscivo con tuo padre’ è una battuta pensata soprattutto per i grandi, che magari hanno accompagnato al cinema i loro pargoli”.
Il paragone con il maghetto creato da J.K. Rowling è inevitabile: del resto, Columbus ha diretto i primi due film a lui dedicati. Ma il regista sembra più preoccupato del confronto con l’imminente Scontro tra Titani, analogamente incentrato sul mito di Perseo.
Per batterlo sul tempo ha rinunciato al 3D, ma dichiara di essersi impuntato sulla resa degli effetti speciali: “Non ero soddisfatto di quelli del primo Harry Potter, ma con il sequel siamo migliorati. Stavolta ho voluto i migliori sulla piazza. Inoltre – aggiunge – rispetto all’esperienza Potter ho sentito addosso un minor carico di ansia nella trasposizione da carta a pellicola. Ho aggiunto anche un paio di idee, come l’Idra e le colonne d’acqua, preoccupandomi solo di fare il miglior film possibile”.
Nel film c’è una battuta che lascia intendere sia olimpica perfino l’origine di Barack Obama: “Se è figlio di un dio, quello è sicuramente Zeus! – ridacchia Columbus, poi torna serio – La situazione è grave in America come in tutto il mondo. Il cammino di Percy è molto più breve di quello che dovranno fare gli USA. Ma proprio per questo ritengo sia giusto soddisfare l’esigenza di evasione del pubblico. Hanno bisogno di distrarsi e non pensare per un po’”.
Immancabile, poi, la battuta sulla protagonista femminile, Alexandra Daddario, quasi omonima della famigerata Patrizia.
Columbus sgrana gli occhi quando l’interprete gli spiega di che si sta parlando, poi, glissando: “L’ho scelta perché è bella, forte e fotogenica. Le altre attrici che mi si sono presentate sembravano non mangiare da mesi. Non sarebbero state in grado di sollevare un cucchiaino, figuriamoci una spada!”
Altro personaggio femminile di rilievo è Rosario Dawson, nei panni supersexy di Persefone.
Se fosse uscito negli anni ’50, il film avrebbe potuto intitolarsi I was a teenage demigod, come quegli horror di serie B in cui il Lupo Mannaro o il mostro di Frankenstein erano degli sfortunati ragazzotti, ma il livello di Columbus è decisamente più alto.
Una nota definizione antropologica del mito ne stabilisce il carattere fondante: il mito esiste per giustificare alcuni aspetti della realtà che si ritengono fissi e immutabili. Proprio per questo, essendo la realtà mutevole, il mito deve poter cambiare, per conformarsi ai tempi.
E Columbus, grazie anche al suo passato di creatore di storie – ha sceneggiato, tra gli altri, I Goonies, Gremlins e Piramide di Paura – ne ha colto perfettamente la struttura, rendendo il plot, potenzialmente assurdo, funzionale e credibile.
Se il film avrà successo, aspettiamoci una valanga di seguiti: ci sono già altri quattro libri pronti all’uso e altri, stiamone certi, arriveranno a breve.
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