Tra le uscite del prossimo fine-settimana ci sono due film in particolare che possono essere accostati per una peculiarità: fanno dell’anacronismo la loro bandiera, sfruttando ambientazioni d’epoca caratterizzate però dalla presenza di personaggi, oggetti e situazioni che in quel momento e in quel luogo non dovrebbero esserci. Elementi di fantascienza in contesti storici. Fanta-storia, potremmo chiamarla.
Il primo, Cowboys & Aliens di Jon Favreau, interpretato da Daniel Craig e Harrison Ford, in sala con Universal, palesa le intenzioni già dal titolo. Tratto da un fumetto indipendente e bizzarro di Scott Mitchell Rosenberg, fa parlare di sé anche per la compresenza di Ford e Craig, interpreti rispettivamente di Indiana Jones e 007, due personaggi che da sempre hanno tra di loro molti punti di contatto. Del resto, dice il regista Jon Favreau che ha alle spalle i due Iron Man, “per la mia generazione Harrison Ford è come John Wayne“.
E l’attore, che nel film interpreta un personaggio non del tutto positivo – sarebbe stato certamente il ‘villain’ se non fossero arrivati gli alieni – è rimasto affascinato proprio da come Favreau si approcciava al tema dell’anacronismo: “La cosa interessante – ha detto – è che la gente del 1875 non possedeva le nostre conoscenze sui viaggi nello spazio e sulla comprensione planetaria. Quando avviene l’invasione, non hanno alcun contesto di riferimento per capire quanto sta accadendo. L’unico contesto per loro plausibile era quello dato dal predicatore della città. Gli alieni per loro erano demoni, e lo sarebbero stati per tutto il proseguire della storia”.
Anche Craig ha puntato molto sulla componente ‘cowboy’, visionando più western che poteva: “ho basato molto il mio personaggio sui silenzi di Clint Eastwood – ha detto – Ho visto molti western con Wayne, ma i miei preferiti sono quelli degli anni ’70, come Piccolo Grande Uomo“.
Non bisogna dimenticare ovviamente gli altri protagonisti della storia: visitatori da un altro pianeta repellenti, per niente amichevoli e affamati d’oro quanto gli umani, se non di più. “Abbiamo preso molto dalle classiche visioni degli alieni – dice Favreau – e traspaiono attraverso gli sguardi dei nostri personaggi. Pensate a Predator, pensate ad Alien, questa è la visione che abbiamo. Sono pericolosi, posseggono una tecnologia molto più avanzata della nostra, e al contempo conservano una brutalità primordiale”.
Anacronismi e situazioni ai limiti del surreale la fanno da padrone anche nella nuova, ennesima versione de I tre moschettieri, firmata dal Paul W.S. Anderson di Resident Evil e distribuita in sala da 01. Scoppiettante e ritmato, interpretato da un cast d’eccezione che comprende tra gli altri Milla Jovovich, Christoph Waltz, Logan Lerman (Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo) e Orlando Bloom, il film rappresenta un po’ ciò che ci piacerebbe fosse diventata la saga dei Pirati dei Caraibi dopo il primo episodio, e, pur ambientandosi idealmente nella Francia del 17mo secolo, include senza remore elementi improbabili come mirabolanti aeronavi in grado di librarsi in aria, mescolando in maniera originale il mito degli spadaccini con i film di spionaggio più moderni. Il tutto in rigoroso, spettacolare 3D.
Il che ha fornito al regista – anche se il film è girato in Germania – l’opportunità per mostrare più volte dall’alto una Parigi d’epoca perfettamente ricostruita: “Nelle versioni precedenti, nessuno aveva mai mostrato realmente la Ville Lumière – dice Anderson – Grazie agli effetti visivi, noi abbiamo potuto farlo, usando anche spazi mai visti prima. Per esempio, la Cattedrale di Notre Dame e il Louvre come erano all’epoca, i ponti favolosi che passavano sopra la senna e avevano case e negozi ai loro lati, tutti aspetti mai presentati nelle precedenti versioni. Molti pensano che una pellicola d’epoca dopo tanti film di fantascienza rappresenti un cambiamento importante, ma non concordo, perché i due generi hanno molto in comune. In un film di fantascienza devi creare i set e c’è bisogno di costruire un mondo, tutti devono indossare un costume e avere un certo taglio di capelli. Si tratta di creare un universo, proprio come quando realizzi una pellicola d’epoca. E’ così che ho affrontato anche I tre moschettieri“.
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