TORINO – E’ un film con le “quote azzurre”, Oggi insieme domani anche, il documentario partecipato a cura di Antonietta De Lillo che riunisce materiali realizzati da altri autori e montati dalla cineasta napoletana, a cui si deve anche l’idea e il coordinamento produttivo del progetto con la sua Marechiaro. Secondo film partecipato dopo Pranzo di Natale, OIDA dà la parola a molte autrici (e qualche autore tra cui troviamo Marco Simon Puccioni, Agostino Ferrente e Giovanni Piperno oltre ai montatori Pietro D’Onofrio e Giogiò Franchini) rappresentate in forza al Torino FF dove il film è passato in Festa mobile: attorno al tavolo c’erano Erika Tasini, Teresa Iaropoli, l’autrice di animazione Maria Di Razza, la giornalista Anna Maria Pasetti, che fa parte del coordinamento artistico, e Fabiana Sargentini. Che ha dato voce alle perplessità iniziali sul progetto: “Ho dovuto superare una certa diffidenza, la sensazione che ci volesse sottrarre le nostre immagini, Invece mi piace come Antonietta ha fatto dialogare questi materiali mantenendoli vivi”.
A cinquant’anni dal pasoliniano Comizi d’amore e a quaranta dal referendum sul divorzio, il film aggiorna l’immagine frammentata e in costante evoluzione dei rapporti amorosi e sessuali nelle tante accezioni: il primo amore, la convivenza, la durezza delle separazioni, la violenza familiare, il matrimonio, le conseguenze del divorzio per i cattolici esclusi dai sacramenti, le coppie gay e le famiglie omogenitoriali, la voglia di maternità e l’inseminazione, la sessualità di chi è avanti negli anni e la durata dei rapporti. A mancare all’appello è il poliamore e il superamento del modello di coppia a due, che magari sarà oggetto di futuri documentari.
De Lillo, come nasce il progetto dei film partecipati?
Con la Marechiaro abbiamo creato un format che non c’era, quello del film collettivo, a cui si è in qualche modo aggiunto anche Gabriele Salvatores con Italy in a day, che però è venuto dopo e si è ispirato a modelli non italiani. Stiamo cercando nuove forme di linguaggio per raccontare la realtà attraverso una molteplicità di sguardi. In un certo senso è una piccola rivoluzione del linguaggio, anche perché va contro l’individualismo sfrenato del cinema italiano contemporaneo e della nostra società. C’è un certo timore anche a condividere le idee, come se gli altri ce le potessero rubare, invece secondo noi più le idee circolano e più si arricchiscono, come nei movimenti letterari dei primi del Novecento.
Come lavorate?
Ognuno fa il suo film e il documentario partecipato è l’atto finale. I singoli sono liberi di far qualsiasi cosa all’interno di un tema. Nel corso di quattro anni abbiamo organizzato molte iniziative attorno all’argomento scelto, rassegne, inchieste, seminari. Quaranta registi sono stati coinvolti. E’ anche un cinema sostenibile perché le immagini possono servire per più racconti e invece di ‘decadere’ dopo un certo tempo continuano a vivere.
Si sta creando una sorta di archivio audiovisivo del presente e dalla gente comune, infatti avete scelto persone normali, coppie qualsiasi. C’è una progettualità nel commissionare i singoli pezzi?
Spesso il cinema ci mostra situazioni estreme: supereroi o mostri, mai le persone ‘normali’. Per me questi anni vanno raccontati anche al di fuori delle storie di corruzione. La scelta dei punti di vista invece è casuale, certi materiali sono stati sollecitati da noi, altri sono arrivati autonomamente. Io stessa ho contribuito al film partecipato con alcuni brani di Let’s go, il mio documentario su Luca Musella che era a Torino l’anno scorso. Non ci sono regole precise.
Come avviene il lavoro di selezione?
Non è facile, abbiamo lavorato su 100 ore di immagini arrivando a un’ora e mezza di film, fondamentale è l’apporto del gruppo della Marechiaro che visiona e sceglie spezzoni. Poi abbiamo usato l’intervista alla scrittrice Luisa Adorno e a suo marito, una coppia anziana che ha un continuo scambio ironico, per punteggiare la narrazione come avveniva in Pranzo di Natale con l’intervista a Piera Degli Esposti.
Il resto di niente, tornato da poco a circolare nelle sale, è del 2004. A quando un nuovo film di finzione?
Ho un film fermo al MiBACT in attesa di finanziamento dal 2009. Per un cavallo sciolto come me non è facile. Ma vi assicuro che farò presto un film di finzione oppure un film sulla difficoltà di fare un film. E poi ho già un nuovo progetto di documentario partecipato, L’uomo e la bestia, sui temi del rapporto con gli animali, dell’equilibrio ecologico e della salute, delle scelte alimentari e anche della bestia che è in noi.
Cosa le lascia OIDA?
Sono nata pensando che l’amore fosse la cosa più importante del mondo e questo film me l’ha ricordato. E poi penso che dovremmo accettare tutti i tipi di amore. Se non ci piace ma non ci fa male, che problema c’è?
Dai 26.900 del 2014 si è passa ai 29.700 del 2015, gli incassi da 254.369 € a 264.882, ciò per effetto del maggior numero di ingressi a prezzo ridotto per giovani al di sotto dei 26 anni e delle numerose convenzioni
Il regista danese ha accompagnato al TFF la proiezione di Terrore nello spazio nella versione restaurata: “E’ un modello di cultura pop. Questo film di grande artigianato ha in sé molti approcci stilistici del film di fantascienza e ha superato la prova del tempo. Design, costumi, scenografia risultano efficaci al pari di quelli di titoli come Blade Runner e 2001 Odissea nello spazio. Ma c’è un altro film sottovalutato che andrebbe restaurato Città violenta di Sergio Sollima, con Charles Bronson”. Silenzio assoluto sul nuovo film The Neon Demon e sul progetto tv Les Italiens
A La patota di Santiago Mitre vanno il Premio Speciale della giuria e il Premio per la Miglior attrice a Dolores Fonzi; il Premio per il Miglior attore a Karim Leklou per Coup de chaud, film di Raphaël Jacoulot che conquista anche il Premio del pubblico. Premio per la Miglior sceneggiatura ex-aequo a A Simple Goodbye di Degena Yun e a Sopladora de hojas di Alejandro Iglesias Mendizábal. A Italiana.doc premiati Il solengo di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis e La gente resta di Maria Tilli. Premio Fipresci a Les loups di Sophie Deraspe e Premio Cipputi a Il successore di Mattia Epifani
Conferenza stampa di chiusura veloce e senza polemiche. Paolo Damilano, presidente del Museo nazionale del cinema, si dichiara molto soddisfatto e ricorda che "Valerio Mastandrea, presidente della Giuria, si è stupito quanto il nostro festival sia frequentato e seguito dal pubblico". La direttrice Emanuela Martini incassa il sostegno dei vertici del Museo del Cinema e si dichiara disponibile rispetto al programma cioè “a tagliare al massimo 20, 30 titoli” e anticipa l’idea di replicare il prossimo anno la maratona cinematografica di sabato.
I Premi collaterali
Dustur di Marco Santarelli premiato due volte