Annamaria Granatello: “Al Solinas si parla di qualità e nuovi talenti”

Alla Maddalena un affollato convegno - che ha coinvolto sceneggiatori, produttori, registi e critici - ha sottolineato l'importanza di sguardi originali nel nostro cinema


LA MADDALENA – Una intensa discussione che ha impegnato, per oltre tre ore, sceneggiatori, registi, produttori, critici e giornalisti (tra cui Paola Casella, Alessandra De Luca, Federico Pontiggia e chi scrive), nel clima informale e libero del Premio Solinas. È la 37ma edizione della storica manifestazione che ricorda lo sceneggiatore e scrittore sardo Franco Solinas nel modo migliore, cioè progettando futuro. L’isola della Maddalena è per un pugno di giorni una casa per chi scrive cinema e ‘di’ cinema. Il Premio, oltre a scoprire sempre nuovi talenti, tradizionalmente si apre alle sfide del presente dando occasioni di ascolto e discussione. Qualcuno ricorda il fermento di Maddalena ’93 e il movimento di pensiero che nacque proprio qui sull’isola, contribuendo a rinnovare il cinema italiano di allora. Oggi le parole d’ordine sono “diversità”, “piattaforme”, “originalità” “nuovi pubblici”, “cinema del reale”…

Michele Pellegrini, che ha condotto l’incontro insieme alla direttrice e instancabile animatrice del Premio Annamaria Granatello, annuncia l’accordo tra 100Autori e Writers Guild Italia che prevede l’appartenenza ‘automatica’ a entrambe le associazioni per chi si iscrive a una di esse. Domizia De Rosa, a nome dell’associazione Women In Film & Television Network Italia, ricorda come “quando si parla di inclusione è perché c’è qualcuno che viene escluso”. La documentarista Federica Di Biagio sottolinea come “i film che mi hanno colpito sono quelli dove non so mai cosa accadrà nella prossima scena, quelli che mettono in discussione ciò che credo di sapere sul mondo, che sfuggono all’algoritmo”. Salvatore Mereu, in questi giorni in sala con Bentu, uno dei titoli più interessanti della Mostra di Venezia, avverte che “il Tax Credit non è una risorsa per i film piccoli, non strutturati, i cosiddetti film difficili, a cui mi sento legato da sempre”.

E mentre la produzione è più che mai vitale, come testimoniano sia Francesca Cima di Indigo Film che Francesca Longardi di Cattleya, è la serialità a raccogliere i frutti della crescente domanda di audiovisivo anche per fruizioni casalinghe. Longardi parla di “industria in grandissimo fermento con titoli come Circeo, scritto dalla vincitrice del Solinas Flaminia Gressi”, mentre stigmatizza il fatto che alla Mostra di Venezia non si citino più gli sceneggiatori durante le premiere come coautori del film. Il produttore Silvio Maselli afferma che “il Solinas opera una sintesi delle diverse anime della produzione” ovvero “l’ambivalenza del comparto”, con un’industria matura rafforzata dalla Legge e una componente artigianale e di prototipi indebolita. “Serve una politica che faccia la sintesi”, conclude. Per lo sceneggiatore Graziano Diana: “C’è una porta stretta tra domanda e offerta. Le piattaforme preferiscono avere un brand spendibile e i pitch esaltano il dio della semplificazione, rischiando di bloccare la corrente di creatività. Quanto si potevano riassumere in poche parole film come I pugni in tasca o L’uomo in più?”. E Francesco Piras rivendica la possibilità di sbagliare, “senza la quale non esiste processo artistico”. Infine Francesco Raniero Martinotti, presidente Anac, chiede che il sostegno all’audiovisivo sia gestito direttamente dal Ministero dello sviluppo economico. 

Nel convegno si è parlato di qualità delle storie anche facendo autocritica sugli errori compiuti. Una discussione molto ricca. Annamaria Granatello, riesce a tirare le somme di questo incontro che si spera proseguirà alla Festa di Roma con altre occasioni di confronto?

La domanda che ci siamo posta era ‘abbiamo commesso degli errori?’ Quello che mi è rimasto è che nessuno dei partecipanti – produttori, sceneggiatori, registi, giornalisti e critici – è stato capace di trovare una risposta, perché il problema della qualità è complesso. Quello che viene fuori è che durante la pandemia abbiamo avuto la sensazione di essere fermi, invece qualcosa si è mosso con una velocità enorme e siamo entrati in un vortice. Siamo tutti in questo vortice che è da una parte straordinario, ricco di opportunità, perché la domanda è aumentata e tutti stanno lavorando, ma dall’altra parte forse per la prima volta dopo tanto tempo ritrovandoci tutti assieme ci siamo resi conto che siamo parte attiva di un cambiamento che ci porta verso il futuro. Non possiamo tornare indietro ma allo stesso tempo non sappiamo come lo governare questo cambiamento.

In che modo possiamo farlo?

Dobbiamo interrogarci su quali storie raccontare, su come raccontarle e dove cercarle. Questo è il compito del Premio Solinas da sempre.

Il premio si rinnova continuamente perché apre nuovi fronti, penso al Green quest’anno o al discorso sulle serie. Una parola importante è l’ascolto, necessario tra creativi e industria e tra questi e i critici.

Concordo, l’ascolto è fondamentale. Nel mio lavoro la prima cosa che tento di fare è essere in ascolto delle nuove generazioni, creare le condizioni per l’emersione del talento. Quando questo talento si affaccia – e ogni anno si rinnova grazie al lavoro delle giurie – io ascolto le necessità dei nuovi autori. Questo mi permette di cercare di capire a quali porte andare poi a bussare, come far capire ai produttori e ai broadcaster che è necessario sperimentare. Sono stata fortunata perché mi hanno dato retta: Rai Fiction ha risposto alla mia richiesta per le web series e i piloti, insieme abbiamo creato un percorso. Rai Fiction fa scouting producendo dei piloti per serie tv. Oggi tutti i finalisti e i vincitori stanno lavorando, Carolina Cavalli dopo il pilota ha realizzato il suo primo film, Amanda, Valerio Vestoso è diventato uno sceneggiatore di punta di Rai Fiction e autore di programmi, adesso sta girando la serie Casa di Carlo. Quindi facciamo anche avviamento professionale.

E con Netflix?

La filosofia è stata concentrarci sulle voci nuove, anche multiculturali, con una necessità di inclusione anche di giovanissimi che non avevano esperienza. Ci sono otto progetti molto interessanti che dalle cinque pagine sono arrivati a un pilota. Netflix non prende i diritti, le storie sono libere e possono essere prodotte da qualsiasi network. Ci sono due vincitori: il primo vince anche dei soldi e, insieme al secondo, ottiene un contratto come sceneggiatore nelle writing room.

Cosa ci dice di Screen in Green?

Nasce su indicazione del Ministero della Transizione Ecologica e della Fondazione Sardegna Film Commission. Erano anni che mi domandavo come intervenire sui temi ambientali. Mi hanno cercata loro, noi abbiamo messo solo il know how.

Ci sono delle tendenze che emergono dai soggetti di quest’anno, in termini di contenuto o di sguardo?

I concorsi sono cinque – la Bottega delle sceneggiature Netflix, Experimenta Serie, il Lungometraggio, il Documentario, Green Screen – non c’è una tendenza unica. C’è una diversità di storie originali grandissima. Non posso parlare di un singolo concorso.

In questi giorni ci sono stati gli incontri tra giovani autori e produttori. C’è qualche progetto che si sta concretizzando qui alla Maddalena?

I cinquanta finalisti che sono qui stanno incontrando i produttori. I ragazzi sono soddisfatti perché sentono che le loro storie trovano interesse. Ma la risposta sulla fattibilità la potrò dare tra un mese, quando si incontreranno veramente, perché sono gli incontri personali che genereranno il prodotto. La magia di essere alla Maddalena e avere questo contatto diretto fa sì che si incontrino le persone, così nascono le scintille.

Vogliamo ricordare qualcuna delle tante scoperte del Premio Solinas, a partire da Sorrentino con L’uomo in più?

Umberto Contarello, Monica Zapelli con I cento passi scritto insieme a Claudio Fava, Enzo Monteleone, Federica Di Giacomo, Alberto Fasulo, la compianta Valentina Pedicini a cui abbiamo dedicato una borsa di studio: lei vinse il concorso e trovò il produttore per Dal profondo proprio qui.

Cosa chiede al futuro e alle istituzioni che vi sostengono?

Di continuare a riconoscere l’importanza e la potenza del lavoro che facciamo perché siamo una struttura piccola ma coinvolgiamo settanta professionisti del cinema italiano che si impegnano con dedizione nella selezione per la scoperta dei nuovi talenti. E’ un valore altissimo per l’industria. I giurati sono prevalentemente sceneggiatori, ma ora ci sono anche critici, produttori, attori, quindi una pluralità di sguardi che si pone il problema di cercare il nuovo. Questo è un valore inestimabile che è importante venga riconosciuto anche a livello finanziario. Noi lavoriamo sulle idee, sulla startup, e creiamo le condizioni perché il talento possa emergere, favoriamo la realizzazione di queste storie. Facciamo un lavoro grandissimo anche per il Ministero per il rinnovamento del cinema: se ci viene pienamente riconosciuto a livello finanziario possiamo diventare veramente internazionali.

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