Anna e Fabiana, (auto) ritratto d’artista per madre e figlia

Alla Festa del cinema di Roma 2023 il documentario La pitturessa di Fabiana Sargentini, dedicato a sua madre Anna Paparatti


Fabiana Sargentini è una regista che lavora sull’autobiografia e sulla auto rappresentazione, sul corpo della donna e sul tempo femminile, anche quello del concepimento e della gestazione (umana come artistica). Non sorprende quindi che abbia dedicato a sua madre, Anna Paparatti, un film, La pitturessa, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2023. Si era già occupata di suo padre, Fabio Sargentini, uno dei più importanti galleristi romani, scopritore di talenti artistici d’avanguardia negli anni ’60 e ’70. Ma con La pitturessa fa un passo ulteriore, bene in linea anche con i temi dell’identità femminile sviluppati in opere come Se perdo te (1998), Sono incinta (2003), Di madre in figlia (2005), come nel lungometraggio del 2011 Non lo so ancora scritto insieme al critico Morando Morandini, sull’attesa dell’esito di un test di gravidanza come momento di autoconsapevolezza e riflessione sulla propria vita.

Come un magnete che attrae lo spettatore in un movimento morbido ma incessante e centripeto, la figura di Anna Paparatti, 87 anni, artista appartata ma “ineluttabile”, come dice lei stessa, ci conquista. Le sue opere sono mandala, labirinti e giochi dell’oca, con una forte ispirazione nelle culture dell’Asia e in particolare dell’India. I suoi abiti, i monili che indossa, ogni dettaglio ne fa un’artista unica. Eppure sommersa. Come compagna per lunghi anni di Fabio Sargentini è stata l’anima della galleria L’Attico. Eppure per una sua grande personale bisogna attendere la mostra a New York del 1994 voluta da Annina Nosei, grande gallerista e scopritrice di Basquiat, intitolata I love Buddha. Mentre nel 2022 è un’altra donna, Maria Grazia Chiuri, a chiamarla per curare le scenografie delle sfilate della Maison Dior a Parigi. I suoi quadri, poi, compaiono nel film di Luciano Salce Ti ho sposato per allegria del 1967 con Monica Vitti e Giorgio Albertazzi e il documentario dedica a questo uno spazio congruo.

Oggi, in una casa sul Lungotevere che è un labirinto, un nido, un museo e un atelier, Anna si confronta con la figlia in un dialogo sincero che illumina il suo percorso artistico e umano. La pitturessa uscirà al cinema a febbraio 2024 distribuito da Lo Scrittoio.

Fabiana, avevi già realizzato un film su tuo padre, ora parli di tua madre.

Sì, era un lavoro commissionato da Raisat Arte. Io avevo proposto di fare un film sugli artisti di San Lorenzo, loro avevano rilanciato con questa idea che all’inizio mi mise un po’ in difficoltà perché dovevo parlare di mio padre. Quanto quello era un film maschile, vincente, La pitturessa è femminile, interiore.

Yang e Yin. Credo che andrebbero visti insieme.

Hai ragione. Qui mia madre racconta tanto anche dell’esperienza de L’Attico, naturalmente, di cui è stata protagonista e di cui curava tutta la parte grafica. Del resto aveva fatto l’Accademia con Pino Pascali e Jannis Kounellis, era parte di quel mondo.

L’esperienza con la Maison Dior è stata determinante.

Il documentario nasce da lì. Venne a casa di mia madre Edoardo Winspeare per girare dei piccoli film per Instagram che erano preparatori alla sfilata. Lui stesso mi disse: questi materiali sono il primo passo del tuo film.

L’India è una fonte di ispirazione costante per Anna.

Ci furono cinque viaggi in India. Lei aveva avuto una fascinazione per l’Oriente fin da giovane, la Turchia prima, quindi l’India. Ricordo che baciava per terra quando scendeva dall’aereo, cosa che a me, ragazzina, faceva anche un po’ impressione. Ci sono le polaroid che erano per un libro, IndiAnna che speriamo di farle pubblicare. Anche La pitturessa era il titolo di un libro di ricordi degli incontri con i grandi dell’arte – De Chirico, Duchamp, Tristan Tzara – libro che poi è uscito come Arte e vita a Roma negli anni ’60 e ’70.

Nel film c’è spazio anche per tuo marito Luca Padroni, artista, e per tuo figlio Flaviano.

Per me è normale coinvolgere la mia famiglia nei miei lavori, mescolare privato e pubblico è il mio modo di fare. Anche se con Luca c’è un pudore perché non volevo emulare il rapporto creativo tra mio padre e mia madre. Flaviano ha coniato lui il termine “pitturessa” ed è sempre lui a chiamare la nonna “mumma”. Con Anna ha un rapporto fondato sull’arte, lei gli insegna tutto.

Il film mostra come sia stato difficile, se non impossibile, per una donna affermarsi nel mondo dell’arte nonostante il suo talento. Anna Paparatti dipingeva per se stessa e non per il mercato. Quanta strada è stata fatta e quanta ce n’è da fare?

Un po’ di strada è stata fatta ma altra ne resta. Anna è un forte esempio di coraggio e libertà, io mi rispecchio in lei, attraverso il film su mia madre, mi (ri)metto in scena. È un regalo reciproco. Sicuramente lei ha raggiunto una serenità, è una persona risolta. Quando le chiedo se mio padre ed io le abbiamo rovinato la vita, lei risponde di no con convinzione sincera.

Quando un nuovo lungometraggio di finzione, Fabiana?

Ci sto lavorando da tempo, per ora non dico altro.

 

Cristiana Paternò
22 Ottobre 2023

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