Angelo Spagnoletti è nato in provincia di Benevento 29 anni fa. Dopo il liceo, a 19 anni, ha deciso di andare via dal suo paese e trasferirsi a Roma per rincorrere il sogno di diventare un attore. Si è diplomato al Centro sperimentale di cinematografia e nel 2016 ha debuttato nella web-serie di RaiPlay Genitori vs Figli, per poi diventare protagonista maschile della serie di Netflix Generazione 56k. Oggi dopo un’esperienza anche sul set di Indiana Jones e il quadrante del destino, l’attore cerca di fare progetti di qualità che affrontino tematiche su cui riflettere. Come la serie Circeo (attualmente in onda su Rai1), sul tragico fatto di cronaca del 1975 che vide coinvolte Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, di cui Spagnoletti è tra i protagonisti, al fianco di Greta Scarano e Ambrosia Caldarelli, nei panni del fotografo Saverio Vitale, personaggio ispirato al fotoreporter Antonio Monteforte che realizzò il simbolico scatto di quel massacro.
Angelo, nonostante racconti un fatto di cronaca degli anni Settanta, Circeo dimostra come purtroppo ancora oggi quello storia è più che mai attuale.
Sono passati quasi cinquant’anni da quel massacro e la violenza nei confronti delle donne e i femminicidi non si fermano. Circeo è una serie attualissima che ci fa riflettere sul genere umano, non solo su quello maschile. Fino a quando si guarderà il mondo in modo violento e ossessivo, purtroppo accadranno cose del genere. Quello che mi ha messo i brividi, è vedere quanto i ragazzi che hanno commesso quelle atrocità (Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido) avessero una smania di onnipotenza e si sentissero padroni di tutto, avendo già commesso reati e violenze. Il male è nell’uomo, purtroppo, però lo è anche il bene fortunatamente.
Infatti nella serie tu rappresenti un uomo perbene.
Non si possono identificare gli uomini solo come dei mostri, perché altrimenti il mondo sarebbe già finito da tempo. Questa sceneggiatura è ben scritta proprio perché non riduce il genere a semplificazioni. C’è un equilibrio e Saverio rappresenta un maschio positivo. È un uomo del popolo, che lotta per un credo ideologico. L’avvocato Teresa Capogrossi (Scarano) a un certo punto della serie dice: “Qui non cambierà mai nulla”. E Saverio le risponde: “Qualcuno avrete comunque cambiato”.
Che progetti ti interessano?
Quelli che facciano riflettere, e parlino di tematiche importanti, anche con più leggerezza. Teatro e cinema nascono come operazioni collettive che riguardano tutti, che ci fanno domandare chi siamo, dove stiamo andando, come possiamo cambiare noi stessi, per condurci verso un’evoluzione dell’anima.
Fare l’attore è un lavoro di responsabilità o non bisogna prendersi troppo sul serio?
L’attore ha un ruolo sociale importante e chi lo fa ha una certa responsabilità nei confronti di se stesso e del pubblico. Poi è anche giusto, in determinate situazioni, non prendersi troppo sul serio. Questo è un mestiere che ti può far sentire orgoglioso di ciò che interpreti e racconti, e che io faccio per un fine più alto.
Fai parte di una nuova generazione che cerca di emergere nel mondo dello spettacolo. Quanto è difficile farsi strada?
Oggi c’è un iper produzione di progetti e rimanere impressi nel pubblico non è semplice. Un tempo se eri protagonista di un film o una serie quel lavoro riuscivi a portarlo avanti per molto tempo, mentre ora sei sovrastato da tante altre cose che escono nel mentre. Il cinema produce molto di più, come la serialità che può coinvolgerti per più mesi facendoti approfondire un personaggio, e questo dà grandi opportunità. Ma non tutto quello che si realizza è sinonimo di qualità e la sfida è poter scegliere sempre buoni progetti che abbiano una visione e ti facciano crescere, e questo non è scontato.
Hai recitato anche nell’ultimo di Indiana Jones. Che esperienza è stata?
Ho fatto un piccolo ruolo in un contesto immenso, quasi fiabesco per quanto era surreale. Un’avventura che non avrei mai pensato di affrontare. Ho conosciuto Harrison Ford, un uomo incredibilmente alla mano con cui ho parlato in più occasioni. Mi sono innamorato del cinema proprio guardando da piccolo la trilogia di Indiana Jones con mio padre. E far parte di questo film, anche se in piccolo, è stato meraviglioso.
Con chi ti piacerebbe lavorare?
Matteo Garrone e Mario Martone sono due registi italiani che stimo particolarmente. Se devo fare un nome internazionale, scelgo Paul Thomas Anderson. Questo lavoro è come stare su una barca in alto mare. Andando al largo puoi trovare la tempesta o il mare calmo. Io spero di continuare a fare bei progetti come quelli che mi sono capitati fino ad oggi, italiani o internazionali fa lo stesso.
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