Andrey Zvyagintsev: come combattere un leviatano

Tra gli ultimi film del concorso c’è, Leviathan, del russo Andrey Zvyagintsev, pellicola intensa, tra dramma e commedia nera, dal sapore kafkiano


Il titolo rimanda al contempo alla vicenda biblica di Giobbe e alle teorie del filosofo Thomas Hobbes, che nel Leviatano (un misterioso mostro marino) vedeva l’incarnazione di uno Stato opprimente e calcolatore. Il sindaco di una cittadina sul Mare di Barents, estrema Russia nord occidentale, vuole il terreno in cui sorge la casa di Kolia, un  meccanico che vive con la moglie  e il figlio adolescente. Lui non ci sta, e chiama ad aiutarlo un vecchio compagno d’armi, avvocato della capitale. Il sindaco, però, non intende cedere, aiutato dalla polizia corrotta e dalla Chiesa ortodossa,  complice del potere. Il mondo di Kolia è destinato a crollare per una drammatica catena di eventi. Il regista Zvyagintsev ci racconta la genesi del film e il suo rapporto con il governo russo, che ha deciso di sostenerlo e finanziarlo.

Ci racconti la genesi del film. Cosa è venuto prima? Il Leviatano o la società russa? Cosa ha ispirato cosa?

All’inizio del 2008 un’amica mi raccontò di un uomo che abitava in Colorado e si era rivoltato contro il potere impossessandosi dei bulldozer che volevano distruggere la propria casa e distruggendo dei palazzi in autonomia, per protesta, prima di suicidarsi. Ho pensato che la storia potesse essere trasposta in ogni parte del mondo e quindi l’ho portata in Russia, il posto che ovviamente conosco meglio. Solo successivamente, mentre scrivevo, mi sono reso conto che c’era una sorta di pre-soggetto, ovvero la storia di Giobbe nella Bibbia. Non volevo esattamente raccontare la sua storia ma è stato un punto di partenza. Nel film si parla anche di religione e di tutti i suoi aspetti. C’è un vescovo ortodosso ai vertici della Chiesa e un prete di una parrocchia, e ognuno di loro parla di Dio come sa fare. Gli ho dato un equilibrio. Il prete è una persona semplice e pura, non è un fariseo ma un uomo sincero. Ho cercato di equilibrare gli elementi.

Parliamo del tono. Perché ha deciso di alternare così rapidamente dramma e commedia?

Perché è una storia realistica. Sa, i greci allungano il vino con l’acqua per non ubriacarsi troppo, così io penso che vadano inseriti dei momenti di commedia nel dramma per renderlo più sopportabile. Non era una decisione aprioristica, ci si rende semplicemente conto che nella vita reale dramma e commedia coesistano. Mi fa piacere aver sentito spettatori stranieri ridere di gusto a certe battute.

I suoi protagonisti buttano giù Vodka come fosse limonata. L’alcoolismo è un problema presente nel suo paese?

Il ministro della cultura russo, a cui l’ho presentato e che ha deciso di finanziarlo, mi ha detto che secondo lui in Russia non si beve così, e mi ha detto che il film era ben fatto ma che non gli piaceva. Lo capisco, abbiamo visioni diverse, io mi occupo solo d’arte mentre la sua visione non può che essere politica. Certamente non voglio che si pensi che la Russia sia solo la Vodka. Però ci sono delle usanze innegabilmente legate all’uso dell’alcool. Voglio dire, per sport si beve una bottiglia di Vodka tutta d’un fiato senza mangiare. Si fa a gara a chi resiste di più. E d’altro canto in Giappone non bevono mica di meno. Comunque, come farebbe Kolia a resistere a tutto quello che gli succede, se non bevendo?

Ma se il film è stato finanziato dallo Stato, si è sentito libero di criticarlo o ha temuto problemi e ripercussioni?

E’ un problema di tutti quelli che lottano per la libertà e la verità, in ogni parte del mondo. Noi cerchiamo solo di parlare di certi problemi nella maniera più chiara e sincera possibile. Il nostro obiettivo è solo un confronto onesto con il governo. Il ministro della cultura è una persona con una posizione ferma ma rispettabile, ha degli obiettivi precisi. Noi, dal nostro lato, abbiamo il compito di portare la luce e dare speranza agli uomini di poter dire che le cose vanno bene. Ci sono persone che vedono le cose in altro modo, ma sono contento che alla fine un film come il mio sia stato finanziato e spero che si trovi un unto di incontro.

Come vivono gli artisti in Russia? Consiglierebbe ai suoi colleghi di trasferirsi altrove?

Non darei consigli a nessuno. Io ho intenzione di restare in Russia e continuare a fare cinema. Non voglio fuggire alla domanda, ma non ho molto altro da dire. Bisogna pensare a quello che si può fare a propria misura. Il film è stato fatto, lo abbiamo realizzato, lo abbiamo presentato al Ministero che lo ha sostenuto finanziariamente, per il momento, va tutto bene. Ho anche detto al ministro che ho altri progetti e mi ha detto di inviargli le sceneggiature. Spero che si riesca a portarli a termine, tutto qui.

E come la mettiamo con le parolacce?

Pare che in Russia stiano per firmare una legge che ne vieta l’uso nei film… Sì, ma passerà dopo luglio, e io farò naturalmente in modo che il mio esca prima. Comunque, non penso proprio che abbiamo esagerato. Ogni dialogo era studiato e ci siamo chiesti se era proprio necessario farli parlare in quel modo. Ebbene, lo era. E’ un linguaggio realistico, vivente. Data la storia che racconto, non potevo usarne un altro.  

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23 Maggio 2014

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