VENEZIA – Alla Mostra del Cinema lo stakanovista James Franco ama far debuttare i suoi film da regista: stavolta arriva con In dubious battle (presentato in Cinema nel giardino) tratto dall’omonimo romanzo (uscito in Italia con il titolo ‘La battaglia’), scritto da John Steinbeck nel 1936.Nel film, coprodotto dall’italiana Ambi Pictures, viene messo in scena lo sciopero negli anni della Grande Depressione di braccianti raccoglitori di frutta, in una contea californiana, guidati da Jim Nolan (Franco) contro i proprietari terrieri che gli hanno pagato molto meno di quanto pattuito. Uno scontro che va avanti fino alle estreme conseguenze. Un violento contrasto sociale con un’eco anche nell’oggi.
”Non mi riferisco solo a Trump, oggi nei nostri leader in generale c’è una mancanza di interesse verso le classi lavoratrici – dice Franco, rispondendo a chi gli chiede un parallelo con la situazione attuale -. Finché sarà una minoranza a gestire la gran parte della ricchezza gli scontri sociali saranno inevitabili”. A fianco all’attore e regista nel cast ci sono, fra gli altri, Robert Duvall, Bryan Cranston, Nat Wolff, Selena Gomez, Ed Harris, Ashley Greene e Austin Stowell.Franco, che ha già firmato trasposizioni, fra gli altri, da libri di Faulkner (As I lay Dying), McCarthy ( Child of God), ed un biopic su Bukowski, nel trarre un film da Steinbeck, si è sentito ‘a casa’.
”Da regista ho cominciato ad adattare molti dei libri che ho amato da studente – spiega -. Sento che è il percorso che mi appartiene come cineasta. Steinbeck (di cui Franco aveva già portato in palcoscenico Uomini e topi) è cresciuto come me in California, è andato in college a Stanford, vicino a casa mia. Sono cresciuto con i suoi libri, mi riconosco nella sua lingua e i suoi personaggi”. ‘La battaglia’ non è il il suo romanzo più famoso – dice – ma mi interessava mettere in scena quel conflitto inarrestabile. Si prestava bene alla realizzazione cinematografica. Ho cercato di essere il più possibile fedele allo spirito della storia”.Per lui essere attivi in più campi artistici è una necessità: ”Sento che fa tutto parte dello stesso progetto. Anche se a volte ho il timore di poter essere malgiudicato nel campo dell’arte o come scrittore perché faccio l’attore. Gli artisti sono sensibili e possono farsi schiacciare dalle critiche, ma io non mi faccio fermare. Forse mi servirebbe – aggiunge scherzando – un alter ego che interpretasse il mio ruolo e mi consentisse di proporre le altre mie cose con uno pseudonimo… ma non ce l’ho e va tutto a nome mio”.ù
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"