Si avvicina il Natale e le sale si riempiono, oltre che di cinepanettoni e blockbuster, di film che suscitano i buoni sentimenti e predispongono alla riscoperta dei sani valori di stima e affetto reciproco che dovrebbero sostenere ogni buona famiglia.
Risulta allora perfettamente pertinente la scelta di Teodora di far uscire il 6 dicembre, in una ventina di copie, il delizioso Almanya – La mia famiglia va in Germania di Yasemin Samdereli, regista tedesca di origini turche che assieme a sua sorella, la sceneggiatrice Nesrin, mette su una commovente storia familiare “on the road”, campione d’incassi in patria, che ricorda vagamente Little Miss Sunshine e – perché no – il cinema dei fratelli Coen. “Sono lusingata di essere paragonata a questi grandi cineasti – dice la regista -per noi che siamo alle prime armi è un gran complimento. Ho iniziato a studiare giovanissima, poco più che ventenne al corrispettivo tedesco del Centro sperimentale. Mia sorella, pensate, allora aveva 14 anni e già scriveva. Così la “sfruttavo” chiedendole di buttare giù belle storie. In questo modo l’ho coinvolta e spinta a lavorare nel cinema. Ora scriviamo separatamente, anche perché io abito a Berlino e lei ad Amburgo. Poi ci mandiamo le rispettive versioni delle scene e iniziamo a lavorarci su, modificandole. A volte gli sviluppi sono del tutto diversi ma il confronto è molto produttivo. Non pensavamo comunque di ottenere tutto questo successo: dalla Finlandia agli USA, da Singapore a Buenos Aires, abbiamo girato il mondo. Credo sia piaciuto il fatto che il film, a differenza di altre pellicole turco-tedesche, affronti i suoi temi con leggerezza. I turchi hanno apprezzato perché finalmente parliamo di persone normali, senza dover etichettare l’etnia come vittima o carnefice. E ai tedeschi è piaciuta l’idea di vedersi descritti secondo l’ottica degli immigrati stranieri”.
La pellicola affronta in maniera divertente i pregiudizi di ciascuna cultura nei confronti dell’altra. I tedeschi certo considerano i costumi degli immigrati turchi, che poi negli anni ’60 hanno fortemente contribuito al boom economico del paese, alquanto bizzarri, ma, d’altro canto, i bimbi turchi sono terrorizzati da un popolo il cui simbolo è un uomo morto su una croce, di cui ogni domenica si mangiano le carni e si beve il sangue.
Qualche anno fa ha fatto scalpore un’affermazione di Angela Merkel secondo la quale il multiculturalismo in Germania sarebbe morto e sepolto. “Il dibattito è forte – afferma ancora Samdereli – ma noi, che pure seguiamo la politica, non abbiamo voluto farci influenzare. Abbiamo voluto soprattutto raccontare una storia personale. Va anche detto che poi nel 2008 la Merkel ha organizzato un grande evento, che si vede anche nel film, per dire grazie a tutti gli immigrati che a suo tempo fecero del bene al paese, e noi stesse siamo state invitate a una tavola rotonda con lei e il premier turco Erdogan. Non è facile per me capire cosa stia accadendo in Turchia, del resto non ci ho mai vissuto, sono io per prima un’estranea. So che l’economia al momento è florida e che politicamente siamo di fronte a una scacchiera, ma non saprei indovinarne i prossimi sviluppi. Sento molto forte la questione curda, perché ho lì le mie radici, e quella della libertà religiosa”.
La regista, che nelle sue influenze cita Lubitsch, Chaplin, Bergman e il primo Allen, ha collaborato in passato con i creatori della celebre serie Kebab for Breakfast: “Ma non ci ha influenzate granché – dice – anche perché il copione di Almanya ha ormai dieci anni, e quando lo abbiamo concepito il programma tv non c’era. Solo nel 2009 siamo riuscite a mettere insieme i fondi necessari a girarlo, circa 4 milioni di euro tra la casa di produzione Roxy, finanziamenti esterni e la partecipazione di un’emittente televisiva che però abbiamo trovato molto tardi”.
Ma come vivono i turchi tedeschi questo particolare momento storico? “Non legherei la crisi a una particolare etnia – dice la regista – se qualcuno non ha i soldi per vivere è un infelice, qualunque sia la sua provenienza. In generale, comunque, le differenze si stanno appianando, soprattutto per ciò che riguarda la struttura familiare. La famiglia in Turchia è uno degli elementi più importanti della società. Di solito è grande e unita e si tende a fare molte cose insieme. Ora, un po’ come nel resto del mondo, si tende alla disgregazione. E’ sempre più raro, ad esempio, che tutta la famiglia viva fisicamente nello stesso luogo. Tra cinquant’anni la Turchia sarà come il resto d’Europa”.
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