VENEZIA – Cosa sono gli artisti se non creatori di illusioni, artefici di mere rappresentazioni del reale? È così senz’altro per la regista italiana Alice Rohrwacher e l’artista parigino JR, che hanno unito i rispettivi talenti e creatività per dare vita a un piccolo cortometraggio che è stato presentato fuori concorso alla 81ma Mostra del Cinema di Venezia. In appena 20 minuti, Allégorie Citadine ci fa vedere la Capitale francese, con i suoi inconfondibili tetti blu, dagli occhi di Jay, un bambino di sette anni, la cui curiosità lo porterà a svelare la verità nascosta di cui Platone parlava due millenni e mezzo fa con il suo celebre mito della Caverna, uno dei pilastri fondativi della filosofia occidentale.
“Cosa si nasconde dietro il movimento quotidiano di una città? – dichiarano i due autori che co-firmano la regia del corto – Lo scorso inverno ci siamo incontrati a Parigi e abbiamo iniziato a discutere dell’Allegoria della caverna esposta da Platone nella Repubblica. Il mito immagina un’umanità in catene, che, rivolta verso il fondo di una caverna, osserva le ombre muoversi sulle pareti e crede che quella sia la realtà. Lavoriamo entrambi con le immagini, che possono certamente essere illusioni, ma anche diventare strumenti di lotta e liberazione del pensiero. Così, da questa discussione, abbiamo deciso di creare un cortometraggio. Avevamo alcune idee fisse – la caverna, la danza, la città che ci circonda – e una domanda: cosa succederebbe se riuscissimo tutti insieme a voltarci verso l’uscita della caverna? Forse non basta affermare che le immagini sono illusioni finché le catene che ci legano sono reali”.
A mostrare la via verso la verità al piccolo Jay è nientepopodimeno che Leos Carax, nei panni di un regista teatrale che deve provinare la madre del bambino per uno spettacolo di danza incentrato proprio sul mito platoniano. Rivelatogli le arcane parole del filosofo, Jay andrà alla ricerca della verità dietro le illusioni del nostro mondo reale, di quella quotidianità urbana che tutti conosciamo. La risposta sarà presto rivelata e avrà le sembianze delle tipiche installazioni di JR, celebre per ricoprire gli edifici di collage site specific.
Il contributo della nostra Alice Rohrwacher sta in una regia un po’ diversa da quella sognante a cui ci ha abituato. Tamburi ancestrali e inquadrature a picco dall’alto ci portano da subito in una condizione straniante e inquieta, anticipazione del percorso catartico che dovremo affrontare. C’è poi la componente della danza che da argomento del film diventa presto sostanza per dare compiutezza a un’opera figlia di un felice connubio artistico. Presentato subito dopo il divertentissimo Se posso permettermi – Capitolo II di Marco Bellocchio, Allégorie Citadine riesce a fondere, cinema, arte visiva, musica, danza e filosofia in un perfetto crogiolo di tutte le espressioni artistiche.
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