Il Museo Nazionale del Cinema presenta alla Mole Antonelliana la mostra Cinema Neorealista. Lo splendore del vero nell’Italia del dopoguerra (4 giugno – 29 novembre) a cura di Alberto Barbera, con la collaborazione di Grazia Paganelli e Fabio Pezzetti Tonion. Attraverso fotogrammi e sequenze di film, documenti, manifesti, materiali pubblicitari, testi e sceneggiature originali, frammenti d’interviste, note di produzione, lettere e dichiarazioni, la mostra propone un’originale rilettura di quell’esperienza, percorrendone le tappe più significative: dall’influenza di alcune esperienze anticipatrici degli Anni Trenta e dei primi Anni ’40 (il Renoir di Toni, i film di De Robertis), alle figure centrali del neorealismo (Rossellini, De Sica, Visconti, Lattuada, De Santis, Lizzani), ai principali collaboratori (gli sceneggiatori come Suso Cecchi D’Amico, Sergio Amidei e Cesare Zavattini), per giungere sino all’eredità neorealista rintracciabile in numerosi film di autori del cinema contemporaneo di tutto il mondo.
Il percorso espositivo si sviluppa all’interno dell’Aula del Tempio, cuore del Museo Nazionale del Cinema, e presenta una varietà di materiali unica nel suo genere: oltre 180 tra fotografie e documenti, 15 manifesti, 23 monitor che ripropongono sequenze tratte da 55 film intervallate da documenti, interviste e foto, alle quali si affiancano 8 interviste esclusive.
Lo spazio sotto i grandi schermi è occupato da un’installazione dedicata alla definizione del neorealismo. Su tre monitor scorrono gli interventi di registri e intellettuali (da Rossellini a Pasolini, da Moravia a Godard) che raccontano la loro idea del cinema neorealista. Ai lati, due spazi riservati a quello che potremmo definire il ‘pre-neorealismo’, facendo riferimento alla tradizione del realismo francese e a un certo cinema italiano degli Anni Trenta, lontano dalla stagione dei cosiddetti “telefoni bianchi”.
La mostra prosegue poi sulla Rampa Elicoidale, con tre sezioni dedicate ai registi centrali del neorealismo – Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti – con foto, documenti, manifesti, sequenze di film. Una quarta sezione, infine, è dedicata a Carlo Lizzani, Giuseppe De Santis e Alberto Lattuada. Al termine di questo percorso autoriale, un monitor su cui scorre una selezione di Cinegiornali dell’epoca dedicati ai film e ai registi in mostra.
In cima alla rampa, ulteriori sei percorsi percorrono altre “strade” essenziali di questa rivoluzione che ha coinvolto il cinema a tutti i livelli, a partire dall’esperienza del documentario – con Michelangelo Antonioni che nel ’39 inizia a girare Gente del Po – fino al lavoro prezioso degli sceneggiatori, che hanno contribuito a delineare i canoni della scrittura filmica di quegli anni: Cesare Zavattini, Sergio Amidei e Suso Cecchi D’Amico.
La terza sezione è un omaggio a Francesco Rosi, Pietro Germi, Citto Maselli e Renato Castellani, tutti registi che, tra gli Anni Cinquanta e Sessanta hanno ampiamente accolto la lezione del neorealismo, adeguandola al veloce cambiamento della società. ‘L’eredità’ è il tema della quarta sezione, con un montaggio di film, che dagli anni Sessanta ai nostri giorni, si sono ispirati al neorealismo nel loro modo di osservare la realtà.
Nella quinta sezione 8 registi raccontano in altrettante interviste esclusive il loro rapporto con il neorealismo: Bernard Tavernier, Davide Ferrario, Edgar Reitz, Abderrhamane Sissako, Marco Bellocchio, Robert Guédiguian, Martin Scorsese e Bernardo Bertolucci. L’ultima sezione è dedicata ai materiali di archivio, fondamentali perché grazie ad essi la memoria del cinema è stata salvaguardata e tramandata. Fotocopie con documenti, lettere, contratti, recensioni, pagine di sceneggiature, soggetti e altro ancora sono consultabili in una sorta di piccola biblioteca conclusiva per approfondire tutto quello che si è potuto vedere in mostra.
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