ALFIO BASTIANCICH


Alfio Bastiancich, produttore di film di animazione e grande esperto del settore, è il direttore di “Cartoons on the Bay”, il più adatto a trarre un bilancio dell’iniziativa, nata nel 1995. A lui chiediamo innanzitutto cosa è cambiato in Italia da quella data. “Quasi tutto. Quando cominciammo la produzione di cartoni animati nel nostro paese era zero. L’animazione si faceva solo per gli spot pubblicitari, per Carosello. Rarissimi i lungometraggi d’autore. E questo mentre Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna erano già molto avanti. Per non parlare degli Stati uniti. E’ stato merito della Rai, che ha inventato e tuttora gestisce il Festival aver deciso di investire nel settore per invertire la tendenza”.

Inizialmente il festival era ben più modesto di quello attuale, se non ricordo male non più di una quarantina di operatori.
Sì, si riunivano subito dopo il Mip di Cannes per dare un premio ai cartoni pensati per la tv; e per discutere dei loro problemi. Oggi l’appuntamento di Positano è diventato molto più grosso anche perché la nostra sfida è stata di non limitarci a proiettare i film d’autore, come in genere avviene ai festival, ma di accostarli alla produzione industriale, coinvolgendo anche i grandi hollywodiani: Disney, Warner, i giapponesi. Inducendoli ad accettare la competizione con gli europei, che non avevano mai avuto prima uno status industriale. Così il Pulcinella Award si è affermato come premio culturalmente molto qualificato, ma per opere capaci di affrontare anche il grande mercato. Forse il più prestigioso. E ormai infatti della nostra manifestazione si occupano tutti i grandi organi della stampa specializzata, a cominciare da “Variety”.

“Cartoons on the bay” è importante anche per i convegni che si svolgono parallelamente alla proiezione dei film.
Discutiamo qui di tutti i problemi dell’animazione: produttivi, creativi, del merchandising, che sta diventando una voce essenziale degli introiti. Anche di quelli etici. E’ qui, già nel ‘96, che si è stilato il codice di autoregolamentazione, un passo essenziale perché il pubblico dei cartoni è soprattutto composto di bambini. Ma proprio attraverso quella discussione abbiamo scoperto che c’è anche un pubblico maturo, attento alle raffinatezze di linguaggio.

C’è ancora molta distanza tra il mondo del cinema-cinema e quello dell’animazione?
Abbiamo cercato di ridurla anche attraverso le iniziative del festival cui abbiamo invitato, rendendoli protagonisti di eventi mediatici, personaggi autorevoli della cultura e dello spettacolo: sceneggiatori, gente di teatro, registi, musicisti. Ne sono nati tanti sogni e progetti e moltissimi ci hanno detto di aver scoperto qui il valore artistico, e cinematografico, dei cartoni.

A che punto è l’animazione italiana del 2001?
Sono in lavorazione ben tre lungometraggi di grandi autori: Momo di D’Alò, ormai notissimo dopo La freccia azzurra e La Gabbianella e il gatto, L’Aida di Manuli e Joan Padan, di Cingoli, che per la prima volta vede al lavoro un uomo di teatro del prestigio di Dario Fo. E poi ci sono 7-8 film in pre-produzione (Pinocchio, sempre di d’Alò, Mamouth di Bozzetto, fra gli altri. E molte serie tv, prima fra tutte La famiglia Spaghetti, sempre di Bozzetto. In pochi anni siamo cresciuti, come si vede.

autore
10 Aprile 2001

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