Alessandro Lai, l’intervista al costumista di ‘Magnifica presenza’

Rinnovata la selezione dei costumi di scena dell'esposizione di "Cinecittà si mostra" abbiamo colto l'occasione per scoprire quali sono i segreti della creazione dell'abito indossato da Margherita Buy nel film 'Magnifica presenza' diretto da Ferzan Özpetek


In occasione del nuovo allestimento dei costumi nei percorsi espositivi di “Cinecittà si Mostra“, il dipartimento educativo propone un programma di quattro appuntamenti destinati al pubblico degli adulti con delle speciali visite guidate agli abiti di scena e laboratori didattici rivolti ai i bambini per conoscere da vicino il mestiere del costumista. Con domenica 7 e 21 aprile prendono il via le speciali visite guidate sui costumi, proseguendo poi il 12 e 26 maggio 2024 alle ore 11.30.

Con il rinnovo della selezione dei costumi di scena abbiamo intervistato il costumista italiano Alessandro Lai, creatore della mise di Margherita Buy per Magnifica presenza ospitata alla mostra grazie al prestito della sartoria Tirelli. Lai, storico collaboratore di Ferzan Özpetek, che proprio per questo film si è aggiudicato il Nastro d’argento, ci ha raccontato alcuni segreti del mestiere.

Da dove nasce la sua passione per questo mestiere e a quale età ha sentito l’esigenza di iniziare a lavorare nel campo del cinema?

“È la passione della mia vita da quando sono adolescente e nacque a sedici anni, da un profondo amore per Luchino Visconti e Piero Tosi. Tutto chiarissimo. Mi sono iscritto a Lettere all’Università di Cagliari, sono stato a Parigi in Erasmus e poi ho scelto di fare una tesi proprio su Piero Tosi e il suo lavoro con Luchino Visconti. Chiamavo la sartoria Tirelli per cercare di parlare con Tosi e, all’età di ventidue anni, scrissi una lettera alla quale mi rispose un anno dopo. È una storia vera! Venni poi a Roma per incontrarlo e lui rimase molto impressionato perché con il mio Apple dell’epoca, che sembrava un Lego, avevo schedato tutto il lavoro di cinema, teatro di prosa e teatro lirico di Tosi. All’epoca non c’era internet e raccolsi tutto andando in giro a Parigi, per le biblioteche ecc. Sistemai tutto il suo lavoro con locandine, la sinossi di ogni progetto e per ciascuno tutti i documenti che raccontavano il lavoro sul costume rispetto all’iconografia artistica tra cui i macchiaioli, i dagherrotipi, Il gattopardo. Poi, una settimana dopo la mia laurea, Tosi mi propose di andare a fare la gavetta presso la sartoria Tirelli. Mi presentò Dino Trappetti, il proprietario della sartoria, a cui devo tutto per la fiducia che mi ha dato nel mettermi dentro la sartoria come ragazzo tuttofare e dove imparai il mestiere. Sono stato fortunatissimo perché io ho un bellissimo ricordo di quegli anni, era come una famiglia e una scuola di alto perfezionamento molto selettiva – e anche un po’ snob. Lì conobbi Gabriella Pescucci, Milena Canonero, Maurizio Millenotti, lì ci transitava il mondo. Alla sartoria mi feci degli amici, tra cui Carlo Poggioli, Massimo Cantini Parrini, con quest’ultimo, ci ritrovammo ad aiutare Pescucci per un film francese. Ci divertimmo tantissimo ed eravamo tutti accomunati da questa grande passione per il mestiere.

A cosa sta lavorando?

Si tratta di una serie in costume ambientata nel 1848 che si chiama Belcanto prodotta da Lucky Red per Rai Uno con i costumi della sartoria Tirelli. Basta! Non posso dire altro.

C’è un costume che ha creato e che le è rimasto più a cuore rispetto agli altri?

I costumi di Magnifica presenza, tutti. Con questi abiti mi hanno nominato al David di Donatello e ho vinto il Nastro d’argento di cui sono fiero ma, a parte il riconoscimento che fa sempre piacere, è un film con una cifra visiva notevole, grazie anche ai costumi. Ho avuto degli attori che si sono prestati al gioco da Beppe Fiorello a Vittoria Puccini (che è anche la protagonista di Belcanto), a Margherita Buy. Abbiamo giocato con quel bianco e nero e con il trucco, dopotutto la mia scuola è quella di Tosi, quindi il costume passa anche attraverso l’acconciatura e il make-up.

Durante la fase di ricerca per la realizzazione dei costumi di un progetto, da quali fonti attinge?

La preparazione è la fase più bella ed è fondamentale. Io mi batto sempre affinché sia lunga e riconosciuta perché è il momento in cui si produce più di un terzo di quello che sarà il lavoro successivo. Sì, certo, abbiamo internet ma non basta. Pittura, fotografia e tutto quello che è l’illustrazione, se esiste, perché dipende sempre dal periodo in cui è ambientato il film. Altro elemento fondamentale per chi fa il costume è la fonte dell’autentico, ovvero, attenersi alla realtà storica, in tal senso sono d’aiuto le scoperte archeologiche più recenti, l’apertura delle tombe ecc, che ci hanno permesso di analizzare e capire esattamente quali erano gli abiti dell’epoca e i tessuti che venivano utilizzati. Questo ha rivoluzionato tutto, prima magari avevamo un’idea e che, da queste ricerche, è stata smentita o confermata, come il peso dei tessuti e la grammatura delle stoffe ad esempio. Ovviamente fare un costume d’epoca implica delle scelte e dei compromessi.

La precisa ricostruzione di un abito storico è quasi impossibile e forse non sarebbe nemmeno troppo opportuna, soprattutto se consideriamo che con l’evoluzione il corpo umano è cambiato tantissimo. Il nostro lavoro è dunque quello di avvicinare ed evocare i personaggi di un immaginario lontano. Non dobbiamo solamente realizzare vestiti, la vera natura del lavoro è di fornire agli attori degli elementi concreti affinché loro si atteggino per dar vita al personaggio, anche con la postura, grazie al costume che indossano. Un lavoro quasi di manipolazione, nel senso migliore del termine, fatta con la complicità e il consenso dell’attore. Quando il film esplode e si vede che tutto funziona nasce la vera opera d’arte e non si parla più solo di bei costumi o bella fotografia, a quel punto vuol dire che tutti gli ingredienti hanno funzionato.

Un esempio recente lo vediamo in C’è ancora domani, dove le persone che lo hanno realizzato – e che io stimo – pur non essendo proprio della scuola più ideologica del costume che c’è in Italia, hanno realizzato uno splendido film. Lì l’alchimia c’è e tutto ha funzionato, quindi il successo che ha avuto non è a caso.

Quando e come è iniziata la sua collaborazione con Ferzan Özpetek?

È stato uno splendido sodalizio, che ora si è esaurito nel migliore dei modi, e che ha prodotto nove film per il cinema e tre opere liriche. Ho iniziato a collaborare con Ferzan da Saturno contro fino a La dea fortuna. È stata una collaborazione straordinaria perché lui è un regista pieno di talento, di idee e che ha un sincero amore nei confronti del cinema. Se a un certo punto abbiamo deciso di interrompere la collaborazione, è sintomatico del fatto che abbiamo fatto talmente tanto che ci siamo potuti dire “per ora basta così, poi si vede, chissà”.

Come nasce il costume di Magnifica presenza indossato da Margherita Buy e se c’è una possibile correlazione con l’abito realizzato da Bob Mackie indossato da Marilyn Monroe quando ha cantato “Happy Birthday Mr.President” all’allora presidente Kennedy.

Ci sono due riferimenti, questo ma anche un altro ancor più puntuale: Marlene Dietrich nei suoi concerti. Se tu vai a vederla quando non era più giovanissima e cominciò a fare delle tournée, vedrai che indossava proprio un abito simile. Quindi non è Marylin ma è Marlene. Non riuscii a convincere Ferzan, ma non ci provai neanche, sul realizzare un vestito più anni ’30 sia come forme che come taglio. Per lui era importante l’effetto grafico della paillette da spettacolo teatrale. Quindi mi adattai, anche perché sia la capigliatura che il make-up di Margherita erano pienamente in stile anni ’30. Primo piano e piano americano ormai dominano nel cinema, quindi sapevo che il look del viso avrebbe contato di più. Ad ogni modo le rimembranze sono tutte quelle delle attrici come Doris Duranti, Marìa Denis del ventennio fascista dei telefoni bianchi. Ma il riferimento principe, a parte Marlene era Jean Harlow.

C’è ancora un sogno irrealizzato nella sua carriera?

Ne ho tanti! Non ho fatto il film che avrei voluto fare!.

E con quale regista le piacerebbe lavorare?

Non saprei perché ormai ci sono dei registi e delle registe a me sconosciuti che sono talmente bravi. Di recente ho visto Saltburn, Anatomia di una caduta, insomma ci sono dei registi stranieri, anche di nuova generazione davvero bravissimi. Molti non li conosco, voglio essere sincero, ma quando vedo i loro film ne riconosco il talento. Ci sono nuovi registi e registe davvero molto dotati nel visivo, nell’immagine, affezionati all’inquadratura e questo è il cinema.

La foto è stata gentilmente concessa da Alessandro Lai

 

Giulia Corsi
07 Aprile 2024

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