Alessandro Gassmann e l’eterno dramma di Riccardo

Istituto Luce Cinecittà distribuisce il documentario di Giancarlo Scarchilli sull'allestimento del Riccardo III


TORINO – Per Alessandro Gassmann l’attualità del Riccardo III di Shakespeare è fin troppo, tristemente, evidente. “Questa sera si vota sulla decadenza di Riccardo”, butta là l’attore e regista romano. E aggiunge, come a voler spiegare: “Qui ci sono le tracce di un’eterna vicenda di potere. Questo testo parla della spietatezza e del non rispetto delle regole, un dramma che come italiani ci tocca spesso sopportare”.  

A Torino è due volte protagonista. Al TFF c’è il documentario di Giancarlo Scarchilli Essere Riccardo… e gli altri, prodotto da Massimo Spano, che racconta in modo avvincente l’ideazione e le varie fasi creative dello spettacolo teatrale R III – Riccardo Terzo, prodotto dallo Stabile del Veneto con lo Stabile di Torino e la partecipazione di LuganoInScena. Da stasera e per due settimane, R III sarà in cartellone proprio qui a Torino, al Teatro Carignano, ma la tournée prosegue e lo porterà a marzo all’Argentina di Roma. È uno spettacolo in cui il Bardo diventa nostro contemporaneo grazie all’adattamento del testo affidato allo scrittore Vitaliano Trevisan (fu coautore e interprete di Primo amore di Matteo Garrone) che ha usato una lingua “normale” e diretta. “Non ho dimestichezza con le traduzioni obsolete e questo è il primo classico che metto in scena proprio perché quel linguaggio aulico non mi emoziona. Ma quando ho letto l’adattamento di Trevisan di un testo minore di Goldoni, ho pensato che sarebbe stato lo scrittore giusto per rendere Shakespeare com’era nella sua epoca. Shakespeare scriveva per analfabeti e semi analfabeti e doveva spiegare ogni cosa in maniera verbosa, ma ora si possono cambiare e sintetizzare tante cose, specialmente nel Riccardo III dove tutto è complicato, a partire dai legami di parentela tra i tanti personaggi, sono 36 e spesso si chiamano anche con lo stesso nome. Il mio Riccardo è adatto anche a uno spettatore di 5 anni. E poi non mi piace il modo di recitare i classici con quella voce di gola, che sembra frutto di una tracheotomia, oppure ricreandoli con invenzioni che si pretendono rivoluzionarie ma sono solo assurde”.

Il festival di Virzì gli piace molto. “Lo seguo sui giornali e su twitter e mi fa piacere che sia stato capace di dare una nuova spinta a questa manifestazione dedicando attenzione ad attori come Piera Degli Esposti che è bravissima. Mi pare che Virzì faccia un festival raffinato, ma senza la puzza sotto il naso”. Il regista livornese lo accoglie in una sala gremita di giovani – biglietti esauriti fin dal mattino – che vogliono scoprire i segreti del suo Riccardo. “Per me – spiega Scarchilli, che aveva già realizzato un doc sul padre Vittorio – Alessandro è un grande talento registico che sa rendere accessibili i testi più difficili”. Il film ce lo mostra nel suo camerino, mentre col trucco pesante si trasforma in un despota non basso, come vuole la tradizione, ma sproporzionatamente alto e sgraziato, deforme nell’anima e nell’espressione demoniaca e beffarda, con un braccio straziato dalla polio e l’altro pronto a brandire la spada, invocando “il mio regno per un cavallo”. È una messinscena molto cinematografica la sua. Tim Burton ha ispirato nella forma “il mondo gotico, crepuscolare”. Ma ci sono echi di William Blake, del Riccardo di Ian McKellen, non invece della versione di Al Pacino (che ha dedicato al tema anche lui un documentario, Looking for Richard). “Il cinema mi ha ispirato sempre, anche nei miei due allestimenti di opere di Thomas Bernhard ci sono Fellini e Wenders, Il cielo  sopra Berlino e E la nave va”.  E aggiunge: “I miei spettacoli hanno un forte rapporto col cinema anche per l’uso di proiezioni e trompe l’oeil che permettono di evocare cose che non esistono, come le battaglie o i fantasmi e le apparizioni che tormentano Riccardo, mentre il mio primo film da regista, Razzabastarda, non è per niente teatrale, è un film in bianco e nero, molto crudo”. Differenze tra il cinema e il teatro? “Come dice mia moglie Sabrina: il cinema è un quadro che si asciuga e rimane lì per sempre, il teatro è un mandala, ci metti tanto a farlo ma poi subito sparisce”.

E il protagonista del televisivo Una grande famiglia, notevole successo di Raiuno, di cui forse ci sarà una terza serie, rivela che sta lavorando a un secondo film. Gli piacerebbe fare l’adattamento de La forza dell’abitudine dell’amato Thomas Bernhard, “un testo che parla della ricerca della perfezione attraverso le vicende di un circo, ma credo che sarà difficile che trovi qualcuno che me lo faccia fare”. Si vedrà. Intanto continua ogni sera a limare – il teatro ti permette di inseguire il meglio – un’opera che già suo padre aveva interpretato. “Di quel Riccardo non ci sono filmati, solo critiche e foto bellissime. Vittorio era diretto da Luca Ronconi all’apice della sua carriera: uno spettacolo splendido. Ma io sono lontano da mio padre, un po’ perché non ho le sue capacità attoriali, un po’ perché sono più attento all’insieme. Il mio spettacolo (tra gli interpreti anche la moglie Sabrina Knaflitz nel ruolo di Lady Anna, ndr) è corale, si lavora molto sui piani d’ascolto. In generale io cerco di imitare la vita”.

Essere Riccardo… e gli altri sarà distribuito da Istituto Luce Cinecittà insieme allo spettacolo teatrale facendo tappa nelle città della tournée, mentre nei foyer sarà possibile acquistare il dvd. 

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