TORINO – Dopo quasi un anno di lavoro, sta per concludersi la prima edizione del ComedyLab, il nuovo workshop del TorinoFilmLab dedicato specificatamente alla commedia. Come abbiamo già raccontato nell’appuntamento torinese dello scorso maggio, sono quattro i progetti di lungometraggio selezionati, provenienti dagli USA, dall’Egitto, dall’Ucraina e dall’Italia. Nel corso dei vari appuntamenti targati ComedyLab, i registi dei film hanno avuto l’occasione di confrontarsi tra di loro grazie al supporto di professionisti esperti e, soprattutto, grazie a un gruppo di comici selezionati tra stand-up comedian e performer, sviluppando da zero i rispettivi progetti. L’obiettivo finale è alle porte, la sessione di pitch in programma domani, 22 novembre, nell’ambito del TFL Meeting Event, in cui presenteranno il loro lavoro all’Industry internazionale.
Abbiamo chiacchierato nuovamente con l’Head of Studies Alec Von Bargen, per tirare le somme del progetto.
Alle battute finali del primo ComedyLab, si può dire che sia stata una scommessa vinta?
Più che vinta. Siamo sempre stati consapevoli di quello che stavamo facendo ci siamo solo dati un margine di flessibilità, che è presto diventata un’opportunità di collaborazione totale tra gli esperti, i comici, i registi, gli autori. Un approccio molto più collaborativo rispetto a quanto si faccia normalmente nello sviluppo cinematografico.
L’obbiettivo era creare qualcosa di nuovo, contaminarsi.
Sì. Senza essere arroganti, volevamo creare un nuovo linguaggio, delle nuove modalità di produzione e, soprattutto, darci la possibilità di fallire. Non puoi essere così rigido quando parli di commedia. Non esiste una formula: lo abbiamo capito lavorando su quattro film completamente diversi, che provengono da paesi e culture diverse. Bisogna fare un lavoro su misura: è come avere quattro figli, ognuno con un bisogno diverso. Abbiamo avuto la fortuna di mettere insieme una squadra disposta a offrire la loro esperienza, ma anche a giocare più ampiamente, senza nessun tipo di timore. Si è creato uno spazio molto sicuro, dove la creazione non solo è stata permessa, ma sospinta.
È fondamentale sentirsi a proprio agio quando ci si mette a nudo con la commedia.
Non devi solo imparare a lasciarti andare, ma imparare a prendere in giro te stesso. La partecipazione dei comedy writer è stata fondamentale per sviluppare in maniera convincente e veloce. Con la loro capacità di improvvisare, giocare, creare dei personaggi, i registi potevano vedere immediatamente e dal vivo i loro film diventare realtà. Essendo molto esperti, riuscivano a portare degli aspetti nuovi che neanche i filmmaker si aspettavano. Diventava una scoperta che portava il discorso in posti inattesi.
Siete soddisfatti del percorso di sviluppo dei quattro progetti?
Ciò che più mi interessa è che i filmmakers siano soddisfatti, che siano arrivati dove volevano dopo questi dieci mesi di lavoro. Chiaramente noi abbiamo un obiettivo, ma la cosa davvero importante è che loro escano da questa esperienza davvero soddisfatti per avere presentato il loro lavoro a un’industria interessata. In questo, senza dubbio, ci siamo riusciti, anche più di quanto credevamo.
Addirittura uno dei quattro film, Honeyjoon di Lilian T. Merhel, è già in produzione.
Ha vinto un milione di dollari di finanziamento e verrà mostrato al Tribeca Film Festival di New York. Ha vinto mentre era in sviluppo al ComedyLab, anche grazie al pitch che ha fatto con noi. Cominciare in questo modo per noi è un ottimo inizio. Non possiamo lamentarci di niente.
Si può dire che questo laboratorio è uno di quelli con maggior potenziale, perché c’è tanto bisogno di commedia.
È proprio quello che dobbiamo accettare, soprattutto come produttori di cinema indipendente. La parola commedia non deve farci paura, perché la commedia ha un pubblico e ha un ritorno economico. Investire in commedie intelligenti, che è quello che stiamo provando a fare, è importante. Come è importante lavorare tra persone che vengono da parti diverse del mondo, perché subito cadono le barriere, le frontiere. Dobbiamo cancellare l’idea che la commedia non viaggia e che deve restare nel locale. Non è vero. La comicità e i sentimenti sono universali. La commedia in qualche modo arriva, soprattutto nel 2024, dove non è facile trovare quella leggerezza.
Cosa vorreste migliorare in futuro?
Si deve sempre migliorare, stiamo considerando di avere più progetti in futuro, senza però perdere quel lavoro su misura, magari aggiungere più comedian e performer. L’importante è che sia un’evoluzione costante, sennò diventa un laboratorio come tutti gli altri. Dopo un po’ l’acqua stagnante puzza. Il fatto che il progetto sia stato un successo nei termini in cui noi lo volevamo ci obbliga a essere consapevoli di ciò che ci tocca fare nelle prossime edizioni. Già il fatto che ci sarà una seconda edizione non era scontato. Alla prima conferenza stampa tutti ci guardavano come se fossimo pazzi.
È stato introdotto anche un premio di 5mila euro.
Sì, era necessario. Come in tutta la famiglia del TorinoFilmLab, il lavoro deve essere premiato. Ci siamo resi conto che tutti gli sforzi che stavano facendo meritavano. Un premio valida quello che stiamo facendo ed è un plus per coloro che parteciperanno nei prossimi anni.
Ci sono stati dei momenti che ricorderà in modo speciale?
I momenti più belli sono stati quelli in cui i filmmakers si lasciavano andare. Quando si sono resi conto della loro potenza come registi e comici. Ricordo una cena che abbiamo fatto a Porto, su una terrazza da cui si vedeva tutta la città. Dopo qualche drink abbiamo finito con il karaoke, chi si toglieva la camicia, chi scivolava. Momenti di pazzia che, alla fine, sono quelli che ti cambiano.
Abbiamo parlato con Eszter Angyalosy, Head of Studies del SeriesLab 2024, e con gli autori di tre dei progetti che sono stati sviluppati in questa edizione
74 i partecipanti, di cui 8 italiani, per l'evento industry che si terrà da 21 al 23 novembre a Torino in staffetta al TFF, il cui programma include sei film realizzati grazie al TFL
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