Dal caotico e assordante traffico capitolino di fronte alle Terme di Caracalla, solo due curve più in là, in salita, si arriva in un luogo senza tempo, nel cuore di Roma: è la Casa Museo Alberto Sordi.
È qui che la Fondazione che porta il suo nome ha organizzato la mostra Alberto Sordi e il suo tempo, aperta al pubblico dal 22 settembre 2023 e presentata in anteprima alla stampa. Un susseguirsi di pannelli rosso ciliegia percorrono le prima sale al primo piano, in un concept semplice e lineare che facilita la fruizione del percorso espositivo, disegnato da Artiser: le foto di Alberto Sordi sporgono di qualche centimetro sulla terza dimensione, a differenziarsi da quelle della storia del Paese e degli altri personaggi, che restano in piano. In tre diversi punti della casa, due dei quali sistemati nel teatro personale dell’attore, grandi monitor mostrano decine di sue videointerviste. E tra una didascalia e l’altra, le sue citazioni: come fosse lui, ancora qui dentro, la vera guida per i visitatori.
A fare realmente gli onori di casa, invece, nel patio del giardino della villa, sono Italo Ormanni e Gianbattista Faralli, rispettivamente presidente e il vicepresidente della Fondazione, che ricordano i tanti eventi organizzati in occasione del ventennale della scomparsa dell’iconico attore romano, culminati con l’esposizione che si inaugura in serata. A seguire, l’intervento della Presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia.
“Cinecittà, con il suo Archivio Luce, ha contribuito con grande entusiasmo alla realizzazione della Mostra – ha detto Sbarigia – portando 76 foto e 16 video tra i cinegiornali dell’Istituto Luce e della Settimana INCOM” e ha proseguito:
“È davvero tantissimo materiale che illustra, nella prospettiva indicata dalla curatrice, un secolo di storia del nostro Paese attraverso questo grande attore e italiano esemplare. Le foto dell’Archivio Luce coprono infatti un grande arco temporale, a partire dal 1898; la maggior parte di esse racconta in gran parte il periodo fascista, per il quale il nostro Archivio è stato dichiarato Patrimonio della Memoria dell’Unesco, ma ci sono anche molte altre foto più recenti.
Le foto esposte raccontano Roma e il Paese, dalla storia della Chiesa, strettamente connessa con quella della Capitale, con le foto di Pio XII e Giovanni XXIII, ai grandi eventi sportivi con Coppi e Bartali, con la presentazione della prima Fiat 500. Testimoniano la nascita della plastica e del bikini, e tanti episodi che hanno segnato in modo emblematico il nostro stile di vita e la nostra cultura.
E naturalmente c’è il nostro grande cinema e c’è anche tanta Cinecittà, dove Alberto Sordi – com’è noto – lavorò spesso.
L’Archivio conserva anche molti cinegiornali, che qui per motivi di spazio non sono esposti, che ci mostrano un rapporto quasi familiare con gli operatori e i giornalisti dell’Istituto Luce.
Credo che il luogo dove si tiene l’esposizione, nella sede della Fondazione che ha il suo nome e che fu la sua casa, aggiunge magia e significato a queste bellissime foto”.
“Sono felice di essere in questo luogo così ancora vivo, che ha mantenuti integri gli spazi dove Alberto Sordi ha vissuto” – ha detto Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale. Non potevamo che patrocinare questo grande evento, curato da Alessandra Maria Sette, animata da un’idea semplice, di quelle che poi risultano le migliori. C’è la storia di un italiano, di un grande attore, della sua figura, della maschera italiana che attraverso i suoi film ne ha raccontato l’anima, l’indole e i diversi caratteri, i diversi personaggi – lui rivendicava di aver voluto raccontare gli italiani di ogni posizione sociale e di ogni colore politico, di ogni attitudine – è l’idea è di mostrare come questo percorso esemplare si incroci con la storia d’Italia. Arricchita con centinaia di aneddoti sulla grande figura di Alberto Sordi: ad esempio ho scoperto qui che De Laurentiis si rifiutò di produrre Il medico della mutua, che fu poi invece uno dei successi maggiori di questo interprete straordinario, che decise di produrselo da sé”.
“Nell’intenzione della Fondazione, ci tengo a dirlo, questo luogo non è un museo” – precisa Walter Weltroni, che della Fondazione Museo Alberto Sordi è presidente onorario. “Noi vogliamo mantenere villa Sordi com’era, come l’abbiamo conosciuta e come a me è capitato di conoscerla nelle tante occasioni in cui sono venuto a trovare Alberto qui, purtroppo anche l’ultima. Questo è il luogo dove Alberto pensava, immaginava, inventava. E tutte le attività espositive o le proiezioni che si farà serve a mantenere questa dimensione di laboratorio, di fabbrica creativa. La mostra ha il merito di fare questa operazione di intreccio tra la storia italiana e Alberto, che in fondo fece già lui stesso con Storia di un italiano, la serie Rai in cui utilizzava i suoi film e alcuni materiale di contesto storico – in questo senso l’apporto dell’Archivio Luce è insostituibile, non c’è nulla di paragonabile ad esso per la conservazione della memoria di questo Paese, oltre all’Archivio di Stato. Perché tutti i film di Alberto in qualche misura hanno coperto la storia italiana, la possono raccontare, questa è stata sempre la sua grandezza, con questa caratteristica: che Alberto si rivolgeva al grande pubblico, non aveva il desiderio di vincere premi. Poi se li vinceva era contento, ma il suo desiderio era di parlare al grande pubblico. Ed arrivare al grande pubblico come faceva tutta quella generazione di attori, registi … Parliamo del tempo di Sordi, Gassmann, Tognazzi, Mastroianni, Volonté, Sophia Loren, Monica Vitti… loro facevano il cinema per il pubblico, non per se stessi. Nei suoi film lui cercava di portare dei significati al pubblico più ampio possibile. In questo talvolta perfino non accorgendosene, Alberto ha avuto una funzione molto importante nella vita culturale, se per cultura si intende ciò che viene vissuto dal popolo, e non solo da chi la cultura la fa. E noi qui vogliamo celebrare questo. E in più il rapporto tra Alberto e questa città: anche qui c’è un’indissolubilità. E non è che Alberto parlava come i romani, sono i romani che parlano come Alberto. Perché le espressioni di Pascarella o di Trilussa non le conosciamo, ma quelle di Alberto Sordi sì. Quindi la mostra ha queste tre dimensioni: Roma, la storia d’Italia e Alberto Sordi, molto importanti per noi, ma anche per quelle decine di migliaia di persone che nel 2003 vennero a San Giovanni per salutarlo, qualcosa che nella storia italiana è accaduto solo per Totò”.
“Il titolo Alberto Sordi e il suo tempo racchiude il senso di questa mostra” – conclude Alessandra Maria Sette, curatrice dell’esposizione. Alberto Sordi è stato legato al ‘900, testimone privilegiato di tutto un secolo che ha trasformato profondamente e velocemente l’Italia, in maniera travolgente. Sordi è stato sempre al passo, interpretando questi cambiamenti e talvolta a anticipandoli, con i suoi personaggi. Lui usciva di casa, guardava la vita, la interpretava e la traduceva con il linguaggio universale del cinema, che è un linguaggio accessibile a tutti. Negli anni ’30, ’40 e ’50 gran parte della popolazione italiana è ancora analfabeta, Sordi comunicava con le immagini , che arrivavano a tutti. A me piace dire che è un destino incrociato: il secolo breve si incrocia con un testimone straordinario, acuto, sensibile e profondo che non credo altri Paese o culture abbiano avuto. Come approcciamo un uomo che è un monumento nazionale? Ce lo siamo chiesti con la Fondazione nell’inventare questa mostra. Da qui il doppio percorso, la storia dell’Italia che si intreccia con la sua storia, la sua vita e la sua opera. Per dare profondità a questo racconto, abbiamo cercato di dare a queste immagini un ritmo cinematografico, perché stiamo parlando di un uomo di cinema che ha fatto del cinema la sua vita. Questa è la narrazione che corre veloce dall’inizio alla fine della mostra. Inoltre, dato che siamo nella villa di Alberto Sordi, desideriamo che sia la sua voce ad accompagnarci in questo percorso: per quanto più possibile, quindi, abbiamo estrapolato le sue parole da interviste, articoli, contributi televisivi, o cinematografici – grazie agli straordinari materiali dell’Archivio Luce – in modo che sia lui accanto a noi in questo viaggio nel tempo. L’immagine della mostra è emblematica della sua figura, lo ritrae con la cinepresa (tratta dal set de I magliari), quindi in compagnia del suo unico grande amore, il cinema. Molti giornalisti chiedevano spesso a Sordi perché non si era mai sposato: eccola, secondo me la risposta, è in quella foto. Era sposato con il cinema, era il suo unico amore a cui dedicava tutte le sue energie. La mostra è una miniera di aneddoti, come quello che racconta che nel 1954 sordi gira 13 film, in un solo anno. Con I vitelloni raggiunge il successo e fa una riflessione: ‘avrei potuto montarmi la testa e scegliere soltanto film impegnati e d’autore. E invece mi sono detto no, perché questo successo può svanire in un attimo. Perciò ho preso un taccuino, ho diviso la giornata in tre parti e riuscivo a girare tre set al giorno’”.
“Comunque vorrei dire una cosa” – chiosa ridendo Veltroni. “Che alla domanda ‘perché non ti sei sposato’ Alberto aveva dato un’altra risposta, ben diversa: ‘e che, me metto un estraneo in casa?’
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