‘AIR – La storia del grande salto’: Ben Affleck dirige Michael Jordan e la Nike

L’attore è anche regista del film, accanto al personaggio principale, Sonny Vaccaro, interpretato da Matt Damon: la storia di due icone, un uomo e una scarpa, e la snicker culture. Dal 6/4 al cinema


“È una storia americana” – come viene detto nel film stesso, AIR – La storia del grande salto. È un passo a due tra “I have a dream” e Born in the USA, caposaldi della cultura statunitense, nella cui essenza vive sempre anche il mito del self-made man, altro concetto a suo modo declinato nel film diretto e interpretato da Ben Affleck

In fondo ci sono anche i tre moschettieri (qui cinque), in questa vicenda realistica perché “adattata” da una storia vera, quella dell’accordo tra la casa produttrice di calzature Nike e Michael Jordan, un accordo a cui si giunse dopo la vicenda che il film narra e che tutt’ora vive e così sarà per sempre: sono (stati, nella realtà) Sonny Vaccaro (Matt Damon), Phil Knight, fondatore della Nike (Ben Affleck), Howard White (Chris Ticker), Rob Strasser (Jason Bateman) e Matthew Maher (Peter Moore) i magnifici cinque che, trainati dal primo, hanno concorso e permesso la parabola ascendente di questa storia americana, quella di un talentuoso nero del basket che supportato dalla presenza non secondaria della famiglia, in particolare dalla volitiva mamma Doloris (Viola Davis), ha scritto non solo la Storia della NBA e del basket mondiale ma anche la storia di una calzatura, non adattata a lui, ma fatta a sua immagine e somiglianza, tanto da riuscire a pretendere e ottenere, nel contratto stretto dopo aver rinunciato a quelli altrettanto allettanti di Adidas e Converse, di aver riconosciute eterne royalties su qualsiasi prodotto che l’azienda di articoli sportivi produca con il nome e il logo “Air Jordan”, partorito proprio per quell’occasione e diventato “un marchio”. 

L’anno 1984 è stato un anno leggendario secondo questa storia, rientrando di diritto nel panorama del mito degli Anni ’80, dalla Storia al cinema alla tecnologia, stagione ricchissima di futuro che Affleck sciorina con abilità adrenalinica nelle prime sequenze “di repertorio” di Air, per portare subito dentro ad un’atmosfera che perfettamente è stata specchio di questa propulsione in avanti, non solo nel nome del Dio denaro quanto, dapprima e soprattutto, nel nome dell’essere umano, seppur Nike, grazie a all’accordo, abbia conquistato il vertice del settore diventando leader mondiale delle calzature sportive.

Nessuno credeva nella perspicacia di Sonny Vaccaro, una mossa, la sua, dinnanzi a cui ha tentennato anche l’amico Phil Knight, che Affleck impersona con dolcezza e ironia, restituendo un vero e proprio carattere della scena: il personaggio di Damon, un po’ appesantito nel fisico cinquantenne, ma lievissimo e dinamicissimo nell’intuizione e nella mente, ha messo a rischio la propria vita professionale credendo – nonostante tutto – nella firma finale di Michael Jordan. Il passo di star dietro al pensiero di Vaccaro significava far cambiare rotta rispetto ai modelli più solidi dell’azienda e del settore tutto, il corporate business era messo in discussione, e per un’azienda quotata in borsa quella fede personale suonava pura follia.

Air è così la storia di due icone, quella di un uomo le cui capacità nello sport hanno portato a diventare mito nella cultura popolare e, con lui, quella di una scarpa – e nel tempo di un’intera linea di abbigliamento sportivo -, che ha imposto la snicker culture nella moda di tutte le generazioni presenti in quel tempo e a venire. 

Ben Affleck sceglie una regia di primi piani, soprattutto, in cui le sfumature mimiche del volto umano sono quelle più efficaci e persuasive per sposare l’intuizione, la determinazione, i timori e l’adrenalina che Vaccaro in primis, e i colleghi degli altri reparti coinvolti a sua scia, hanno messo in gioco – allora senza paracadute – credendo in fondo in un sogno, poi fatto realtà. C’entrano l’empatia, il marketing, il design, la creatività, la maternità e il business: Air – La storia del grande salto contiene in sé l’eroismo puro del senso del rischio e – come dicono gli inglesi, e in questo caso è proprio l’occasione calzante… per affermarlo – il “put yourself in someone else’s shoes”

Onore al merito alla sceneggiatura di Alex Convery, che gioca con equilibrio sull’efficacia dei dialoghi, sempre dinamici, anche quando più intimi – soprattutto quelli a quattr’occhi tra Vaccaro e la signora Jordan -, ricostruendo e restituendo sia il fattore umano che una stimolante fotografia degli Anni ’80, una visione tersa e lineare di quel tempo.  

Il film – prodotto da Amazon Studios, Mandalay Pictures, Skydance Media – esce in sala dal 6 aprile, distribuito da Warner Bros. 

 

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