“Voglio solo stare bene, non me ne frega niente delle conseguenze”. L’adolescenza è il momento delle incertezze, della confusione e dei timori, ma anche quello della scoperta, dell’esaltazione e della spericolatezza. Un connubio esplosivo che, come abbiamo visto innumerevoli volte sul piccolo e grande schermo, può portare a esiti tanto esaltanti quanto tragici. Verte decisamente verso questo secondo frangente Adorazione, la nuova serie young adult targata Netflix, vero e proprio punto di riferimento per questo genere e per il suo target, in streaming sulla piattaforma dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Ispirata all’omonimo bestseller di Alice Urciuolo, la serie è diretta da Stefano Mordini, che con il controverso La scuola cattolica del 2021 aveva dimostrato di sapere perfettamente come scavare nelle emozioni dei giovanissimi e nei contesti sociali disfunzionali in cui a volte si ritrovano a crescere. Anche se in questo caso non parliamo di una storia reale, la sua ambientazione lo è senz’altro: l’Agro Pontino, un luogo scelto per incarnare l’essenza della provincia italiana con le sue comunità chiuse e quel velo di frustrazione che ricopre le vite di tutti, ragazzi e adulti. Un luogo in cui la bellezza paesaggistica si compenetra in città dalla desolazione metafisica e in cui la popolazione si lascia spesso andare ad estremismi dalla chiara matrice.
Una bocciatura, una relazione segreta, l’inizio di un’estate che cambierà le vite di tante famiglie. La trama di Adorazione ruota attorno alla sparizione di Elena, un’adolescente ribelle che vorrebbe scappare dalla sua Sabaudia, che, nonostante affacci sul mare, offre un orizzonte troppo limitato per lei. Ha davvero mantenuto i suoi propositi di fuga oppure qualcosa di più terribile si nasconde dietro la sua scomparsa? A differenza di quello che fa il romanzo originale, la prima stagione della serie di configura dunque come un giallo, in cui i pezzi del puzzle vengono aggiunti uno dopo l’altro per mostrare sempre più nitidamente un quadro di desolante violenza. A condurre queste indagini – impossibili da riassumere senza anticipare cruciali snodi di trama – non è solo la polizia, ma gli stessi coetanei di Elena, a partire da Vanessa, la sua migliore amica che farà di tutto per scoprire la verità.
La struttura giallistica, pur non brillando per colpi di scena e originalità, fa il suo lavoro nell’arco dei sei episodi, soprattutto considerando il fatto che è stata del tutto inventata per questo adattamento televisivo e che, probabilmente, verrà del tutto abbandonata nella prossima stagione, se ci sarà, seguendo maggiormente lo sviluppo del romanzo. L’obbiettivo primario di Mordini e degli sceneggiatori, così come era quello di Alice Urciuolo, una delle penne dietro il successo di Skam Italia, è in realtà quello di restituire un ritratto sfaccettato di una comunità composta da adolescenti in confusione e adulti sull’orlo di una crisi di nervi. Soprattutto, si racconta l’incapacità di comunicazione tra due generazioni che hanno perso gli strumenti per capirsi vicendevolmente. Il conflitto sociale, le invidie, i pregiudizi, i bigottismi, le frustrazioni si ereditano di padre in figlio e, a volte, divergono verso esiti inaspettati e terribili.
A un cast di giovani attori e attrici belli e dannati – Noemi Magagnini (Vanessa), Alice Lupparelli (Elena), Beatrice Puccilli (Vera), Penelope Raggi (Diana), Luigi Bruno (Gianmarco), Giulio Brizzi (Giorgio), Tommaso Donadoni (Enrico), Federico Russo (Christian), Alessia Cosmo (Teresa), Federica Bonocore (Melissa) – che riescono con alterni risultati a sostenere la complessa struttura drammatica della serie, si affiancano un brillante gruppo di attori esperti, ma soprattutto attrici. Barbara Chichiarelli, nel ruolo dell’investigatrice Chiara, e le “madri” Claudia Potenza, Ilenia Pastorelli, Noemi (al suo primo ruolo d’attrice) e Alessia Barela sono chiamate, in particolare, a mostrarci diversi modelli di donna in una società in apparente trasformazione, ma che si dimentica di quelle realtà ai margini, in cui comportamenti violenti e tossici vengono ancora perpetrati e tramandati con naturalezza. In tal senso, i temi della violenza sulle donne, del maschilismo tossico, del machismo, dell’omofobia sono portanti avanti con cura e intelligenza per tutto lo svolgere del racconto.
Mordini riesce a costruire una serie di personaggi verso cui è facile provare astio e risentimento, adulti dai comportamenti spesso repellenti e adolescenti irresponsabili e crudeli, ma di cui non si dimentica il lato umano. Con l’uso frequente di primissimi piani sui volti dei ragazzi e delle ragazze, il regista restituisce il dramma di persone giovanissime che, prossime a diventare uomini e donne, si trovano incastrate in schemi sociali e relazionali malsani, da cui si può scappare solo grazie a uno sforzo quasi sovrumano.
Fondamentale per costruire il ritmo e il tono della serie, infine, non si può non segnalare la scelta musicale. Mordini, infatti, si è affidato al celebre rapper Fabri Fibra che, in qualità di supervisore della colonna sonora, non si è limitato a scrivere la canzone della sigla, ma ha selezionato tutti i brani presenti nella serie. Voci dall’afflato generazionale, in cui spicca quella di Madame, che con l’inedito Ghost Town ci riportano con efficacia al dramma condiviso di essere adolescenti al giorno d’oggi. Una generazione dalle incerte fondamenta (etiche o economiche, a scelta) e dal futuro ancora più traballante.
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