I messaggi, i fax, le e-mail, le lettere di solidarietà hanno riempito in quattro giorni un intero faldone. Ma per ora Mario Martone non ha alcuna intenzione di ritirare le sue dimissioni da direttore del Teatro di Roma. Il regista ha però convocato oggi un nuovo incontro con la stampa, affiancato dal consigliere Fortes a sua volta dimissionario, per rispondere punto per punto alle accuse infilate nei giorni scorsi dal presidente dell’Argentina Walter Pedullà.
Qualche numero per inquadrare la situazione dallo “Studio sulle attività del Teatro di Roma”, un monitoraggio dal ’95 al 3 luglio 220 appena pubblicato dall’Autorità per i servizi pubblici locali del Comune di Roma. Dove, a scanso di ulteriori equivoci, si apprende da voce imparziale che: 1) i ricavi da sbigliettamento e abbonamenti sono passati dal miliardo e tre della passata stagione a 1.637 miliardi dell’attuale; 2) che le presenze della stagione ’99-2000 hanno invertito la tendenza negativa degli ultimi quattro anni portando da 53.200 (presenze dell’anno ’98-’99) a 76.594 gli spettatori del Teatro; 3) che il numero delle recite è salito da 183 di due stagioni fa a 368 di quella appena trascorsa; e 4) che grazie di tutto ciò il costo di produzione per rappresentazione è sceso da 98.8 milioni a 57.3.
“Non sono un ragazzino capriccioso, come mi hanno descritto in queste ore”, ha detto Martone. “Ogni scelta della mia breve gestione è frutto di una politica culturale precisa. Fare più spettacoli con inferiori costi del biglietti in più punti della città, decidere di smantellare il sistema degli abbonamenti a favore della carta di credito a scalare o cercare di responsabilizzare i lavoratori lasciando loro effettivi margini di azione sono scelte evidenti. Purtroppo da mesi, nonostante i molti tentativi di mediazione, Pedullà sta evidentemente cercando di vanificare qualsiasi innovazione. D’altronde ricordiamo tutti le parole con cui Ronconi lasciò questo teatro. Non pensiamo che la burocrazia sia imparziale, essa serve al potere”.
Che succederà adesso? Le dimissioni di un membro del Cda e gli annunciati ritiri di altri tre membri potrebbero portare a nuove elezioni degli organi decisionali. Per il teatro, il mondo della cultura e della politica di questo Paese, ecco un’altra brutta pagina da registrare.
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