BERLINO – Tangentopoli, ma anche la nascita della Lega Nord e la discesa in campo di Berlusconi. Che vediamo in materiali d’epoca come l’intervista televisiva di Mike Bongiorno in cui parla della possibilità di fare politica (ma con una sua formazione e non all’interno dei partiti tradizionali) e anche in una scena chiave di quella nuova stagione della politica italiana, la convention di Publitalia in cui, introdotto da Massimo Boldi, che nella fiction appare nel ruolo di se stesso, lancia la sua visione ottimista del futuro dell’Italia cogliendo l’opportunità aperta dalla crisi. E infine in una scena del tutto inventata e ironica, quella in cui da dietro la porta di un bagno scherza con uno dei protagonisti, il pubblicitario Stefano Accorsi entrato nella squadra di Dell’Utri e pronto a intuire il potenziale del Cavaliere.
Il palcoscenico di Berlino è un luogo inusuale per una fiction, segno di un cambiamento di rotta dei grandi festival, che sempre più spesso danno spazio alla serialità televisiva. In questo caso l’italiana 1992, prodotta da Sky Atlantic con Wildside, di cui si sono viste le prime due di dieci puntate che andranno in onda dal 24 marzo in contemporanea in cinque paesi: Italia, Inghilterra, Germania, Irlanda e Austria.
La serie è nata da un’idea di Stefano Accorsi, che ha il ruolo del un rampante e cinico pubblicitario Leonardo Notte, passato dall’Autonomia Operaia bolognese al marketing milanese senza battere ciglio. La sua storia, come quella di altri cinque personaggi, si intreccia agli eventi del paese, mentre assistiamo al tramonto della prima Repubblica. Tutto a partire dal 17 febbraio di quell’anno fatidico, quando con l’arresto di Mario Chiesa per una storia di mazzette parte l’inchiesta Mani Pulite. E così tra gli eroi e antieroi della fiction ci sono personaggi veri della storia d’Italia: l’incazzoso Antonio Di Pietro, che viene applaudito per strada dalla folla (qui c’è un cameo di Tatti Sanguineti) e Giovanni Falcone, che lo consiglia su come portare avanti una rogatoria e che, in quello stesso anno cadrà nella strage di Capaci. Si vede Umberto Bossi incitare i leghisti al grido di Roma ladrona e Bettino Craxi con la sua chiamata di correo nei confronti degli altri partiti, democristiani in testa. Accanto a loro i personaggi d’invenzione: il poliziotto sieropositivo a causa di una trasfusione di sangue infetto (Domenico Diele), che entra nel pool con la voglia di farsi giustizia, e l’altro agente che non è quel che appare (Alessandro Roja); Bibi Mainaghi (Tea Falco), figlia punk e disadattata di un imprenditore corrotto; la showgirl Veronica Castello (Miriam Leone) che ambisce a diventare protagonista di Domenica in grazie alla protezione del suo amante; l’ex militare della guerra in Irak (Guido Caprino), congedato con disonore, che diventa deputato leghista quasi suo malgrado e che viene istruito dall’onorevole Nobile (Gianfelice Imparato) ai segreti del Transatlantico come in una versione nostrana di House of Cards.
Spiega Stefano Accorsi che nel ’92 aveva 21 anni. “Ho pensato che fosse importante raccontare gli ultimi vent’anni della storia italiana anche per colmare un vuoto narrativo del nostro cinema, poi gli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo hanno scelto di concentrarsi su un solo anno, il 1992, e su sei personaggi”. Aggiunge il regista, Giuseppe Gagliardi (Tatanka): C’è stato un lavoro di ricerca di due anni, abbiamo parlato con giornalisti e politici, tra questi anche Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo. Abbiamo visto gli atti processuali”.
Netta la scelta di equidistanza che a tratti suona come una rivalutazione. “Quando si parla di politica in Italia, c’è sempre la necessità di schierarsi. Ma gli sceneggiatori hanno voluto vivere con i personaggi pur mostrando il popolo che si riappropria della politica dopo cinquant’anni di immobilismo”. Una narrazione che potrà affascinare i giovanissimi, anche per il linguaggio e lo stile, tipico della fiction di nuova generazione, con scene di sesso e dialoghi espliciti. “Chi ha vent’anni – prosegue Gagliardi – non sa niente di quel periodo. Sarebbe bello se il pubblico che ha amato Gomorra vedesse 1992 per capire da dove veniamo e perché ci troviamo oggi in una certa situazione”. Diversa da Gomorra, la fiction, nelle intenzioni degli autori, si avvicina a certi modelli americani per parlare anche a un pubblico straniero. “La serie tv è il nuovo romanzo contemporaneo. In particolare ci hanno ispirato due fiction – dice Gagliardi – Mad men sul mondo dei pubblicitari, anche per la ricostruzione storica, e Boss di Gus Van Sant, sul mondo della politica”. Minuziosa la ricerca di ambienti e atmosfere, a partire dall’uso delle musiche rimandate anche da tv sempre accese su Non è la Rai o Casa Vianello.
Per Ludovica Rampoldi è stato difficile trovare il giusto equilibrio tra le singole storie dei personaggi e la Storia, mantenendo una scrittura corale. “L’indagine di Mani Pulite di per sé non è molto avvincente, sono carte e mazzette. Così abbiamo inventato, ad esempio Michele Mainaghi (Tommaso Ragno, ndr) è un imputato eccellente che riassume in sé varie figure reali. Raccontiamo gli uomini nuovi che dal ‘92 hanno governato il nostro paese, i nostri personaggi sono tutti portatori dello Zeitgeist. Grazie al terremoto di Tangentopoli si sono sviluppate delle nuove forze politiche. E noi siamo pronti a raccontare anche i due anni successivi, ’93 e ‘94”. Prosegue Accorsi: “Volevamo mostrare il mondo della politica, andare nei corridoi del potere, senza preconcetti, con uno sguardo curioso e il più possibile oggettivo. C’è un affresco di quell’anno cardine della nostra storia, quasi, tra virgolette, documentaristico”.
Accolto in Berlinale Special, 1992 è apprezzato anche dal pubblico straniero. “Ne sono stata sorpresa – dice ancora Ludovica Rampoldi – perché tanti riferimenti sono italiani, da Salvo Lima all’incontro nel bagno con Berlusconi di cui si sente solo la voce, per noi molto riconoscibile. Eppure gli stranieri stanno apprezzando e la scelta del festival lo conferma”. Ed è ancora Accorsi a lanciare la provocazione: “Quando parlai per la prima volta di questa serie con un produttore non c’era ancora Sky e lui mi disse che né Rai né Mediaset l’avrebbero mai prodotta e trasmessa”. Il 1992 come anno seminale anche per l’incerto presente dell’Italia? “Ricordo la grande speranza di quando cominciò Mani Pulite – dice l’attore – da allora è cambiato tanto. C’è stato un ricambio generazionale nella nostra politica e c’è un nuovo senso civico. Non penso al M5S, che ha avuto una forza scardinante utile ma che non si è concretizzata. Penso a Matteo Renzi che ha un senso della cosa pubblica molto profondo”.
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