Abel Ferrara: “Con ‘Sportin’ Life’, l’entusiasmo di fare il giornalista”

Abel Ferrara: “Con 'Sportin' Life', l’entusiasmo di fare il giornalista”


VENEZIA – Sportin’ Life, e l’intento dietro alla creazione di questo documentario, sono: “L’essere leale, l’approcciare il cinema raccontando la verità. Le nostre radici sono in De Sica, Pasolini, e il linguaggio documentario presente è una continuazione di questo”, dice Abel Ferrara, autore del film presentato Fuori Concorso

Con questo documentario – “un documentario sull’azione di fare un documentario” – Ferrara propone una riflessione filosofica e concreta sulla realizzazione del lavoro di regia, in larga parte del film attraverso il dialogo con Willem Dafoe, amico fraterno, padrino di sua figlia Anna, ma anche attore feticcio dell’autore americano. Quasi un “film di famiglia” si potrebbe osar definirlo, perché Ferrara monta e affianca sequenze di vissuto famigliare – con la figlia di 5 anni e la moglie, Cristina Chiriac – con le immagini suggestive del Papa in quella piazza San Pietro isolata e battuta dalla pioggia durante il cuore della pandemia, e ancora sequenze di Dafoe/Pasolini cucite con quelle delle terapie intensive degli ospedali, come proposte dai telegiornali. Il tutto, con immagini girate – con il telefonino – dallo stesso Ferrara, a Roma, quando usciva di casa per percorrere qualche decina di metri per raggiungere la sala di montaggio in cui lavorava a questo film, come racconta Daniel Bianchi, il montatore: “Abel aveva la sua sala montaggio, oltre alla mia e una a New York: ognuno di noi aveva un luogo per sviluppare la propria idea e poi mostrarla agli altri, in sicurezza; lui, potendo attraversare qualche metro di Piazza Vittorio, rubava immagini con il cellulare, di giorno e di notte. È stato un progetto ‘diverso’ per tutti, separati ma uniti nella voglia di portare avanti il processo”. 

Infatti, conferma il regista, “l’unica parte di riprese è stata un po’ negli isolati intorno a casa mia, la necessità è la madre dell’invenzione. Sono rimasto entusiasta dell’aver fatto il giornalista, questo è fare un documentario. Se sei paranoico e preoccupato di quello che pensano le persone allora non dovresti fare un film: sono cresciuto durante il movimento femminista, ma l’espressione di un individuo non può essere dettata da una mentalità politica, tocca all’artista di essere onesto con se stesso”.  

Un sentire, tutto questo, confermato dalla moglie di Ferrara, Cristina Chiriac, per cui “Il lockdown a Roma, dopo il Festival di Berlino, a me è piaciuto, come momento di ripensamento, per riflettere su quello che abbiamo accumulato, digerire quello che abbiamo ‘mangiato’ negli anni. Abel è stato molto tranquillo, anche se un po’ maniaco dei batteri, ma sereno perché lavorava tanto per il documentario, senza molte interferenze”. 

“Per un regista le parole più belle sono ‘fai quel che vuoi’, ovvero la possibilità di approcciare il film, la scrittura, la fotografia, trovandosi dove chi li fa desidera essere, dove la cosa succede in quel momento: sono le riprese che determinano il film, e noi volevamo documentare gli ultimi incredibili mesi: forse, il punto positivo di questo incubo (pandemia, ndr), è una possibilità di bilancio della nostra vita”. 

“Abel sta compiendo un viaggio, da film come Il cattivo tenente stiamo viaggiando verso la luce, ne sono certa”, commenta la produttrice Diana Phillips

Una produzione, quella di Sportin’ Life, possibile anche grazie a Saint Laurent Gary Farkas, che spiega: “Avevo rapporti con la casa di moda francese, che ha lanciato un programma per artisti, e mi hanno chiesto di contattare Abel dandogli carta bianca: lui voleva fare un film molto personale, partendo dalla sua première (per Siberia) a Berlino, avendo come punto di fine il suo dialogo con Dafoe, con cui parlano del concetto di regia. Il documentario è una raccolta personale di tutte le sue cose cinematografiche”. 

Inoltre, il film fa dialogare Roma e New York, città natale del regista: “io vivo qui, in Italia, ma per capire le cose politiche di un Paese bisogna essere di lì (Stati Uniti, ndr), e nessuno capisce Trump come posso capirlo io, è cresciuto nel mio periodo, c’è un’analogia culturale forte; io, in periodo di pandemia, capivo la mentalità americana, gli USA sono come un palco teatrale, e come presidente lui è quasi un personaggio shakespeariano”. 

Abel Ferrara, alla Mostra, oltre che presentare la sua ultima opera, riceve il premio Jaeger-LeCoultre “Glory to the Filmmaker”: “Per noi è oggi un onore dare un premio a Ferrara: da più di 187 anni, con la nostra casa di orologeria siamo animati da passione e creatività, che ritroviamo nel cinema, e speriamo così di riuscire a supportarlo”, dichiarano dall’azienda svizzera.  

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