TORINO – Ha appena finito di girare un film per la televisione di cui è molto soddisfatto Pupi Avati, Il fulgore di Doni, storia di un’adolescente bruttina che si innamora di un ragazzo bellissimo. Un amore che sembra non avere possibilità finché, a causa di un incidente sugli sci, lui si procura un danno invalidante progressivo che lo costringe sulla sedia rotelle, cambiandogli radicalmente la vita. Lei avverte di essergli necessaria, gli rimane vicina e questa cosa la rende immensamente felice.”Un film molto duro che rispecchia quello che avrei voluto saper fare io della mia vita e che egoisticamente non ho mai fatto”.
A Torino per una masterclass di due giorni sulle tecniche di recitazione, organizzata da CS Cinema presso la sede della Film Commission Torino Piemonte, incontrerà alcuni giovani aspiranti attori cui proverà a trasmettere la lezione che proprio un’esperienza sul set di questo suo ultimo film gli ha fatto capire essere definitiva: si è attori, non lo si diventa. “Quando ho iniziato a fare cinema nel ‘68, era il momento di slogan come ‘potere alla fantasia’ che giustificavano un po’ il fatto che tutti facevano cose che non sapevano fare. C’erano tanti attori di poco talento e una di loro l’ho rincontrata ultimamente. L’ho voluta nel mio film, andando un po’ contro tutti. Dalla riconoscenza lei è arrivata sul set preparatissima, ma subito mi sono accorto che non era cambiato niente e ho dovuto tagliare in postproduzione quasi tutte le sue scene. Ha fatto quaranta anni di cinema e non è migliorata di una virgola. Ora lo so per certo: non è una questione di studio, di volontà o di passione. Il talento c’è o non c’è”.
“Nelle lezioni che tengo ai ragazzi – continua il regista – non indico, però, mai chiaramente chi ha talento e chi no. Non voglio spegnere un sogno. Piuttosto faccio in modo che si confrontino tra loro e inizino a porsi il problema delle capacità attraverso la comparazione con gli altri. La competitività può essere sana e produttiva quando fa questo. Un po’ quello che è successo con me per il mio sogno di musicista. Un giorno è entrato nella mia orchestra un ragazzo, un certo Lucio Dalla, che aveva un clarinetto tutto sgangherato ma suonava con un’estrosità e una poesia tale che mi ha inibito e fatto capire che io amavo musica, ma la musica non amava me. Da quel giorno ho chiuso il clarinetto in un cassetto e nella vita di mestiere ho fatto altro”.
Tremila spettatori in più per questa edizione, che si aggiungono ai 75mila della precedente edizione e indicano che il Torino Film Festival è una realtà consolidata per tutti gli amanti del cinema
Il premio al miglior film del concorso va all'opera prima cinese The Donor di Qiwu Zang, miglior attrice a Rebecca Hall per Christine di Antonio Campos, miglior attore a Nicolas Duran per Jesus di Fernando Guzzoni. Miglior film per Italiana.doc è Saro di Enrico Maria Artale, Premio Speciale della giuria a Moo Yadi Filippo Ticozzi
"Si chiude un'edizione del Tff di grande qualità e successo di pubblico, con un aumento di copertura dei media anche internazionali che testimonia come il festival, ancora oggi particolare e coerente con le sue origini, sia amato e seguito da chi si occupa di cinema nel mondo". Lo ha detto il direttore del Museo del Cinema di Torino, Alberto Barbera
Il regista di Z L'orgia del potere e di Missing ha ricevuto a Torino il Premio Maria Adriana Prolo alla carriera salutato da un videomessaggio di Riccardo Scamarcio. In questa intervista parla di cinema e di impegno civile, di Fidel Castro e di Donald Trump, dell'Europa e dei rischi che corre ancora oggi la democrazia. E denuncia: "Netflix quando produce pretende il final cut e fa quello che vuole del film"