A France Odeon la ‘comédie de la radio’

La maison de la radio di Nicolas Philibert apre la giornata conclusiva di France Odeon


FIRENZE – In collaborazione con il Festival dei Popoli, è un documentario ad aprire la giornata conclusiva di France Odeon, con un’originale matinée dedicata al mondo della radio. Il film è La maison de la radio di Nicolas Philibert, in uscita con Officine ubu, che racconta con stile non convenzionale e per certi versi assimilabile a quello usato da Gianfranco Rosi nel Leone d’oro Sacro GRA, l’universo che ruota attorno a Radio France, l’emittente più importante d’Oltralpe situata fisicamente in un moderno palazzo al centro di Parigi.

Per una triste coincidenza, la proiezione si lega a un fatto di cronaca nera: l’uccisione in Mali di due giornalisti di Radio France, la cui notizia è arrivata questa notte.

“Da trent’anni – dice il regista – mi batto per dimostrare che il documentario può essere considerato a pari livello del cinema di fiction. Non si tratta di un documentario in senso classico, con il commento dell’autore imposto in voice over. E’ un film che traduce in immagini il mondo di un media invisibile: un film sulle voci, sui visi, sugli sguardi, sui suoni”. Alla proiezione si è accompagnato un dibattito in cui sono intervenuti esponenti illustri del mondo della radio: il direttore di Radio Rai Bruno Socillo, i giornalisti radiofonici Giorgio Zanchini e Raffaele Palumbo e il direttore del Festival dei Popoli Alberto Lastrucci.

Avrebbe dovuto essere presente anche il presidente di Radio France, Jean-Luc Hees, costretto in Francia da un’interpellanza parlamentare, che ha fatto comunque sentire la sua presenza con un videomessaggio: “In radio, al contrario che in tv, non lavorano le star – ha detto – ma persone appassionate del loro lavoro. Sono quasi cinquemila e non esisterebbe Radio France senza di loro, e questo film dà loro spazio. Pensavo di conoscere ogni aspetto del complesso che dirigo ma ho scoperto grazie a Philibert lavori della radio che nemmeno io conoscevo. Gli ho lasciato massima libertà, poteva andare dove voleva in qualsiasi momento e lui ha fatto una cosa straordinaria per la nostra comunità. Si capisce ciò che facciamo, ovvero: servizio pubblico. Cerchiamo di fare cultura e avvicinarci al sentimento di chi ci ascolta”.

“Non è stato un film su commissione – specifica il regista – l’idea è partita da me. Ne ho parlato con Jean-Luc ma è stato un incontro rapidissimo. Conosceva i miei film precedenti e dopo tre frasi mi ha detto: ‘ok, mettiti al lavoro’. Ma non mi preparo molto per un film. Mi serve solo un punto di partenza. Dell’argomento che tratto, meno ne so, meglio sto. Non mi interessa raccogliere tante informazioni, voglio mantenere il punto di vista dell’ignorante che impara. Mi piace improvvisare. Altrimenti, farei un altro mestiere. Abbiamo girato in sei mesi ed eravamo pochissimi, massimo quattro persone. A volte partivo da solo, la mattina presto, per andare a girare. E’ un film fatto grazie a Radio France, ma non è su Radio France. Il soggetto è un pretesto. E’ un film sulla commedia umana”.

 “In Italia si parla poco di radio – interviene Socillo – e spesso per motivi futili, per questo la pellicola mi pare particolarmente importante. Certo osservare i mezzi a disposizione di Radio France mi rende un po’ invidioso, noi siamo ancora accampati in un palazzo del 1924 in stile liberty. Molto bello ma che soffre della sua età, quasi 90 anni. Con il film mi sono sentito a casa, rivivendo situazioni che hanno fatto ben parte della mia carriera. Emerge la dimensione artigianale del media che forse più di tutti è tecnologizzato. Oggi la radio non esiste come oggetto: la si ascolta in tv, sul cellulare, al pc. Internet e i podcast hanno rivoluzionato tutto. Eppure ancora la radio si fa come un tempo, al contrario della televisione che usa immagini virtuali. C’è ancora la manualità e la follia dell’uomo dietro. E’ il mezzo che è riuscito più facilmente ad adattarsi ai tempi grazie alla malleabilità del suo contenuto”.

 La giornata prosegue con la proiezione di Fanny, secondo capitolo della trilogia di Daniel Auteuil dedicata all’opera di Marcel Pagnol, che fa da seguito a Marius, presentato l’altro ieri. Applausi a scena aperta per la brava e simpatica interprete Victoire Bélézy, venuta ad accompagnare l’opera.

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03 Novembre 2013

France Odeon 2013

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