Doppio fuori programma per propiziare (dal 6 ottobre) l’uscita di un film dell’Istituto Luce: A est di Bucarest di Corneliu Porumboiu. La commedia grottesca che a Cannes si è aggiudicata il massimo riconoscimento per le opere prime, la prestigiosa Caméra d’or, ha in Italia due padrini d’eccezione come Marco Bellocchio e Carlo Verdone. Il primo ha portato al cineasta rumeno, 31enne il Gobbo d’oro, un premio che viene assegnato dai giovani allievi del suo corso di regia a Bobbio. “I ragazzi hanno deciso di premiare questo piccolo capolavoro con un premio che prende il suo nome dal ponte di Bobbio ma vuole anche essere un omaggio a Rigoletto, personaggio verdiano che io amo in modo particolare”, ha detto il regista, che in questi giorni sta ultimando il montaggio di un piccolo film, Sorelle, uscito anch’esso dal suo corso di cinema e in programma alla Festa di Roma.
Carlo Verdone, invece, ha portato a Porumboiu due premi dal festival appena concluso che dirige a Siena. “Il nostro concorso, riservato alle commedie europee indipendenti, cerca di segnalare nuovi autori e nuove tendenze e stavolta il pubblico ha votato all’unanimità A est di Bucarest per la regia ma anche per i tre protagonisti, tutti straordinari. Spero che adesso il film, che a Roma esce nella sala di Nanni Moretti, trovi il pubblico che merita”. Luciano Sovena, AD del Luce, ha illustrato invece le difficoltà di sostenere opere come queste, che hanno soprattutto bisogno dell’attenzione della critica per farsi strada. “Abbiamo stampato venti copie, purtroppo soffriamo per mancanza di risorse destinate alla promozione”.
Autoprodotto e girato di slancio, dopo una meditata fase di scrittura, A est di Bucarest è ambientato in una squallida e opprimente cittadina della Romania profonda (Vaslui, la città natale di Porumboiu) dove un anchor man locale mette in piedi un programma per rievocare la caduta di Ceausescu a 16 anni di distanza dal 22 dicembre 1989. Il telegiornalista, ex ingegnere, è ossessionato da una domanda: anche qui da noi c’è stata la rivoluzione? Per stabilirlo ha invitato un professore di storia che preferisce la vodka ai libri e un vedovo malinconico che si veste da Babbo Natale per fare contenti i vicini. Sono loro, e i telespettatori che chiamano da casa, gli improbabili testimoni di quei fatti non tanto gloriosi se visti da una periferia così estrema. “Per me non esiste una verità storica, ciascun individuo ha la propria verità basata sui propri ricordi. Del resto tutti badano alle apparenze: così è piuttosto difficile credere che sia un eroe uno che tutti conoscono come un ubriacone coperto di debiti”, dice il regista, che nell’89 aveva 13 anni e quando cadde il comunismo, alle 12,08 stava giocando a ping pong con un amico. “Tornato a casa, ho trovato tutta la famiglia davanti alla tv. La televisione, specie nei piccoli centri, è stata una specie di catalizzatore. Così quando Ceausescu è fuggito da Bucarest, l’intero paese si è riversato in strada”. Porumboiu, che cita Jarmusch e Kurosawa oltre al connazionale Mircea Danieluc, condivide l’umorismo amaro e la capacità di guardare alla società post-comunista fuori dalle ideologie di un altro autore rivelato da Cannes, Cristi Puiu, vincitore di Un Certain Regard con La morte del Signor Lazarescu. Sta nascendo un nuovo cinema rumeno? “Siamo solo registi disperati”, rispondono i due.
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