VENEZIA – Due minuti per raccogliere le proprie cose (soldi, documenti, gioielli, foto di famiglia) e sgombrare: quella che fino a ieri era la tua casa diventa di proprietà della banca per un paio di rate di mutuo non pagate. E’ l’incubo molto reale raccontato in 99 Homes, diretto da Ramin Barhani, regista americano di origini iraniane che al Lido ha già portato tutti i suoi film, dall’esordio Mash Push Cart del 2005 a At Any Price del 2012. Ora è in concorso con questo adrenalinico thriller sui subprime che descrive il sistema creditizio americano come il regno di gangster in giacca e cravatta che agiscono con la complicità dei magistrati e della polizia senza fermarsi davanti a nulla, donne incinte o vecchi senza più parenti. “E’ un argomento che conoscete bene anche in Italia, un argomento globale – dice il cineasta, che è stato anche oggetto di una retrospettiva al MoMA di New York – questo tipo di corruzione è diffuso nel mondo, chi fa i crimini va sottobraccio al governo. Siamo stati tanto tempo in Florida, vicino ad avvocati che si occupano di frodi, nei motel della classe media, con persone che vivono in case incredibili e gente sul lastrico che abita nelle stamberghe. Ero confuso dal livello di corruzione, mi scoppiava la testa, per fortuna ho avuto due attori grandissimi come Andrew Garfield e Michael Shannon che hanno fatto ricerche pure loro per entrare nei rispettivi personaggi”.
Garfield, smessi i panni di Spiderman, è un giovane padre single che vive con la madre (Laura Dern) e il figlioletto nella villetta a schiera di famiglia, fino al giorno in cui alla sua porta non bussa Rick Carver (Shannon), spietato immobiliarista che si è arricchito sfrattando i debitori per conto delle banche. Ma ben presto il ragazzo, che si è ritrovato con tutti i mobili sul marciapiede ed è costretto a vivere in un motel affollato di altri derelitti come lui, gente che ha perso il lavoro o che ha fatto il passo più lungo della gamba contraendo un debito impossibile da rifondere, si mette al servizio del diavolo in persona, che ha fiutato in lui un tipo tosto e vincente. “E’ quasi impossibile – dice ancora il regista – sopravvivere al mondo senza farsi corrompere, quasi tutti siamo corrotti, anche io, ma almeno quando si è giovani la corruzione ancora non esiste”. Racconta Garfield: “Mi ha stupito quanto sia vulnerabile la gente e insieme quanto sia disposta a condividere le proprie storie, perché è ingiusto, irrazionale quanto le è successo. È impossibile fare un film così senza onorare le persone che hanno sperimentato queste vicende sulla propria pelle”. Per Barhani anche il personaggio di Rick “fa parte del sistema, ma non è una persona cattiva, viene dalla classe operaia e anche lui deve sopravvivere. Dal ’79 i regolamenti sono cambiati, la deregulation attraverso la lobby dei costruttori ha portato benefici solo ai ricchi, sia per colpa dei democratici che dei repubblicani, e ha condotto alla crisi finanziaria ed edilizia che dalla Florida si è estesa in tutto il mondo. Nessuno è finito in prigione per questo, il sistema è fatto per chi vince e la gente s’è stancata. Questo è il pugno allo stomaco del film, il 99% delle persone in sala la pensano così: è ora di cambiare”.
Per il regista questo “è un film sul diavolo, con il ritmo di un gangster movie e uno scopo sociale, tra Training Day, Faust e Wall Street”. Difficile trovare finanziamenti per la sceneggiatura scritta con Amir Naderi che Barhani definisce ”mio fratello e un leggendario regista: è quasi una statua qui a Venezia, un leone. Non ho imparato della vita e del cinema come da quest’uomo”. Dopo aver ricordato di ”non aver visto mai tante armi come in Florida, sembrava il Far West”, Barhani spiega perché 99 Homes è dedicato allo scomparso critico americano Roger Ebert: ”Ho condiviso tanto con lui, eravamo amici”. E conclude: ”Spero che il mondo non svanirà in un unico osceno selfie finale: sta a voi mettere fine a questo processo”.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre