‘7 chili in 7 giorni’, Verdone: “Un successo che va avanti dal 1986”

Il restauro del film, a 35 anni dall’uscita, in anteprima al Festival del Cinema Europeo di Lecce, dall’11 novembre su Infinity+


LECCE – Un grande classico. Senza generazione di riferimento, perché capace di parlare a tutte. Il film è uno di quelli cui resta perenne l’affezione del pubblico, una commedia capace di suscitare il sorriso e la risata per la sua essenza pura e consapevole verso il “genere”, questione non secondaria, che infatti vanta la firma di soggetto e sceneggiatura da parte di due maestri, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, che hanno scritto insieme a Luca Verdone, anche regista del film: 7 chili in 7 giorni (1986) compie 35 anni, e il dono per questo compleanno è un restauro, presentato in anteprima al Festival del Cinema Europeo di Lecce, nella stessa giornata – 11 novembre – in cui esce anche su Infinity+, “che ha prolungato la vita di questo successo che va avanti dal 1986, e mi lascia stupito ancora oggi; all’epoca, Carlo e io non avremmo mai potuto prevedere una vita così lunga di questo film, sempre salutato con affetto, anche nella distribuzione televisiva”, dice subito Luca Verdone, ringraziando il Channel della piattaforma Mediaset Infinity, che ha curato il restauro.

Senza dimenticare, appunto, chi ha scritto il film e le sue battute, indimenticabili: “curate personalmente da me con Benvenuti e De Bernardi: per esempio ‘noi, siamo costretti la sera, prima di andare a letto, di fare l’amore su una sedia’ – detta da Fiammetta Baralla e dal marito, la coppia del film -, è di Benvenuti; o certe battute di Carlo o di Renato Pozzetto se le inventavano al momento, cosa che non frenavo, perché con Carlo – con le dovute diversità -, era come avere lì un Totò, cioè gli attori comici li devi lasciar vivere della fantasia del momento: c’era una buona dose d’improvvisazione, mista a un’impostazione un po’ farsesca data da noi sceneggiatori sin dall’inizio”. 

Alfio Tamburini (Carlo Verdone) e il suo ex compagno di studi Silvano Baracchi (Renato Pozzetto), dopo la laurea in Medicina – con il minimo dei voti! – si sono ridotti a fare il massaggiatore-callista e il venditore di articoli igienico-sanitari: nove anni dopo l’alloro in capo, i due decidono di dare una svolta alla loro carriera, aprendo una clinica per dimagrire. Siccome “la pubblicità è l’anima del commercio”, l’effetto della stessa sui pazienti non tarda ad attecchire ma, tra allenamenti estenuanti, ginnastica, piatti praticamente vuoti, s’inizia a dubitare dell’efficacia della cura, così “i ciccioni” si ribellano. La situazione sembra ormai irrecuperabile, ma ai due Dottori s’illumina il colpo di genio. 

“Oggi, un film che parlasse in quel tono e in quel modo delle cure dimagranti, sarebbe molto difficile farlo: nel mainstream generale si tende a drammatizzare i problemi, mentre noi – soprattutto grazie a Carlo e a Pozzetto – abbiamo dato un’impostazione ironica, piacevole, leggera, che oggi i registi non darebbero, c’era quasi una leggerezza fantastica sulla linea di certi film anche inglesi, a cui io ho guardato molto, come Pranzo reale di Malcolm Mowbray, con un’ironia che oggi non sarebbe messa in atto; poi mancano, tra i giovani attori, interpreti come Carlo e Pozzetto, che facciano commedia con intelligenza e quell’ironia che trasmette l’ispirazione di star facendo qualcosa di originale”. Tema, questo, su cui Carlo aggiunge come oggi, con la costante attenzione al politicamente corretto, “è diventato un percorso ad ostacoli, perché non si riesce a contestualizzare il momento, il tempo. Ma allora tutti i film di Sordi degli Anni ’60 andrebbero presi e messi al rogo, così come Io la conoscevo bene o Signore & Signori guai!, ma anche i miei, da Gallo cedrone a Viaggi di nozze. Per carità, ci sono questioni giustissime, però non esageriamo: un minimo di scorrettezza ci vuole, certo poi ti devi risollevare nell’arco del film, devi essere un regista intelligente”. 

L’idea del film è nata come “una farsa sulle cure dimagranti. Una sera, d’estate, mi sono messo a scrivere 3-4 pagine del soggetto, che ho poi portato a Cecchi Gori, che, interessato dall’idea di fare una satira di queste cliniche, mi disse subito: ‘se c’è il tu’ fratello il film si fa’. Allora sono andato da Carlo, che generoso mi ha dato la sua disponibilità. Dirigere mio fratello è stato molto semplice, ci conosciamo in maniera così profonda che s’intuisce subito il pensiero l’uno dell’altro. L’avevo già diretto, quando avevo fondato una compagnia teatrale, durante il liceo, e lui era il primo attore: Carlo faceva la parte di Panurgo di Gargantua e Pantagruele di François Rabelais, un’interpretazione straordinaria, da cui si capì la sua attitudine al trasformismo, sostituì con abilità e coraggio quattro attori che s’erano ammalati. Poi, il giudizio del grande Mario Verdone (il padre di Luca e Carlo, ndr) sul film è stato positivo: ‘Hai fatto quello che dovevi fare, è belloccio, è belloccio’ disse alla toscana”. 

Il titolo, ormai un modo di dire popolare, “7 chili in 7 giorni” appunto, fu un’intuizione di Carlo: “Era un periodo di guru delle diete, che facevano promesse di pochi chili in pochi giorni, da lì l’idea di un titolo anche un po’ musicale, con il numero 7 che porta sempre fortuna al cinema – I magnifici sette; Sette spose per sette fratelli; Biancaneve e i sette nani -, poi l’idea di ‘7 chili in 7 giorni’ era proprio un ‘omicidio’, era chiaro che facesse per forza ridere”. 

Con Luca e Carlo Verdone, a Lecce anche una delle protagoniste, Silvia Annicchiarico, per cui è anzitutto un’occasione per dire: “grazie a Luca, grazie alle Olimpiadi dello Sport e dello Spettacolo, per cui s’andava in giro ed eravamo in pullman, dove io continuavo a parlare, a parlare, a parlare, logorroica come lo sono tutt’ora, e Luca disse: ‘tu sarai la moglie di mio fratello!’, così, sul bus, senza provino, senza niente, così come sono, tale e quale. Poi, ho avuto con Carlo la mia prima scena d’amore” – ricorda, divertita – “Mi veniva da ridere, perché m’è zompato addosso, infatti ad un certo punto rido nel film”. Poi “anche Pozzetto è stato splendido; tutti i giovani si ricordano ancora gli epiteti che mi hanno detto come moglie di Alfio: strega, caterpillar…’povero Alfio ha sposato un caterpillar’, poi ancora scimmia, bambi e… insomma molto divertente, e con due calibri (Luca e Carlo) del genere! Ancora, scusate se è poco, musiche di Pino Donaggio: non male! E siamo ancora qui, vivi, noi… mentre altri interpreti stanno dimagrendo in cielo”. 

Non solo un film culto per il pubblico italiano, infatti 7 chili in 7 giorni, ricorda Luca Verdone, “andò molto bene nei Paesi di lingua latina, come Argentina e Spagna, dove addirittura hanno fatto un remake”.

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11 Novembre 2021

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