‘Basileia’, il mistero dell’Aspromonte nella fiaba nera di Isabella Torre

Nel film di chiusura delle Giornate degli Autori - prodotto da Jonas Carpignano - Angela Fontana interpreta una Ninfa che viene liberata da un archeologo alla ricerca di manufatti


VENEZIA – “La natura è in continua evoluzione, è una forza che non puoi controllare. Per quanto gli esseri umani possano provarci, lei alla fine avrà la meglio”. Idee chiare e visione lucida, caratterizzano la coraggiosa opera prima di Isabella Torre, Basileia, film di chiusura delle Giornate degli Autori 2024. La regista, sceneggiatrice e attrice arriva a Venezia 81 con in grembo il secondo figlio del regista Jonas Carpignano (qui in veste di co-produttore), ma ammette che è proprio questo film “la più lunga gravidanza che ho mai avuto”. La prima versione della sceneggiatura, infatti, risale ai dai tempi del suo primo cortometraggio, Ninfe, realizzato nel 2017.

La trama di Basileia è quantomai semplice: un archeologo irlandese (Elliott Crosset Hove) si trova nell’Aspromonte in cerca di antichi artefatti dall’incommensurabile valore. La sua ricerca, però, aprirà le porte del nostro mondo a delle entità misteriose e spietate, che cambieranno la vita di tutte le persone che abitano quei luoghi. “Le Ninfe non sono femmine, sembrano femminili ma non lo sono. – spiega la regista – A dire il vero, chi lo sa se lo sono. Sono come degli alieni. Hanno caratteristiche femminili, perché le ha la natura stessa. Non sono donne. È molto importante per me in questo film enfatizzare il concetto che non c’è bianco o nero, ci sono gradazioni. Le Ninfe non hanno una moralità umana, semplicemente lottano per sopravvivere, si evolvono. Non sono cattive, né buone. Sono un mistero. Ero determinata a far sì che questo mistero rimanesse inalterato”.

A prestare il volto a una di queste creature è Angela Fontana, chiamata a interpretare un ruolo decisamente atipico, quello di una creatura ancestrale tanto affascinante quanto imperscrutabile: “È decisamente la Ninfa perfetta. – commenta Torre – Ci conoscevamo da tanto tempo, ma non avevamo mai lavorato insieme. Ho sempre amato il modo in cui recita: sembra sempre naturale, non esagera mai. Ho la sensazione che lei sappia come astrarsi dal momento, la sua più grande qualità è quella di distaccarsi da se stessa. Non ha dovuto dire una battuta, le Ninfe comunicano a loro modo. Lei è stata molto generosa e capace di creare un modo in cui comunicare e muoversi nello spazio”.

Ma il vero protagonista del film è senza ombra di dubbio l’Aspromonte, i suoi boschi e le sue montagne, dotate di una fascinazione senza tempo. “Ho vissuto a Reggio Calabria per diversi anni e andavamo in Aspromonte spesso, è un posto che mi ha sempre colpito. Non è un luogo arido come dice il suo nome, selvaggio, duro, come suggerisce il panorama. È un luogo magico e misterioso, in qualche modo mi ha dato l’ispirazione per realizzare questo film. Non è mai stato raccontato nel modo in cui io lo vedo, soprattutto a causa del suo passato di criminalità. Non credo sia giusto raccontare solo quel lato della storia. Mi hanno ispirato le immagini che ho visto guidando nei boschi. Ho studiato Belle Arti e le immagini sono molto importanti per me. Mi trovo meglio con le immagini che con le parole. Mi sentivo sempre come in un sogno ad occhi aperti e ho iniziato ad unire i puntini, guidata dalle tradizioni locali, dalle mie relazioni con gli abitanti, buona parte dei quali ho inserito anche nel film”.

Basileia è una fiaba nera con sfumature horror, che non sfocia mai un una violenza esplicita. Torre, piuttosto, preferisce creare un’atmosfera che avvolga lo spettatore, mettendolo di fronte al mistero di una Natura onnipotente. “Guardo film horror fin da quando sono bambina.  – racconta la regista – Ricordo che mia madre faceva arrabbiare mio padre perché mi permetteva di guardarli. So solo che ero molto attratta da quei film, c’era sempre stata nel mio subconscio un’attrazione verso l’oscurità, le cose che non ti mettono a tuo agio. La prima volta che ho visto Shining avevo 7 anni. Non ho avuto incubi. Per me quando ho l’occasione di trasformare in immagini ciò che si muove dentro di me, è come fare psicoanalisi. Faccio sempre tanti sogni in cui lotto contro gli zombie o gli alieni, per me sono delle avventure, come è stata un’avventura fare questo film”.

Un’avventura coraggiosa, non solo per il genere e il tono di un film che non vuole mai offrire soluzioni orrorifiche semplici, ma anche per le difficoltà che rappresenta il territorio in cui è stato girato, soprattutto per una produzione indipendente. “Era quasi impossibile girare tra i boschi, c’erano così tante cose che potevano andare storte ogni giorno. A un certo punto non sapevamo come gestire la nebbia, che a volte era troppa, a volte troppo poca. Inseguivamo il clima giusto. Alcune location erano quasi inaccessibili, c’erano animali selvatici. Ogni giorno, a fine riprese ci guardavamo tra tutti i membri della troupe e dicevamo: ok, siamo sopravvissuti anche oggi”.

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06 Settembre 2024

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