“Yelling to the Sky”, quando il cinema indie diventa “Precious”


BERLINO Dopo il clamoroso exploit che l’ha catapultata sul palco dell’Academy grazie al ruolo di Precious, Gabourey Sidibe torna sullo schermo. Stavolta per calcare la passerella della Berlinale, dove ha un piccolo – ma significativo – ruolo in Yelling to the Sky di Victoria Mahoney. Una pellicola americana indipendente (in concorso) che affonda – un po’ come Precious, appunto – in un contesto degradato fatto di violenza, alcoolismo, abusi e sopraffazioni, a cui la diciassettenne protagonista Sweetness (Zoe Kravitz, figlia di Lenny Kravitz e Lisa Bonet), figlia di una coppia mista, cerca di reagire come può. La musica rap, le immagini sgranate e movimentate da camera a mano, lo slang dei sobborghi sono il mare in cui la ragazzina cerca di non affondare, con un padre violento, una madre depressa e compagni di scuola che approfittano della sua debolezza. Finché non deciderà di reagire, trasformarsi, e diventare lei stessa una “bulla”.

 

“Non so se mi sono focalizzata sul dolore – dice la regista – Per me Yelling to the Sky è soprattutto l’espressione onesta di ciò che può succedere a certe persone in un determinato momento. C’è anche luce e amore, ma la mia Sweetness si trova al bivio dell’adolescenza e deve scegliere come crescere, che strada prendere. La scoperta dell’età adulta è sempre un processo doloroso”. In parte autobiografico, il film riprende dunque alcune esperienze della regista – anche lei è figlia di una coppia mista ma, avverte, “la violenza e l’abuso non sono legate a persone di sangue misto” – ma vuole essere universale. Sweetness è stata scelta tra duecento aspiranti per un ruolo che definisce “un unicorno a Hollywood, visto che è scritto proprio per una ragazza meticcia di 17 anni”, mentre alla sua più nota collega Gabourey Sidibe viene chiesto, naturalmente, di individuare le somiglianze con la parte che l’ha resa celebre: “Questa non è una storia carina ben girata come al solito di Holywood, è sincera e non vuole essere gradevole. E’ un pezzo di vita, nel momento in cui una ragazzina deve diventare qualcuno e trovare se stessa. Vi si trovano cose reali e autentiche: è la forza di un film indipendente come questo”.

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12 Febbraio 2011

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