BERLINO – “Abbiamo sognato per anni con Pina di fare questo film insieme, poi è successo l’inimmaginabile e all’inizio volevo rinunciare… Ma lei era sempre presente, ancora più presente. Era come se guardasse da dietro la mia spalla e io le chiedevo come bisognava fare. Così il film è diventato un lavoro di elaborazione del lutto, non un film con Pina ma un film per Pina”. Wim Wenders è alla Berlinale, fuori concorso, con un documentario che ha sicuramente qualcosa di straordinario. Non solo perché è realizzato in 3D – questa prima domenica del festival è decisamente tridimensionale – ma perché riesce a dare davvero un senso a questa tecnica andando oltre le mode passeggere e portando lo spettatore all’interno delle performance dei danzatori del Tanztheater Wuppertal. Ecco allora che alcune storiche pièce come Le Sacre du Printemps, Cafè Muller, Kontakthof e Vollmond si alternano a brevi coreografie danzate nella città dove la Bausch, scomparsa il 30 giugno del 2009, ha lavorato per quarant’anni. Racconta Wenders, accolto dalla stampa internazionale con molti applausi, “il film che avevamo preparato aveva Pina come personaggio centrale. Lei doveva stare accanto a me durante le riprese che avremmo effettuato nel corso di due tournée, in America del Sud e in Asia. Non voleva spiegare il suo lavoro, non l’aveva mai fatto e le avevo promesso che l’avremmo solo osservata. Il 3D ci era sembrato fatto su misura per la danza. Pina era una persona di poche parole e anche dopo la sua morte abbiamo lasciato i ballerini esprimersi col movimento, a volte con brevi testimonianze e ricordi”. Molti di loro insistono sulla capacità di Pina di guardare nel profondo. “Nulla le si poteva nascondere, sapeva vedere attraverso le persone con enorme amore e poi trasferire nelle sue opere la sua emotività”, dice ancora Wenders, che in 3D aveva già realizzato Il volo, un cortometraggio prodotto dalla Regione Calabria, come una sorta di prova generale per accostarsi a una tecnologia senz’altro non facile, qui affidata al pioniere della stereografia Alain Derobe che ha piazzato la sua macchina da presa speciale fra i danzatori portando lo spettatore al’interno del movimento e dell’azione. Il resto però lo fanno le creazioni di Pina Bausch con la loro incredibile capacità di scandagliare la natura umana, il confronto tra i sessi, l’azione del tempo sul nostro corpo, le emozioni primarie e gli elementi come l’acqua e la terra, con uno stile allo stesso tempo minimalista e profondamente poetico.
Decisamente più convenzionale, benché sempre molto affascinante, il documentario portato da Werner Herzog al Festival come evento speciale. In Cave of forgotten dreams un altro vecchio maestro del Nuovo Cinema Tedesco si cimenta con il 3D sfruttando la possibilità, più unica che rara, di girare all’interno delle Grotte di Chauvet, nel Sud della Francia, dove si trovano le più antiche creazioni pittoriche del genere umano, risalenti a 30.000 anni fa e scoperte solo nel ’94. Alla base del film, prodotto da History Film col sostegno del ministero francese della Cultura, c’è comunque una sua ossessione molto personale. “I graffiti del paleolitico – racconta Herzog – fanno parte della mia formazione intellettuale. Avevo appena 12 anni quando vidi in una libreria un volume sul cavallo di Lascaux. Fui colto da un’incredibile eccitazione e cominciai a lavorare come raccattapalle in un campo da tennis, a chiedere un prestito ai miei fratelli, a economizzare ogni centesimo, per poterlo comprare. Ogni mese controllavo che il libro fosse ancora lì, nella vetrina del libraio, finché, sei mesi dopo, avevo abbastanza soldi”.
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E' ancora Cattivissimo 3 a guidare il box office per il terzo weekend, con 2.471.040 euro. Al 2° posto, con 1 mln 919mila euro, sfiorando i 6 mln totali, il kolossal di Christopher Nolan Dunkirk