Viaggio nel metacinema, 8 film imperdibili sul “fare un film”

In occasione dell'uscita di Making of di Cédric Kahn, andiamo alla scoperta di 8 capolavori meta-cinematografici


Pronti a diventare “meta”? No non nel senso di farsi sempre più ingoiare da un mondo social tutto like e chat. Nel senso di meta-cinema, ovvero film che parlano del fare film. In questi giorni è uscito nelle sale Making of di Cédric Kahn (distribuito da I Wonder) che racconta la storia di un regista alle prese con il set di un film ambizioso che si rivela, però, nido di tensioni e dilemmi personali. Durante le riprese, gli attori mettono in discussione il progetto, mentre la troupe si scontra con problemi logistici e creativi.

I “film sui film” sono da sempre un tratto essenziale dell’industria dell’intrattenimento, fin dall’invenzione del cinema stesso. Come dice il vecchio adagio/consiglio di creatività: ”scrivi di ciò che conosci”. E per un vasto sottoinsieme di autori indie e di veterani di Hollywood, ciò che sanno meglio di chiunque altro è cosa significhi stare su un set cinematografico.

Attraverso la lente prismatica della loro consapevolezza le opere che raccontano il cinema ci offrono un’occasione privilegiata per inoltrarci nel “dietro le quinte” e svelare la magia e le follie della settima arte. Sono storie che riflettono su sé stesse, su cosa voglia dire creare, sulle sfide, sulle idiosincrasie, sulle paranoie e sulle gioie del tessere un sogno per immagini e suoni che, si spera, decine di migliaia, a volte milioni di persone, condivideranno in una sala cinematografica o su qualsiasi schermo.

Che si tratti di crisi creative, omaggi o satira, questi film ci mostrano che dietro la macchina da presa c’è un intero microcosmo nel quale orbitano tante persone con i loro demoni, più o meno privati e dinamiche spesso inimmaginabili. Quando la macchina da presa punta l’obiettivo verso l’interno, in direzione contraria rispetto alla consueta,  per mostrare il processo creativo nel suo farsi e le tortuosità che ne derivano: nascono opere meta-cinematografiche capaci di mettere a nudo ciò che di solito è ben abbigliato di incanto e magia.

I nostri 8 meta-film

8½ (1963) – Federico Fellini

Non si può parlare di cinema che racconta il cinema senza citare 8½, il capolavoro di Federico Fellini. Il film racconta la crisi creativa di Guido Anselmi (interpretato da Marcello Mastroianni), un regista che, travolto dai suoi dubbi e dalle sue ossessioni personali, non riesce a completare il suo ultimo progetto cinematografico. è un viaggio onirico e surreale nella mente di un artista in crisi, in cui realtà, sogni e ricordi si mescolano in una narrazione fluida e visionaria. Fellini, con il suo stile inconfondibile, ci offre una riflessione profonda sulla creazione artistica, il ruolo del regista e le sfide del fare cinema.

Singin’ in the Rain (1952) – Gene Kelly e Stanley Donen

Considerato uno dei migliori musical di tutti i tempi, Singin’ in the Rain è una celebrazione del cinema stesso, ambientata nel periodo di transizione dal muto al sonoro. Il film racconta le difficoltà affrontate da una casa di produzione e dai suoi attori quando il “cinema parlante” diventa la nuova frontiera cinematografica. Attraverso personaggi memorabili e numeri musicali che si sono incisi nella nostra memoria collettiva, il film esplora con leggerezza e umorismo le sfide tecniche e artistiche che accompagnano l’evoluzione del mezzo cinematografico.

Effetto Notte (1973) – François Truffaut

François Truffaut, maestro dei più osannati della corrente francese definita Nouvelle Vague, racconta la realizzazione di un film all’interno di un film, offrendo uno sguardo affettuoso e ironico sul dietro le quinte, senza risparmiare strali alla follia collettiva che sembra impadronirsi di un set. Truffaut stesso interpreta il ruolo del regista, un alter ego che riflette i suoi dubbi e le sue esperienze personali nel dirigere una troupe caotica, dove attori capricciosi, tecnici stanchi e problemi imprevedibili si intrecciano.

Barton Fink (1991) – Joel ed Ethan Coen

I fratelli Coen guardano al mondo del cinema attraverso il buco della serratura nella stanza di Barton Fink (John Turturro), uno sceneggiatore newyorkese un po’ snob che viene invitato a Hollywood per scrivere un film di serie B su un wrestler. Il film si trasforma presto in una surreale discesa negli inferi della creatività, con Fink bloccato dalla sindrome della pagina bianca, mentre intorno a lui si sviluppano eventi misteriosi e inquietanti. Barton Fink è un film che riflette sull’isolamento artistico, sull’alienazione del processo creativo e sulla natura stessa del cinema come mezzo di narrazione e intrattenimento.

Viale del tramonto (1950) – Billy Wilder

Uno dei grandi classici del cinema americano, Sunset Boulevard è una riflessione tragica e cupa sulla decadenza di Hollywood e sulle illusioni del successo. Il film racconta la storia di Norma Desmond (Gloria Swanson), un’ex diva del cinema muto, ormai dimenticata e isolata, che sogna di tornare alla ribalta grazie a un nuovo progetto cinematografico. Wilder ci offre una visione impietosa del mondo del cinema, fatto di fama effimera, delusioni e tragedie personali.

C’era una volta a Hollywood (2019) – Quentin Tarantino

Once Upon a Time in Hollywood è una lettera d’amore al cinema e alla sua capacità di reinventare la realtà, di trasformare sogni e incubi in spettacolo. Tarantino nel suo libro Cinema Speculation omaggia i film che hanno fondato il suo amore per la settima arte, qui divarica lo sguardo per abbracciare la Hollywood degli anni ’60 attraverso la storia di Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), un attore in declino, e del suo stuntman Cliff Booth (Brad Pitt).

Get Shorty (1995) – Barry Sonnenfeld

Brillante commedia innervata di black humor basata sull’omonimo romanzo di Elmore Leonard. Il film segue Chili Palmer (John Travolta), un malavitoso che si ritrova nel mondo del cinema di Hollywood, cercando di diventare produttore. Con una bilanciata armonia di risate, azione e riflessione sull’industria cinematografica, Get Shorty offre un punto di vista satirico che mette in metafora il business del cinema avvicinandola a una “grande truffa”, con personaggi manipolatori e manovre losche.

The Artist (2011) – Michel Hazanavicius

The Artist dichiara spudoratamente amore al cinema muto. Il film racconta la storia di George Valentin (Jean Dujardin), una star del cinema senza colori e senza voce, il cui successo svanisce con l’avvento del sonoro, mentre la giovane attrice Peppy Miller (Bérénice Bejo) vede la sua carriera decollare. The Artist, senza quasi dialoghi, ha la miracolosa capacità di essere eloquente e  non solo riflette sulla trasformazione del cinema, ma ci ricorda la sua capacità di emozionare anche facendo a meno delle parole.

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29 Settembre 2024

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