Valia Santella


Te lo leggo negli occhiUn poker di donne, un produttore d’eccezione e una bambina. Nasce da una combinazione a cinque Te lo leggo negli occhi, film d’esordio di Valia Santella, regista napoletana classe 1965 selezionata per Orizzonti di Venezia 61. Scritto con Heidrun Schleef, interpretato da Stefania Sandrelli, Teresa Saponangengelo e la piccola Camilla Di Nicola, è stato realizzato sotto l’occhio affettuoso ed esigente di Nanni Moretti. Racconta una relazione disturbata tra madre e figlia che si rispecchia nei versi di un brano anni Sessanta cantato prima da Sergio Endrigo poi da Franco Battiato: “E nei tuoi occhi che piangono mille ricordi non muoiono perdonami se puoi e resta insieme a me. Tra di noi forse nascerà un amore vero, te lo leggo negli occhi tu lo leggi nei miei”.

Il film uscirà il 3 settembre. La distribuzione internazionale è Wild Bunch.

Ognuno di noi ha dei maestri e delle scuole. I tuoi sono Nanni Moretti e la Sacher?
E’ difficile definire Nanni un maestro perché è stato molto partecipe, mi ha dato grande sostegno e quel pizzico di lucidità che a volte può mancare ad un regista immerso nel set. Di certo mi ha insegnato cose importanti, più nella conduzione del lavoro che nello stile. Da lui ho imparato a non fermarmi alla prima scelta, a cercare sempre qualcosa di inaspettato. Alla fine gli ho chiesto di regalarmi un comparsata di lusso e ha detto sì.
La Sacher è più di una scuola, è una famiglia in cui ho trovato un modo di lavorare che mi è congeniale: c’è attenzione e affetto per chi ti sta accanto. E’ anche una produzione generosissima che mi ha concesso 10 settimane di riprese senza ansie per i tempi e il consumo della pellicola.

Perché hai scelto di toccare i nodi del rapporto madre/figlia?
Perché è un legame profondo e viscerale, più difficile da esprimere e molto meno codificato rispetto al sentimento tra una madre e figlio maschio. Può servire tutta una vita a riannodare i fili di un amore inespresso. Sul tema c’è una vasta letteratura psicoanalitica ma questo approccio non mi interessava. Piuttosto, ho lavorato sull’osservazione degli esseri umani, sul vissuto di alcune personalità che ho conosciuto.

Stefania Sandrelli ha interpretato molte volte una madre: dall'”Ultimo bacio” a “Hijos”. Qui che tipo di figura materna incarna?
Ho scelto Stefania perché era un’attrice affine al personaggio più che la perfetta incarnazione dell’icona materna. Nel film è Margherita, una donna non più giovane, vulcanica e fragile, passionale e malinconica, leggera e nostalgica. Per Teresa Saponangelo il discorso è diverso: altri filmaker hanno esaltato la sua vitalità, io le ho chiesto di interpretare il ruolo di Chiara, una 30enne implosa ma senza renderla fredda e arida. Tra loro non c’è comunicazione finché una bambina, la figlia di Chiara, non farà da tramite. 

Chiara e Margherita si muovono tra Roma e Napoli.

Te lo leggo negli occhi
Le location corrispondono ad una geografia emotiva. La prima parte del film si svolge in interni a Roma, dove Chiara, che è nata a Napoli, si è trasferita abbandonando le proprie radici. Nella seconda vediamo gli esterni della città partenopea dove Margherita ha scelto di vivere, una città caotica e aggressiva con una carica emozionale che rimette in moto il meccanismo narrativo.

Margherita è una cantante, perché le hai attribuito questo mestiere?
L’ascolto del brano Te lo leggo negli occhi mi ha immediatamente suggerito l’immagine di Margherita che canta. E’ una canzone d’amore classica ma le sue parole possono trasmettere anche le emozioni tra madre e figlia.

Le riprese sono cominciate l’8 marzo, giornata delle donne. Una coincidenza?
Non proprio. Rientrava nei tempi di lavorazione e ci divertiva battere il primo ciak quel giorno.

Un film di Venezia 61 che ti incuriosisce?
Le chiavi di casa di Gianni Amelio. Per il suo sguardo sull’infanzia e la messa in scena di una relazione padre/figlio.

autore
26 Agosto 2004

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